Dal Nord-Est verso le piazze del 26 e 27 Novembre a Roma

Appello dei collettivi Starfish e We Want Sex

31 / 10 / 2016

La violenza sulle donne non è un problema di oggi; le nostre madri, le nostre nonne e lo loro madri prima di loro hanno subito piccole e grandi violenze. La differenza è che oggi ne sentiamo maggiormente parlare; ma, in che modo?
L'attenzione da parte dei media mainstream alla questione della violenza sulle donne è cresciuta sempre di più: dalle campagne pubblicitarie, ai talk show, agli articoli di giornale, tutt* o quasi hanno proferito parola sul tema, piangendo la vittima e accusando (e/o al contempo giustificando) il carnefice di turno, ma sempre ignorando le proprie responsabilità nella diffusione del fenomeno. Quando parliamo, scriviamo, discutiamo di violenza sulle donne e di femminicidio dobbiamo tener sempre presente una cosa: siamo tutt* coinvolt* a prescindere dal nostro posizionamento sul tema. Lo siamo perché quotidianamente giustifichiamo atteggiamenti, anche piccoli e all’apparenza banali, che rafforzano quell’idea stereotipata su ciò che una donna deve o non deve fare o essere, e quindi, di conseguenza, su ciò che un uomo deve o non deve fare o essere. Anche noi siamo parte del problema: lo siamo quando accettiamo che vengano fatte distinzioni sin dall’infanzia fra ciò che “è da femmina” e ciò che “è da maschio” (dai colori di riferimento, agli sport, ai giocattoli). Quando diamo per scontato che una donna si assuma il ruolo di cura all’interno di una coppia, o quando troviamo eccezionale che sia un uomo a farlo; quando diamo per scontato che il lavoro domestico tocchi alla donna e l’uomo, in caso, “aiuta”. Quando accettiamo passivamente disparità e iniquità sul posto di lavoro in base al genere di appartenenza.
La cultura dello stupro (rape culture) è proprio l’accettazione di questi modelli che normalizzano, quando non incoraggiano, la violenza di genere, che viene quindi percepita come parte inevitabile della società.

Siamo convint* che oggi servano azioni concrete: fondi per i centri antiviolenza che stanno chiudendo in tutta Italia; programmi educativi volti a contrastare seriamente il bullismo omofobico e gli stereotipi di genere, partendo dall’educazione alle differenze sin dalla prima infanzia; un’attenzione maggiore da parte dei media nell’utilizzo del linguaggio. Serve un primo passo che porti verso un cambiamento di mentalità.
Campagne come quella del #fertilityday promosse dal Ministero della Salute, all’interno del Piano Nazionale della Fertilità, sono invece un passo preoccupante in senso contrario: queste iniziative riportano il ruolo della donna a quello di madre a tutti i costi escludendo peraltro ancora una volta soggetti invisibili come i migranti, i cui figli non vengono riconosciuti come cittadini italiani anche se nati qui, o le coppie omosessuali per cui in Italia è impossibile avere figli. Questa campagna vuole essere portata all’interno di scuole e consultori, come se la libera scelta e autodeterminazione delle donne non fosse già abbastanza minata in questi luoghi.
Le sanzioni all’aborto clandestino (decreto legislativo 8, del 15 gennaio 2016) sono un altro esempio di come il governo ribalti i ruoli di vittima e carnefice, inasprendo le sanzioni amministrative per le donne che sono costrette a ricorrere clandestinamente all’aborto, creando così i presupposti per una degenerazione del fenomeno.
Questi sono solo alcuni degli esempi di come le istituzioni non contribuiscano veramente all’eliminazione della violenza di genere, e di come le varie campagne governative non siano altro che una facciata non supportata da reali azioni di contrasto.

Per questi motivi il 26 Novembre scenderemo in piazza da tutta Italia per dire basta alla violenza che tante, troppe donne subiscono ogni giorno e il 27 Novembre allo stesso modo saremo a fianco di chi si oppone a un governo che sistematicamente ci priva dei diritti che ci spettano per scegliere dei nostri corpi e delle nostre vite, al corteo nazionale “C’è chi dice NO”.

Vi aspettiamo il 7 Novembre presso il Centro Sociale Bocciodromo (via Alessandro Rossi, 198, Vicenza) all’assemblea pubblica verso le due manifestazioni.

Assemblea Permanente We Want Sex
Collettivo Starfish

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