Portare 100mila persone in piazza, senza le grandi risorse delle organizzazioni sindacali o dei partiti non è semplice. La piazza del 16 novembre scorso a Napoli, quel fiume in piena che gridava stop al biocidio, è forse la più grande espressione di richiesta di democrazia dal basso nel nostro paese nella storia recente. Eppure il governo Letta è riuscito a non ascoltarla. Il decreto sulla terra dei fuochi, pomposamente presentato dal primo ministro come “un’azione dello Stato senza precedenti” esula la stragrande maggioranza dei punti posti dalla mobilitazione del 16 novembre. Ma andiamo con ordine. Il movimento stop biocidio pone alcuni nodi centrali: la democrazia, le bonifiche, il diritto alla salute, interventi per il settore agricolo, ed il no all’inceneritore di Giugliano.
La democrazia. In Campania la distanza tra cittadini ed istituzioni è ormai abissale. Le responsabilità degli esponenti politici con incarichi istituzionali nella devastazione del territorio è ben nota e si discute periodicamente tra i tribunali e le pagine dei giornali. Il movimento chiedeva democrazia, partecipazione al processo di risanamento del territorio, possibilità per i cittadini di controllare l’operato attraverso una partecipazione diretta ai controlli, tenuto conto che le grandi bonifiche di questo paese si sono rivelate tutte delle truffe gigantesche ed sono materia delle aule giudiziarie. Invece il decreto istituisce una commissione interministeriale fatta dai ministeri e dalla Regione Campania – tenendo quindi fuori i comitati – che avrà il compito in cinque mesi di mappare le aree inquinate. Ma come si farà questa mappatura? Siamo sicuri che saranno inserite le zone inquinate più volte denunciate dai cittadini? Un esempio su tutti: il quartiere di Chiaiano a Napoli è nei primi tre per mortalità tumorale nella città che a sua volta è sopra la media nazionale. Eppure oltre all’attività della ex discarica non ci sono fonti inquinanti. Le denunce sugli sversamenti di interi camion di rifiuti pericolosi nelle decine di cave del Parco delle Colline fatte da cittadini ed enti locali negli anni novanta sono cadute nel vuoto. Basta pensare che quando hanno realizzato la discarica di Chiaiano appena hanno aperto un buco c’hanno trovato dentro 10mila tonnellate di amianto. Ma per le istituzioni a Chiaiano non c’e’ nulla. Nessuna caratterizzazione dei suoli è necessaria. Non c’è sulla mappa. Cosi’ come i recenti terreni sequestrati dalla Forestale tra Caivano e Giugliano. Così come i luoghi che i comitati – vere sentinelle del territorio – denunciano quotidianamente. Secondo il decreto la commissione si avvarrà dell’attività del progetto MIAPI avviato nel 2012. Non una nuova attività dunque, che magari può attingere dalle segnalazioni dei comitati, ma l’assunzione di ciò che già c’era. Ma oltre alla commissione, che dovrà quindi individuare la mappa delle zone da bonificare, il nodo della democrazia è stato mortificato dall’atteggiamento stesso del governo e dei ministri. Mentre la piazza del 16 novembre chiedeva un incontro a Roma per discutere delle soluzioni, il governo ha deciso di andare avanti passando sulla testa della piazza non accorgendosi che “la fiducia nelle istituzioni” è una cantilena che da queste parti hanno imparato a non ascoltare più.
Le bonifiche. La mappa dovrà stabilire anche i terreni coltivabili con produzioni agricole e quelli non coltivabili. Sulle bonifiche il decreto non entra nel merito. Il Ministro ha parlato dello sblocco di 600 milioni di euro già previsti alla Regione Campania attraverso i finanziamenti europei. Una cifra del tutto insufficiente. Basta pensare che la stima del commissario straordinario per la bonifica di Giugliano per sanare le sole discariche Resit 1 e Resit 2 è di circa due miliardi di euro. Un decreto che non parla di come, quando ed in che modo verranno fatte le bonifiche è un decreto che non dà la soluzione al problema. Ma nella definizione dei terreni non coltivabili e destinati “a produzione non alimentare” si annida l’apertura di un nuovo fronte speculativo: quello delle produzioni agricole finalizzate alle biomasse. Sui terreni inquinati si potrà fare coltivazione intensiva di prodotti vegetali che poi – evidentemente – potranno essere bruciati in centrali a biomasse provocando ulteriore immissioni nell’aria di agenti inquinanti. Un settore che proprio nell’ultimo anno ha visto l’arrivo in Campania di diversi finanziamenti europei su cui molti rapaci professionisti si sono immediatamente lanciati.
Diritto
alla salute. Nemmeno una riga. Provi a leggere il
decreto una, due, cento volte ma da nessuna parte trovi un riferimento al
Ministero della Sanità, al potenziamento del servizio sanitario nazionale, alla
possibilità di esami tossicologici per i cittadini campani. Nulla. In una
regione dove la gente si ammala di tumore più che in altre parti d’Italia il
governo fà un decreto legge e non prende nemmeno una sola misura sul diritto
alla salute. Assolutamente agghiacciante. Le foto di quei bambini morti di
tumore portate in piazza, le testimonianze di chi si è ammalato e partecipa
alle mobilitazioni sono assolutamente ignorate da questo decreto. Basterebbe
solo questa constatazione per renderlo carta straccia. Il Ministro della Salute
Lorenzin non ha mostrato alcun segno di attenzione per il dramma della salute
dei cittadini campani.
Agricoltura. Dell’apertura alle
coltivazioni no food, magari funzionali alla speculazione delle biomasse, ne abbiamo
accennato prima. Ma resta questa la sola possibilità per i contadini. Il
movimento chiedeva l’istituzione di un marchio di protezione per i prodotti
agricoli sani in modo da tutelare la produzione etica. Chiedeva il sostegno al
reddito per gli agricoltori con campi inquinati in attesa della bonifica per
evitare in tutti modi la messa sul mercato – anche clandestina – di quei
prodotti e per sottrarre gli agricoltori al ricatto delle ecomafie e delle
lobby delle biomasse. Niente di tutto questo. Al momento gli agricoltori non
hanno alcuna misura di tutela. Per loro il presente ed il futuro passa per due
ricatti: o le biomasse o le ecomafie.
Inceneritore di Giugliano. Anche qui nemmeno una riga. Lo scaricabarile tra il Ministro Orlando ed il governatore della Campania Caldoro è andato avanti per mesi. Lo vuole il governo. No lo vuole la Regione. Anzi no lo chiede l’Europa. La vicenda dell’inceneritore di Giugliano da un punto di vista amministrativo è complessa. Andrebbe modificata la legge 26 del 2010 – che prevede la costruzione di un inceneritore a Giugliano – al tempo stesso la Regione Campania dovrebbe poi toglierlo dal piano rifiuti e dire alla UE come intende risolvere il problema delle ecoballe di Taverna del Re. Ma tutto parte da una necessità: cambiare la legge 26 del 2010 e può faro solo il governo. Bastava un rigo del decreto in cui si modificava quella legge e tutto sarebbe stato più semplice. Invece niente.
La metà del decreto riguarda misure urgenti per il commissariamento dell’Ilva di Taranto. L’ultimo articolo che riguarda la Campania prevede la nomina dei commissari straordinari per il dissesto idrogeologico. Carrozzoni già visti come quello che c’è stato nella città di Napoli per 7 anni ed ha inghiottito milioni di euro in opere spesso incompiute. Ebbene sottolineare che proprio sul dissesto idrogeologico una delle società del ministero dell’ambiente, la Sogesid, ha avuto un ruolo importante nella realizzazione delle opere in Campania. C’è inoltre la definizione del reato di incendio di rifiuti, cosa che, come molti hanno notato, imbarazza semplicemente perché si dava per scontato che già fosse un reato. Si colpiscono gli esecutori ma non si parla dei controlli sulla filiera e quindi sulle aziende che smaltiscono in questo modo i rifiuti. La parte sull’esercito è probabilmente la questione minore. I militari possono essere inviati se richiesti dai Prefetti. In pratica sarebbero i Prefetti a doverne anche disciplinare l’uso. Anche perché, come è ovvio, a cosa servono i militari? Non possono essere usati in servizi di ordine pubblico – a meno che non si è in uno stato d’assedio – quindi potrebbero essere usati solo per liberare altre forze dell’ordine da altre mansioni per poterle mandare sui territori ad eseguire controlli. Ma visto che in Campania nel settore ambientale delle forze dell’ordine semplicemente c’è una carenza di competenze e risorse umane sufficientemente formate gigantesca, non ci sarebbe nessuno da liberare da altri compiti e mandare sul campo. L’immagine del militare con il fucile che controlla il cumulo di rifiuti per impedire che diventi un rogo è una comica gettata di fumo negli occhi per gli amanti del securitarismo.
Un decreto inutile e che mortifica il movimento.
Leggo commenti di giubilo per questa misura come quello di padre Maurizio
Patriciello. Spero che il parroco di Caivano, la cui sensibilità non è in
discussione, trovi le parole adatte per parlare con i suoi fedeli ammalati di
tumore, con gli agricoltori delle campagne di Caivano messi in ginocchio da
questa situazione, con quelli che si battono contro l’inceneritore di
Giugliano, con chi chiede che il proprio territorio venga bonificato, per
dirgli che questo decreto per le loro rivendicazioni non prevede alcunché.
In una regione dove la distanza tra le istanze dei cittadini e le istituzioni è
siderale non si può stare tra l’incudine ed il martello, tra le istituzioni
delegittimate ed i cittadini organizzati in comitati. Bisogna scegliere.