Crisi di governo e prospettive. Per un autunno in grado di farci riprendere il filo del cambiamento

E che si fa ?

di Antonio Musella

9 / 8 / 2010

Appare difficile nella storia repubblicana dell’Italia ritrovare un agosto così movimentato dal punto di vista della politica di palazzo. Una crisi estiva che all’inizio dell’anno era assolutamente inimmaginabile. Invece la fuoriuscita di Fini e dei suoi dal Pdl, la formazione del gruppo parlamentare di Futuro e Libertà,  minano oggi il prosieguo del governo Berlusconi. Da diversi mesi sentiamo parlare negli ambienti politici più vicini alla chiesa cattolica, come l’Udc di Casini e l’Api di Rutelli, della necessità di un governo di unità nazionale, della necessità di costruire un’ “area della responsabilità nazionale”. In altre parole mandare via Berlusconi senza il ritorno alle urne e la nascita conseguente di un governo tecnico – come si diceva una volta ai tempi del pentapartito – che “faccia le necessarie ed improrogabili riforme”. Al di là del sistema elettorale – la cui volontà di riforma è tutta da verificare, visto che le liste bloccate danno la possibilità ai partiti di “nominare” i parlamentari – per riforme si intende sostanzialmente la gestione della crisi, che ha già visto una finanziaria da lacrime e sangue e che potrebbe portare ad una manovra correttiva in novembre.
Governance…in attesa di tempi elettorali migliori.
Non lo chiede solo il centro di interesse nazionale (Api, Udc,FeL) ma anche il principale partito di opposizione il, Pd. Dopo una vera e propria crisi isterica seguita alla candidatura di Nichi Vendola alle primarie di coalizione per le prossime elezioni politiche, oggi da Bersani a Franceschini, da Letta a Fioroni tutti invocano il governo tecnico che faccia le ormai celeberrime “riforme” e poi indica le elezioni.
Anche la presa di posizione di Flores D’Arcais su Il Fatto Quotidiano, ribadita poi sul Corriere della Sera, non lascia spazio a dubbi. Anche per i rinnovatori della politica, per quelli che ritengono indispensabile il recupero del rapporto tra politica e movimenti nel paese, la scelta è quella del governo tecnico.
Ma c’e’ anche di peggio. C’e’ Beppe Grillo , che i sondaggi danno al 3% su scala nazionale, l’equivalente di Sinistra Ecologia e Libertà in pratica, ma con la differenza che Grillo non punta a diventare presidente del consiglio. Grillo, interrogato anch’egli dal Corriere, sostiene anche lui la necessità di un governo tecnico, dice “lo può guidare anche Totò o’curto” – con riferimento a Totò Riina – “basta che va via Berlusconi”.
Un atteggiamento complessivo in cui le prese di posizione di Di Pietro e Vendola a favore delle elezioni anticipate subito, sembrano delle fughe di opportunità legate a visibilità soggettiva piuttosto che assenza di timore.
Quei quattro gatti divenuti quarantaquattro, come Gian Antonio Stella definisce i finiani, hanno gettato nel panico tutte le opposizioni.
Ma veramente volete andare al voto?
Ma che si fa ?
I soli a non aver paura delle elezioni sono quelli che dovrebbero stare in crisi. Bossi e Berlusconi con tutta la loro pletora di xenofobi, razzisti, affaristi, piduisti, mariuoli, leccaculo, nani, ballerine e soubrette. Il “circo” ha subito parecchi colpi negli ultimi mesi. Le dimissioni di Scajola, Brancher e Cosentino sono stati rospi davvero durissimi da digerire, ma su Caliendo, grazie al “coraggio da agnelli” di quelli che vorrebbero mettere in crisi Berlusconi che si sono astenuti, l’hanno passata liscia. Ma il dibattito pubblico nel paese continua oramai da mesi ad essere incentrato solo ed esclusivamente intorno a Berlusconi ed i suoi affari.
Certo, l’ondata di corruzione venuta fuori nel nostro paese dalle inchieste degli ultimi mesi non ha precedenti, ma senza dubbio il tema della crisi reale che il paese sta vivendo non è riuscito a bucare la coltre degli opinions makers main stream.
Oggi lavorare in banca significa essere benestanti. Unicredit ha annunciato 4.600 esuberi.
Telecom, nonostante gli accordi sulla mobilità volontaria, ha annunciato 3.500 esuberi tra 2011 e 2012.
Senza contare ovviamente Fiat, con le situazione limite come Pomigliano ed altri esempi molto noti come Eleutelia,  la Vynils ed altri.
Il recente rapporto dello Svimez sui cittadini del Mezzogiorno c’ha raccontato che 1 su 5 non può pagarsi le spese mediche e che 1 su 3 non arriva a pagare acqua e gas.
L’aumento esponenziale della disoccupazione, l’impatto devastante della crisi nell’economia reale, l’abbassamento sempre maggiore dell’accesso al credito per le piccole imprese e per i nuclei familiari e parallelamente l’aumento dell’indebitamento soggettivo ci tracciano le chiare linee di un paese messo in ginocchio.
Di questo non si discute in nessun luogo !
Non lo si fa in parlamento, non lo si fa nei giornali e soprattutto non si ha la capacità di riempire le piazze contro le politiche di austerità.
Fino a quando il dibattito nel paese resterà un referendum asettico e privo di contenuti  su Berlusconi le possibilità di cambiamento non saranno moltissime. Su questo i capoccia del Pdl hanno assolutamente ragione: lo spostamento di equilibri in parlamento non corrisponde alla dinamica del paese reale.
Se si andasse a votare a novembre – come addirittura auspica Bossi – non solo vincerebbe nuovamente Berlusconi, ma i finiani difficilmente entrerebbero in parlamento – con lo sbarramento al 4% - così come Rutelli ed i suoi. Senza parlare poi di Sinistra Ecologia e Libertà.
Il Pd con la paura matta delle primarie, in cui l’effetto Vendola  potrebbe  scompaginare gli equilibri delicatissimi, non ha nessuna chance di vincere elezioni anticipate ora. Lo stesso Vendola ha calibrato la sua strategia verso il 2013 e non certo su elezioni anticipate a tre mesi.
Ma quindi che si fa ?
Ci troviamo in una fase di crisi profonda in cui probabilmente la parte peggiore deve ancora arrivare. I tagli effettuati alle regioni stanno portando alcune di queste ad un vero e proprio collasso. Basti pensare al caso limite della Campania che non paga le ditte fornitrici in materia di welfare, previdenza e lavoro da settembre 2009. Non hanno un euro in cassa !
Oppure all’imposizione di piani di rientro della spesa sanitaria, che Tremonti a chiesto a Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Molise. Questo significa per tutti chiusura degli ospedali, meno servizi ai cittadini, ma soprattutto esuberi nel personale medico e paramedico che vanno calibrati sulla diminuzione dei posti letto (solo in Campania 1.200 posti letto tagliati). Il blocco dei fondi Fas per appianare i debiti di bilancio alle stesse regioni di cui sopra sta portando a ritardi nel pagamento degli stipendi dei dipendenti delle Asl che accumulano mensilità non pagate.
Oggi più che mai dobbiamo liberarci di Berlusconi.
Ma oggi più che mai non possiamo farlo utilizzando come strumento di offensiva politica la sua immagine.
Dobbiamo rovesciare l’approccio avuto fino ad ora.
Porre al centro la crisi, la disoccupazione, l’aumento della povertà. Parlare della manovra di lacrime e sangue di Berlusconi, svelare i rischi del federalismo fiscale in questo momento, denunciare lo strumento di pianificazione economica che rende il Mezzogiorno subalterno al Settentrione.
Solo con questo alfabeto dei bisogni è possibile il cambiamento.
Nichi Vendola lo dice nella risposta a Flores D’Arcais su Il Fatto Quotidiano. “Occorre muoversi e mobilitarsi[1].
Luigi De Magistris[2] parla del piano europeo e della necessità di porre al centro “un nuovo welfare che corrisponda ad un nuovo modello di sviluppo”. Allo stesso modo intuisce la parola chiave : alternativa.
Il prossimo 29 settembre a Bruxelles ci sarà la manifestazione internazionale indetta dalla Confederazione Europea dei Sindacati – Ces -  contro le politiche di austerità nell’Unione Europea.
Un appuntamento importantissimo che dobbiamo tutti provare ad attraversare, per costruire un’opposizione sociale alla crisi in grado non solo di agire forme di resistenza, ma allo stesso tempo capace di avere l’ambizione di imporre un’agenda politica diversa ed alternativa.  
L’appuntamento di Bruxelles dovrà essere il trampolino di lancio per le mobilitazioni da riprendere nel nostro paese a cominciare dalla manifestazione del 16 ottobre convocata dalla Fiom a Roma contro la crisi e contro la disoccupazione. Appuntamenti che diranno se siamo capaci di provare ad imporre dal basso un’agenda politica diversa, ad imporre un piano dell’opinione pubblica diverso da questo.
Appuntamenti che dovranno collegarsi alla capacità di riprendere le mobilitazioni sulle vertenze locali sui temi dei diritti, sull’ambiente, sulla formazione e sul lavoro. Senza dimenticare l’importantissima campagna contro la privatizzazione dell’acqua.
Insieme a questo dovremmo avere la capacità di far percepire alle tante vertenze che scoppieranno dalle Asl ai licenziamenti nel mondo del terziario, una cornice comune. Dobbiamo ritrovare la forza di produrre un immaginario, una mitopoietica comune, ribelle e sovversiva.
Che si fa….
Tanto c’e’ da fare per provare a ribaltare una situazione paradossale che solo nel nostro mediocre paese poteva verificarsi. C’e’ bisogno di “alternativa”,  ma soprattutto c’e’ bisogno di un protagonismo delle lotte sociali che sia vero, genuino, non strumentalizzabile, e soprattutto che sappia non solo resistere ma anche spingere verso la trasformazione.
Coscienti come sempre che mai avremo governi amici.



[1] Il Fatto Quotidiano del 7 agosto “Caro Flores, Scaviamo la fossa alla seconda Repubblica”.

[2] L’Unità, del 8 agosto “L’Alternativa”.

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