L’imposizione della trasformazione del ruolo e della funzione della scuola pubblica, lo scardinamento della contrattazione sindacale.

Dove va la scuola pubblica.

Riflessioni, spunti e proposte per una ripresa delle lotte nella scuola.

23 / 6 / 2014

La scuola e la fase politica attuale.

L’imposizione della trasformazione del ruolo e della funzione della scuola pubblica, lo scardinamento della contrattazione sindacale. Spunti e riflessioni.

C’è chi dice che siamo in una democrazia autoritaria, c’è chi indica che abbiamo di fronte i ‘nuovi decisionisti’, c’è chi chiosa che siamo nell’epoca della post democrazia: le declinazioni dell’espropriazione della partecipazione alla decisionalità politica sono molteplici. Segno evidente che il tema è condiviso da molti se non da tutti, e gli avvenimenti di questi giorni, con l’esautoramento di questo o quel deputato o senatore, ne sono il chiaro riflesso.

Qui non vogliamo soffermarci ad approfondire questo salto di qualità (?) dell’agire politico ed istituzionale, quanto riparlare di scuola mentre si sta chiudendo anche quest’anno scolastico, in cui si sono avvicendati ben 2 governi, coi loro rispettivi ministri, Carrozza e Giannini. Entrambi si sono presentati dichiarando di volersi confrontare con i cittadini, i soggetti interessati, le istituzioni locali e territoriali coinvolte, per dar luogo ad una ampia consultazione che porti a una riforma condivisa.

Non ci abbiamo creduto e abbiamo fatto bene.

C’erano risuonate nelle orecchie le stesse parole che abbiamo sentito quindici anni fa con i ministri Berlinguer e Moratti, che sono stati in grado di produrre, seguiti dallo sfrontato lavoro della ministra Gelmini, la più grande macelleria della scuola pubblica da quando essa esiste come istituzione dello Stato italiano. Un taglio di risorse riservato alla scuola e alla formazione che ha retrocesso l’Italia al penultimo posto tra i 27 paesi europei, che ha espulso ad oggi circa 50.000 insegnanti e ata, che ha ridotto il tempo scuola, che ha trascurato l’edilizia scolastica (tanto da essere richiamati dalla stessa Unione Europea), che ha scientemente favorito le scuole private, che ha sfiancato i lavoratori della scuola con una valanga normativa densa di nuovi obblighi, che ha reso ancora più insicure le fasce dell’esercito dei precari (sottostimato in circa 200.000 persone): il tutto con la pretesa di trasformare la scuola in un azienda di servizi a domanda individuale.

La resistenza è stata difficoltosa, a fronte dell’attacco concentrico proveniente dai governi, sia di destra che di presunta sinistra, del linciaggio mediatico nei confronti del lavoro degli insegnanti, della complicità palese e uniforme delle centrali sindacali, delle intermittenti fiammate di protesta degli studenti. In solitudine i lavoratori della scuola, supportati dagli organismi sindacali di base (RSU ed associazioni sindacali) hanno combattuto nei collegi docenti, nelle assemblee sindacali, nelle piazze per mantenere diritti per sé e dignità per la scuola pubblica.

Valga per tutti la collettiva denuncia della scuola quiz, quale antitesi della scuola di qualità, quale riproposizione del nozionismo e della meritocrazia, vero e proprio cavallo di Troia per disarticolare, differenziare, stratificare il sistema educativo pubblico. La battaglia contro l’INVALSI, sistema di misurazione degli apprendimenti degli studenti e, nella prospettiva del ministro Giannini, del lavoro degli insegnanti, ha prodotto l’inceppamento e, forse, un ripensamento da parte dello stesso ente: d’altronde, anche nei paesi anglosassoni da cui è mutuato, questo sistema è stato messo sotto accusa dagli insegnanti e dalle stesse indagini ministeriali sulla qualità scolastica.

Il paese, tutto, dovrebbe essere grato al grande lavoro di trasferimento culturale, di costruzione di capacità critica, di abilità nelle applicazioni pratiche che il vituperato sistema scolastico italiano è stato in grado di realizzare a partire dagli anni 60 del secolo scorso, tanto da portare l’Italia al secondo posto, dopo la Corea del Sud, della classifica OCSE-PISA per l’accrescimento di scolarizzazione. E i risultati si vedono, per chi li vuole cogliere: le università straniere, i centri di ricerca, le istituzioni internazionali, gli studi di ingegneria e di progettazione, sono pieni di laureati italiani, spesso costretti ad essere all’estero in qualità di migranti ad alta qualificazione.

Ora il ministro Giannini e lo stesso Renzi ci raccontano la favola del coinvolgimento e degli investimenti per l’edilizia scolastica e la sicurezza delle scuole: li vogliamo vedere alla prova dei fatti. E i fatti a cui oggi alludono ministro e governo sono allarmanti, portano il segno dell’imposizione dall’alto, della logica del comando, della negazione di qualsiasi confronto.

Il riconoscimento degli scatti di anzianità per il personale della scuola è finanziato con la sottrazione di fondi dal MOF (fondi per le attività connesse all’insegnamento e al servizio), riducendolo ad essere per il prossimo anno un fantasma di se stesso, al 35 % di quello che era solo 2 anni fa. Cosa mai potranno contrattare le RSU ora che, oltre alla parte normativa e organizzativa, già sottratta dal decreto legge Brunetta, vengono meno le risorse di istituto da redistribuire ai lavoratori della scuola: il loro svuotamento politico e sindacale è pressoché completo.

Il ministro ha annunciato a breve – agosto?!! – l’emanazione di un decreto di riordino della carriera degli insegnanti e del sistema di reclutamento, in cui, da quello che ha lasciato filtrare, verrà proposto l’organico funzionale con 4 fasce di docenti: temporanei, ausiliari, esperti, collaboratori del dirigente; a questo si aggiunga la promessa di equiparare la durata del percorso educativo a quello europeo, riducendo a 4 anni il percorso liceale e spezzando quello tecnico in 2 + 3, forse 3+2.

Non bastasse, la Giannini ha preannunciato il rinnovo del contratto sotto il profilo normativo ed economico attraverso un atto legislativo, che, con buona probabilità, può essere il DEF, ovvero la legge finanziaria dello Stato. Scardinando così, la contrattazione sindacale, oltre che il ruolo di mediazione politica dei sindacati confederali, ma soprattutto chiudendo la porta in faccia a qualsiasi autonoma rivendicazione salariale o interlocuzione normativa con i lavoratori della scuola e le loro rappresentanze. Buttando a mare la trasformazione dello status del pubblico impiego e la conseguente contrattazione, così come era stata modulata dalla legge Bassanini e riconducendo tutto dentro la legge finanziaria italiana e il fiscal compact europeo.

Sottobanco, infine, si stanno portando avanti nelle commissioni cultura ed istruzione del parlamento due pericolosi progetti di legge:

  • il primo, il ddl n. 1260, nasconde nel testo l’insidia di voler accumunare spesso in  modo confuso la scuola dell’infanzia ai servizi educativi prescolari, mentre dal 1968 (legge 444) è stata istituita la scuola dell’infanzia statale per la quale vigono le regole determinate dagli artt. 33 e 34 della Costituzione: essa è un’Istituzione della Repubblica inserita non a caso negli autonomi Istituti comprensivi e non un servizio a domanda!
  •   Il secondo, il ddl n. 933 (presentato dal ministro Giannini), ricalcando in buona parte la proposta di Legge Aprea – Ghizzoni, mira a riformare gli organi collegiali scolastici introducendo al loro interno principi di tipo aziendalistico in nome di una falsa autonomia delle istituzioni.

Questo è quello con cui dovremo fare i conti durante i prossimi mesi: siamo in prossimità di una svolta autoritaria, di un golpe ‘democratico’ nella scuola che sembra non lasciare margini di discussione, di dialettica, di confronto sociale: viene istituzionalmente imposto l’assenso acritico o lo scontro.

In questo fosco contesto, bene hanno fatto alcune associazioni, attive nel mondo della scuola, a riproporre – è avvenuto in un’audizione parlamentare una settimana fa - la Legge di Iniziativa Popolare “Per una buona scuola per la Repubblica”, presentata in Parlamento nel 2006 e da allora ferma in un cassetto della Commissione istruzione: essa rappresenta il punto più alto di elaborazione dal basso di una bozza di legge, che assume la scuola, il percorso educativo, l’istruzione come bene comune.

La LIP è stata, e ancora oggi lo è, il frutto della discussione, del confronto, dell’elaborazione collettiva, del felice intreccio e della pratica costituente dei soggetti attivi nel mondo della scuola pubblica, che nel metodo, nella forma e nella proposta si pone come alternativa concreta e praticabile contro l’imbarbarimento del governo dell’istituzione scolastica italiana, offrendo una prospettiva alta e qualificata di mobilitazione e lotta, da assumere in forma di coalizione ampia e aperta,  per tutti coloro che vivono la scuola come un bene comune da sostenere e valorizzare, attorno alla quale rilanciare con forza e determinazione i percorsi di boicottaggio e sottrazione contro questa scuola immiserita, di rivendicazione economica e normativa all’altezza della fase politica che stiamo attraversando.

contributo alla discussione di

Giuseppe Cutrì, Carlo Salmaso e Giuseppe Zambon

la scuola e la fase