Dieci sì per Venezia

5 / 9 / 2016

Diciamocelo pure: con l’amministrazione Brugnaro, Venezia ha toccato il punto più basso della sua storia millenaria. Prima causa di quel degrado e di quell’insicurezza   contro cui sbraita ogni santissimo giorno chiedendo, come “unica soluzione”, poteri da “sceriffo” – del tutto fuori misura per un sindaco -, multe, Daspo, vigilantes armati ad ogni angolo e altre amenità da guerra civile, il nostro poco amato sindaco si è rivelato del tutto inadeguato a gestire i problemi di una città unica al mondo e che ha sempre vissuto sul filo sottilissimo di un perfetto equilibrio mare/terra/laguna. Un equilibrio che già da un pezzo è andato a farsi fottere. E così, proprio nel momento in cui servivano scelte coraggiose, magari, per certi versi, anche impopolari ma comunque capaci di disegnare un futuro a partire da un passato che sui nostri canali continua scorrere assieme l’acqua, ci siamo trovati il Gigio da Spinea a far da padrone di casa. Con tutto quello che ne è conseguito. Mediocrità amministrativa (un Comune non è una azienda, ma questo non lo ancora capito e non lo capirà mai). Completa incapacità di immaginare un progetto a lungo termine atto a gettare le basi di un domani sostenibile per questa nostra città che, dicono, sia la più bella del mondo ma che non per questi deve necessariamente prostituirsi al turismo più becero, ignorante e danaroso. Non dimentichiamoci inoltre, il dichiarato asservimento ai poteri forti – “Costa può fare quello che vuole con me come sindaco” – di cui il nostro personaggio si è sempre fatto vanto e che è uno stato d’animo naturale in un “imprenditore” che si è fatto i soldi vendendo il lavoro degli altri.

Ma la cosa che più salta agli occhi, in tutta la sua foga amministrativa volta a svendere tutto quello che è svendibile, dai quadri ai giardini storici, è che al Gigio da Spinea, di Venezia, non gliene è mai fregato niente. “Trasferitevi in terraferma che è meglio”, l’ho sentito dire a dei ragazzi che manifestavano contro le Grandi Navi. Lui, in riva ad un canale, non ci abita e non ci abiterebbe mai. Non è uno di quelli che gli capita di svegliarsi “con l’acqua alla gola, e un dolore a livello del mare”, come cantava Guccini. Per lui, Venezia è solo una merce come tante altre. Proprio come il lavoro, i diritti, i beni comuni e l’ambiente. Finché ce n’è, si vende e si compra. Come tutto a questo mondo. Solo questione di “schei” e, naturalmente, anche di ordine pubblico. Misura indispensabile a far funzionare la “macchina dei schei” secondo i dettami del moderno capitalismo predatorio. Più in là di così, il Gigio non arriva. Eccolo a chiudere i gabinetti pubblici e a sbraitare se qualche disgraziato la fa in canale, ed a minacciare i turisti in bici – “Li colpiremo duro!”, come fossero terroristi dell’Isis – senza pensare che se non organizzi un deposito a piazzale Roma, chi arriva a Venezia sulle “due ruote”, per forza di cose se la deve tirare dietro. Come se fosse questo il famoso “degrado” che sta ammazzando la città!

Di contro, c’è un Governo che di Venezia non ha mai capito niente. Un Governo che ci ha regalato solo Grandi Opere e commissariamenti. Un Governo che da oltre 4 anni sta derogando dall’assumere l’unica soluzione atta a difendere la laguna, o quel che ne resta, dallo stupro, continuo e doloroso, delle Grandi Navi. Un Governo che ha consentito all’Autorità Portuale di regalare concessioni senza gare d’appalto alle lobby crocieristiche e di avviare, di fatto, la privatizzazione del porto con la benedizione della Regione e di Veneto Sviluppo. Un Governo che, tra progetti assurdamente secretati o decisamente farlocchi, e nonostante i tanti moniti dell’Unesco e di altri organismi internazionali di tutela, ha sempre evitato di assumersi la responsabilità dell’unica scelta logica e sostenibile per la città. Che poi è solo questa, semplice semplice: le Grandi Navi debbono rimanersene fuori dalla laguna.

E per ribadire a tutti, dalle lobby finanziarie, al Comune ed al Governo, che Venezia non è ancora morta e che il suo cadavere non è ancora in vendita, movimenti, ambientalisti, spazi sociali e le tante, tantissime associazioni che esistono e ancora lottano per una città diversa hanno organizzato una grande mobilitazione.

L’appuntamento è per domenica 25 settembre, a partire dalle 15.30 in Riva delle Zattere. Sarà una grande giornata di festa e di lotta per urlare al mondo che Venezia è incompatibile con queste sorte di inquinanti Villaggi Vacanza galleggianti chiamati Grandi Navi. Non solo. La giornata sarà anche una importante occasione per fare politica come questa dovrebbe essere sempre fatta: discutere assieme e provare ad immaginare una idea diversa della nostra città.

Domenica 25 settembre, gli ambientalisti di Venezia faranno un passo in avanti. E, in fondo, avanti di un passo, il movimento ambientalista lo è sempre stato, giusto? Ricordate le nostre critiche al Mose? Inutile, devastante e funzionale solo a far lievitare i costi e dirottare vagonate di fondi pubblici dalla salvaguardia ad aziende in odor di mafia e politici corrotti?  Adesso pure il Gazzettino si è accorto che avevamo ragione!

Il passo in avanti che i cittadini di Venezia faranno domenica sarà quello di trasformare il No di protesta in Dieci Sì.

Sì a una città con un turismo su misura

Sì a alle case per i residenti

Sì a un controllo per i cambi d’uso per immobili

Sì a controllo del traffico acqueo

Sì all’artigianato veneziano

Sì ad una vita a Venezia

Sì al controllo dell’inquinamento dell’aria e del moto ondoso

Sì a una città solidale

Sì alle Grandi Navi fuori dalla laguna

Come dite? Sono solo nove? Avete contato bene. Ne manca uno. L’ultimo Sì. Quello che viene dai nostri cuori. Sì a riempirci il cuore di un infinito e disperato amore per la nostra bellissima e violentata città.

Intanto, in attesa del 25 settembre, aderite alla campagna “Venezia che parla dai balconi!” e fate sventolare su calli, fondamente e canali, una bandiera che racconti a chi passa sotto le vostre finestre che Venezia è ancora viva e che è qui, e solo qui, che vogliamo immaginare il nostro futuro.

Tommaso Cacciari del laboratorio Morion ai microfoni di Tg Venezia