Dall'incontro nelle Marche, dentro un marzo di lotta per un abitare degno

13 / 3 / 2017

E’ stata un’assemblea di Abitare nella Crisi inedita quella che si è svolta domenica 5 marzo negli spazi della Palestra Popolare a Macerata. Un’assemblea inedita perché per la prima volta le Marche hanno ospitato un incontro nazionale di movimento all’interno dell’area del “cratere sismico” così come viene – parzialmente – definito l’insieme dei territori investiti dalle scosse del 24 agosto e del 30 ottobre scorso.

Un’occasione di confronto con le realtà sociali che insieme alla rete “TerreInMoto” hanno intrapreso un percorso di lotta e rivendicazione per i diritti e la dignità delle popolazioni colpite dal sisma. Un appuntamento costruito attorno all’opportunità di interrogarci sul significato della battaglia per il diritto all’abitare in uno scenario delineato solo da macerie e distruzione, dove anche chi aveva una casa ora l’ha persa perché crollata, danneggiata, comunque inaccessibile dentro le “zone rosse” che hanno sostituito numerosi centri abitati.

Un contesto di totale precarietà abitativa, dove si stanno esaurendo anche le riserve di welfare familistico che tradizionalmente, in queste realtà, avevano contenuto i contraccolpi della crisi economica e dell’emergenza abitativa.

La resistenza diffusa in questi territori contro la “strategia dell’abbandono” nasce dalla decisa volontà di difendere e ricostruire la propria dimensione abitativa, e con essa gli spazi di vita, l’ambito delle relazioni sociali di intere comunità ora disgregate e disperse.

Alcune fra le criticità maggiori sulle quali si sta concentrando la mobilitazione nelle zone terremotate, restituiscono la centralità della lotta per la casa nel contesto dell’emergenza post-sisma: i ritardi e le insoddisfacenti modalità nell’assegnazione del contributo di autonoma sistemazione; le prospettive incerte e la provante condizione delle migliaia di sfollati ospiti delle strutture di accoglienza sulla costa; lo stallo che persiste nella predisposizione e nella realizzazione di casette e moduli abitativi.

Lo stato di eccezione permanente in cui sono sospesi i territori devastati del centro Italia fa emergere tutte le contraddizioni del sistema politico economico capitalistico, mette a nudo le differenze fra ricchezza e povertà, rivela quella che in realtà è la norma che conosciamo nelle città e nelle metropoli, dove le misure di welfare e di redistribuzione del reddito sono sacrificate all’altare della speculazione e della rendita.

Il non-intervento dello Stato e la ricostruzione ferma ripropongono in forma sempre più attuale il problema della gestione e della destinazione delle risorse: il frame dei soldi che non ci sono viene infranto ad ogni conferma istituzionale dei piani di investimento in mega-infrastrutture inutili e dannose. Rilanciare la battaglia delle comunità che resistono alle grandi opere è oggi decisivo, per bloccare progetti di devastazione ambientale come il Tav e destinare queste risorse alla messa in sicurezza del territorio e a favore dell’edilizia residenziale popolare.

Riconoscere la ricostruzione della dignità dell’abitare come un comune terreno di intervento e conflitto, aiuta a dare corpo a quel meticciato delle lotte oggi necessario per una ricomposizione dell’opposizione sociale all’altezza delle sfide del presente.

In continuità con l’azione di governo renziana, l’esecutivo Gentiloni ha ulteriormente approfondito l’attacco alle libertà e ai diritti di migranti e rifugiati, per mano del protagonismo interventista del nuovo ministro dell’Interno Minniti. Intensificazione delle operazioni di identificazione e controllo, retate e rastrellamenti per rimpatri immediati, nuovo impulso a sottoscrivere accordi coi paesi di provenienza. Fino alla pubblicazione del decreto legge Minniti-Orlando che, in linea con le indicazioni dell’Unione Europea, interviene con urgenza per rendere efficienti e rapidi i dispositivi di detenzione e deportazione nel contesto fallimentare del sistema accoglienza.

Una svolta securitaria che nello spazio metropolitano trova riscontro col decreto sicurezza e l’introduzione del Daspo urbano e si traduce nell’inasprimento delle maglie della repressione poliziesca e giudiziaria: i violenti sgomberi degli ultimi giorni e il costante ricorso a misure di prevenzione – come la sorveglianza speciale che priva ancora Luca e Paolo della loro libertà di muoversi e prendere parte alle nostre assemblee – sono lì a dimostrarlo.

Queste le direttrici sulle quali intraprendere un percorso di ampia attivazione sociale che produca un accumulo fatto di pratiche e contenuti politici che ponga le condizioni per una costruzione larga, partecipata e conflittuale della giornata di contestazione al Vertice Ue del 25 marzo.

Un fine settimana di mobilitazioni articolate e diffuse su tutti i territori è previsto per il 18/19 marzo, dove sono previste manifestazioni cittadine che a partire dalla questione abitativa vogliono portare in piazza le priorità e i bisogni di chi le città le abita. Altre iniziative a sostegno dei diritti di migranti e rifugiati sono in programma negli stessi giorni in risposta all’appello del City Plaza Hotel di Atene ad un anno del vergognoso accordo Ue-Turchia, come la marcia per l’umanità di Venezia sabato 19.

La centralità dell’appuntamento del 25 marzo nella capitale contro il vertice dell’Unione Europea che celebra l’anniversario dei Trattati di Roma ci offre l’opportunità di rompere l’alternativa fasulla fra Europa della finanza e delle banche e l’Europa dei nuovi nazionalismi, fatta di muri e confini.

Il 25 marzo per le strade di Roma possiamo dare voce a quanti dal basso contrastano le campagne xenofobe e razziste, rifiutano la guerra fra poveri e costruiscono ogni giorno l’Europa delle lotte e dei territori che resistono all’austerity imposta dalla Troika, reclamando nuovi diritti e nuovo welfare.

Abitare nella Crisi