Negli anni, le riforme dell’università ci hanno abituato anche troppo bene al’alternarsi di tagli indiscriminati e ridicole soluzioni tampone. Riforme che niente hanno avuto a che fare con gli effettivi problemi dell’università pubblica, dettate sempre e solo dall’esigenza di raggranellare qualche soldo qua e là per far quadrare i conti dei vari governi a fine anno. Adesso la bandiera in nome della quale si opera qualunque taglio in questo paese si chiama spending review , e la musica è, tristemente, sempre la stessa.
In particolare, il DM Carrozza si propone di distribuire i cosiddetti “Punti Organico”, in sostanza posti di lavoro per docenti e ricercatori (ogni punto organico è il costo di un professore ordinario), all’interno dei vari atenei in base ad un indicatore ad hoc, l’Isef. Il riparto è di fatto controllato dallo stato delle finanze di un ateneo comparato con quello di tutti gli altri, riproducendo il meccanismo colpevolizzante che già aveva caratterizzato le riforme precedenti, basato sulla dicotomia tra atenei “virtuosi” e non. Questo anche perché restano fermi il blocco del turn over al 20% ereditato dalle riforme precedenti e le quote premiali del Fondo di Finanziamento Ordinario, dipendenti dai risultati della didattica e della ricerca in base agli assurdi criteri Anvur.
E come c’era da aspettarsi, ad essere penalizzate sono ancora una volta le università del Sud, le quali registrano una perdita significativa di P.O. rispetto a quelli che teoricamente avrebbero dovuto ottenere, posti da docente che incamerano gli atenei che siano riusciti a tagliare sui costi, oppure abbiano aumentato le tasse per avere più fondi. Perché l’unico modo che ha ciascuno di essi di racimolare due o tre posticini in più ogni anno, neanche a dirlo, grava sugli studenti, costretti a pagare il proprio diritto a studiare sempre più caro e a seguire corsi dalla didattica impoverita, tenuti da docenti che non sono incentivati a fare davvero ricerca, perché vengono premiati da valutazioni lusinghiere se riciclano lo stesso articoletto pubblicandolo su tante riviste scientifiche diverse, quel tanto che basta per non essere considerati “improduttivi”.
Noi invece rifiutiamo recisamente il dogma della
produttività ad ogni costo, nella ricerca come nel percorso di studi di ciascuno
studente. Vogliamo sottrarci al gioco perverso dei “buoni” e dei “cattivi”, al
circolo vizioso di penalizzazione in cui si cerca di trascinare la maggior
parte degli atenei italiani, e praticamente tutti quelli del Sud, favorendo la
creazione di poli di eccellenza elitari ed escludenti. Non è un caso che l’università maggiormente favorita dal
Decreto Carrozza sia proprio quella di cui il ministro è stata rettrice, la
Scuola Sant’Anna di Pisa, che ha ricevuto il 964% dei Posti Organico in più
rispetto a quelli teorici previsti, mentre quella con la più alta perdita sia
la Federico II.
La situazione è così grave che i rettori dei grandi atenei del sud hanno
chiesto ed ottenuto un vertice con il ministro per chiedere l’immediata revoca
del decreto, vertice che si terrà il 28 Novembre. Ma l’analisi dell’intero
percorso che porta alla situazione attuale non può prescindere dalla
consapevolezza della responsabilità degli stessi rettori che oggi protestano
contro l’ennesimo decreto-truffa ma che troppe volte hanno taciuto di fronte al
progressivo smantellamento dell’università pubblica.
In quel giorno a Napoli,
sede originaria dell’incontro poi spostato a Roma, gli studenti hanno ottenuto
che per alcune ore si sospendesse la didattica all’interno della Federico II e
hanno organizzato due grandi assemblee di ateneo, nel polo scientifico ed in
quello umanistico, per creare uno spazio di discussione, di condivisione di
conoscenza, di ricerca comune di soluzioni alternative e dal basso allo sfascio
dell’accademia tutta. Per difendere insieme il proprio diritto a formarsi, per
chiedere un’inversione totale di tendenza nella politica riguardante scuola ed
università e non, ancora una volta, leggi peggiorative o blandi palliativi. Per
riprenderci il mondo, un passo alla volta.
D.A.D.A.-Dipartimento Autogestito Dell'Alternativa