Appare difficile nella storia repubblicana dell’Italia
ritrovare un agosto così movimentato dal punto di vista della politica di
palazzo. Una crisi estiva che all’inizio dell’anno era assolutamente
inimmaginabile. Invece la fuoriuscita di Fini e dei suoi dal Pdl, la formazione
del gruppo parlamentare di Futuro e Libertà,
minano oggi il prosieguo del governo Berlusconi. Da diversi mesi
sentiamo parlare negli ambienti politici più vicini alla chiesa cattolica, come
l’Udc di Casini e l’Api di Rutelli, della necessità di un governo di unità
nazionale, della necessità di costruire un’ “area della responsabilità nazionale”. In altre parole mandare via
Berlusconi senza il ritorno alle urne e la nascita conseguente di un governo
tecnico – come si diceva una volta ai tempi del pentapartito – che “faccia le necessarie ed improrogabili
riforme”. Al di là del sistema elettorale – la cui volontà di riforma è
tutta da verificare, visto che le liste bloccate danno la possibilità ai
partiti di “nominare” i parlamentari – per riforme si intende sostanzialmente
la gestione della crisi, che ha già visto una finanziaria da lacrime e sangue e
che potrebbe portare ad una manovra correttiva in novembre.
Governance…in attesa di tempi elettorali migliori.
Non lo chiede solo il centro di interesse nazionale (Api, Udc,FeL) ma anche il
principale partito di opposizione il, Pd. Dopo una vera e propria crisi isterica
seguita alla candidatura di Nichi Vendola alle primarie di coalizione per le
prossime elezioni politiche, oggi da Bersani a Franceschini, da Letta a Fioroni
tutti invocano il governo tecnico che faccia le ormai celeberrime “riforme” e
poi indica le elezioni.
Anche la presa di posizione di Flores D’Arcais su Il Fatto Quotidiano, ribadita poi sul Corriere della Sera, non lascia spazio a dubbi. Anche per i
rinnovatori della politica, per quelli che ritengono indispensabile il recupero
del rapporto tra politica e movimenti nel paese, la scelta è quella del governo
tecnico.
Ma c’e’ anche di peggio. C’e’ Beppe Grillo , che i sondaggi danno al 3% su
scala nazionale, l’equivalente di Sinistra Ecologia e Libertà in pratica, ma
con la differenza che Grillo non punta a diventare presidente del consiglio.
Grillo, interrogato anch’egli dal Corriere, sostiene anche lui la necessità di
un governo tecnico, dice “lo può guidare
anche Totò o’curto” – con riferimento a Totò Riina – “basta che va via Berlusconi”.
Un atteggiamento complessivo in cui le prese di posizione di Di Pietro e
Vendola a favore delle elezioni anticipate subito, sembrano delle fughe di
opportunità legate a visibilità soggettiva piuttosto che assenza di timore.
Quei quattro gatti divenuti quarantaquattro, come Gian Antonio Stella definisce
i finiani, hanno gettato nel panico tutte le opposizioni.
Ma veramente volete andare al voto?
Ma che si fa ?
I soli a non aver paura delle elezioni sono quelli che dovrebbero stare in
crisi. Bossi e Berlusconi con tutta la loro pletora di xenofobi, razzisti,
affaristi, piduisti, mariuoli, leccaculo, nani, ballerine e soubrette. Il “circo” ha subito parecchi colpi negli
ultimi mesi. Le dimissioni di Scajola, Brancher e Cosentino sono stati rospi
davvero durissimi da digerire, ma su Caliendo, grazie al “coraggio da agnelli” di quelli che vorrebbero mettere in crisi
Berlusconi che si sono astenuti, l’hanno passata liscia. Ma il dibattito
pubblico nel paese continua oramai da mesi ad essere incentrato solo ed
esclusivamente intorno a Berlusconi ed i suoi affari.
Certo, l’ondata di corruzione venuta fuori nel nostro paese dalle inchieste
degli ultimi mesi non ha precedenti, ma senza dubbio il tema della crisi reale
che il paese sta vivendo non è riuscito a bucare la coltre degli opinions
makers main stream.
Oggi lavorare in banca significa essere benestanti. Unicredit ha annunciato
4.600 esuberi.
Telecom, nonostante gli accordi sulla mobilità volontaria, ha annunciato 3.500
esuberi tra 2011 e 2012.
Senza contare ovviamente Fiat, con le situazione limite come Pomigliano ed
altri esempi molto noti come Eleutelia, la Vynils ed altri.
Il recente rapporto dello Svimez sui cittadini del Mezzogiorno c’ha raccontato
che 1 su 5 non può pagarsi le spese mediche e che 1 su 3 non arriva a pagare
acqua e gas.
L’aumento esponenziale della disoccupazione, l’impatto devastante della crisi
nell’economia reale, l’abbassamento sempre maggiore dell’accesso al credito per
le piccole imprese e per i nuclei familiari e parallelamente l’aumento dell’indebitamento
soggettivo ci tracciano le chiare linee di un paese messo in ginocchio.
Di questo non si discute in nessun luogo !
Non lo si fa in parlamento, non lo si fa nei giornali e soprattutto non si ha
la capacità di riempire le piazze contro le politiche di austerità.
Fino a quando il dibattito nel paese resterà un referendum asettico e privo di
contenuti su Berlusconi le possibilità
di cambiamento non saranno moltissime. Su questo i capoccia del Pdl hanno
assolutamente ragione: lo spostamento di equilibri in parlamento non
corrisponde alla dinamica del paese reale.
Se si andasse a votare a novembre – come addirittura auspica Bossi – non solo
vincerebbe nuovamente Berlusconi, ma i finiani difficilmente entrerebbero in parlamento
– con lo sbarramento al 4% - così come Rutelli ed i suoi. Senza parlare poi di
Sinistra Ecologia e Libertà.
Il Pd con la paura matta delle primarie, in cui l’effetto Vendola potrebbe
scompaginare gli equilibri delicatissimi, non ha nessuna chance di
vincere elezioni anticipate ora. Lo stesso Vendola ha calibrato la sua strategia
verso il 2013 e non certo su elezioni anticipate a tre mesi.
Ma quindi che si fa ?
Ci troviamo in una fase di crisi profonda in cui probabilmente la parte
peggiore deve ancora arrivare. I tagli effettuati alle regioni stanno portando
alcune di queste ad un vero e proprio collasso. Basti pensare al caso limite
della Campania che non paga le ditte fornitrici in materia di welfare,
previdenza e lavoro da settembre 2009. Non hanno un euro in cassa !
Oppure all’imposizione di piani di rientro della spesa sanitaria, che Tremonti
a chiesto a Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Molise. Questo significa per
tutti chiusura degli ospedali, meno servizi ai cittadini, ma soprattutto
esuberi nel personale medico e paramedico che vanno calibrati sulla diminuzione
dei posti letto (solo in Campania 1.200 posti letto tagliati). Il blocco dei
fondi Fas per appianare i debiti di bilancio alle stesse regioni di cui sopra
sta portando a ritardi nel pagamento degli stipendi dei dipendenti delle Asl
che accumulano mensilità non pagate.
Oggi più che mai dobbiamo liberarci di Berlusconi.
Ma oggi più che mai non possiamo farlo utilizzando come strumento di offensiva
politica la sua immagine.
Dobbiamo rovesciare l’approccio avuto fino ad ora.
Porre al centro la crisi, la disoccupazione, l’aumento della povertà. Parlare
della manovra di lacrime e sangue di Berlusconi, svelare i rischi del
federalismo fiscale in questo momento, denunciare lo strumento di
pianificazione economica che rende il Mezzogiorno subalterno al Settentrione.
Solo con questo alfabeto dei bisogni è possibile il cambiamento.
Nichi Vendola lo dice nella risposta a Flores D’Arcais su Il Fatto Quotidiano. “Occorre
muoversi e mobilitarsi”[1].
Luigi De Magistris[2] parla
del piano europeo e della necessità di porre al centro “un nuovo welfare che corrisponda ad un nuovo modello di sviluppo”.
Allo stesso modo intuisce la parola chiave : alternativa.
Il prossimo 29 settembre a Bruxelles ci sarà la manifestazione internazionale
indetta dalla Confederazione Europea dei Sindacati – Ces - contro le politiche di austerità nell’Unione
Europea.
Un appuntamento importantissimo che dobbiamo tutti provare ad attraversare, per
costruire un’opposizione sociale alla crisi in grado non solo di agire forme di
resistenza, ma allo stesso tempo capace di avere l’ambizione di imporre
un’agenda politica diversa ed alternativa.
L’appuntamento di Bruxelles dovrà essere il trampolino di lancio per le
mobilitazioni da riprendere nel nostro paese a cominciare dalla manifestazione
del 16 ottobre convocata dalla Fiom a Roma contro la crisi e contro la
disoccupazione. Appuntamenti che diranno se siamo capaci di provare ad imporre
dal basso un’agenda politica diversa, ad imporre un piano dell’opinione
pubblica diverso da questo.
Appuntamenti che dovranno collegarsi alla capacità di riprendere le
mobilitazioni sulle vertenze locali sui temi dei diritti, sull’ambiente, sulla
formazione e sul lavoro. Senza dimenticare l’importantissima campagna contro la
privatizzazione dell’acqua.
Insieme a questo dovremmo avere la capacità di far percepire alle tante
vertenze che scoppieranno dalle Asl ai licenziamenti nel mondo del terziario,
una cornice comune. Dobbiamo ritrovare la forza di produrre un immaginario, una
mitopoietica comune, ribelle e sovversiva.
Che si fa….
Tanto c’e’ da fare per provare a ribaltare una situazione paradossale che solo
nel nostro mediocre paese poteva verificarsi. C’e’ bisogno di “alternativa”, ma soprattutto c’e’ bisogno di un protagonismo
delle lotte sociali che sia vero, genuino, non strumentalizzabile, e
soprattutto che sappia non solo resistere ma anche spingere verso la
trasformazione.
Coscienti come sempre che mai avremo governi amici.
[1] Il Fatto Quotidiano del 7 agosto “Caro Flores, Scaviamo la fossa alla seconda Repubblica”.
[2] L’Unità, del 8 agosto “L’Alternativa”.