Da Expo a Cop21: abbiamo altre idee per il futuro delle nostre città

Greenwashing del Grande Evento

23 / 1 / 2015

A 98 giorni dall’inaugurazione di Expo, possiamo sorvolare il cantiere del grande evento che aprirà le sue porte il 1° maggio 2015 a Milano: l’Expo-drone ci offre una vista sul "Belvedere in città", come viene chiamata la colata di cemento che ospiterà l’esposizione universale. 

Una piattaforma in (lenta) costruzione su 100 ettari di suolo che un tempo era agricolo (e fino al 2004 coltivato), accanto alla quale sorge la fiera di Milano Rho, che resterà nel frattempo inutilizzata. Le opere “connesse” all’evento (un'autostrada da poco inaugurata, la Brescia-Bergamo-Milano e due in corso di realizzazione, Pedemontana Lombarda e 18571Tangenziale Est esterna di Milano) divorano altri 1.600 ettari di pianeta, terreni agricoli fertili. 

La narrazione tossica del grande evento è costruita proprio sulla sua capacità di appropriarsi dei nostri linguaggi per mostrare quanto sia “sostenibile”, “partecipato” e “trasparente”, mistificando la realtà: così, biodinamica non è più l’agricoltura che abolisce l’uso di fertilizzanti sintetici e pesticidi chimici per gestire la terra secondo i cicli lunari e naturali, ma è il cemento con cui si sta costruendo “Palazzo Italia”: 13.500 metri quadri che rappresenteranno il Belpaese, “destinati a rimanere anche nel periodo post-Expo come polo dell’innovazione tecnologica al servizio della città”, nelle intenzioni dei costruttori. 

Questa maldestra operazione di “green washing” è sempre legata a grandi interessi economici: il “cemento biodinamico” con le sue proprietà fotocatalitiche che contribuirebbero “a liberare l’atmosfera dallo smog”, ad esempio, è brevettato da Italcementi, l’azienda bergamasca quinta produttrice di cemento a livello mondiale. Da parte nostra, guardiamo ad altre pratiche per parlare di ecosostenibilità, come, in questo caso, all’esperienza del comitato Lasciateci respirare di Monselice (Pd) e degli attivisti della bassa padovana che sono stati capaci di aprire una vertenza (e vincerla) sulla presenza di 3 cementifici nel raggio di 5 chilometri quadrati e su un nuovo impianto Italcementi nel Parco regionale dei Colli Euganei. Mentre Expo si affanna a produrre documentazione che provi la sua ecocompatibilità e sostenibilità, la chiave che noi scegliamo per dire “No Expo” è proprio questa: ripartire dai territori. 

A fine 2014 è stata la volta del "Protocollo di Milano", che servirebbe ad “affrontare il problema della sostenibilità alimentare” attraverso tre obiettivi: la promozione di stili di vita sani e dell’agricoltura sostenibile e la riduzione dello spreco di cibo. 

L’iniziativa è promossa dal Barilla “Center for food and nutrition”, ancora una volta un colosso, in questo caso dell’industria alimentare: il maggiore produttore di pasta al mondo, che non brilla certo per la sua attenzione verso l’ambiente e le filiere produttive. 

Il Protocollo è il prologo della “Carta di Milano”, della quale si inizierà a discutere durante l’“Expo delle idee”, che il prossimo 7 febbraio coinvolgerà “500 esperti” - da papa Francesco a Matteo Renzi - in oltre 40 tavoli tematici. La Carta, che - nelle intenzioni del ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina - avrebbe l’ambizione di dare le linee guida della “global food security e policy” italiana, ricorda il Protocollo di Kyoto (1997, entrato in vigore nel 2005) sui cambiamenti climatici, in vigore fino al 2020 con il piano dell’Ue “Clima - energia 20 20 20” (20% di riduzione di gas serra, aumento dell’energia da fonti rinnovabili e aumento del risparmio energetico, tutto entro il 2020).

Se ne parlerà ampiamente a Parigi alla fine di quest’anno, in occasione della Conferenza delle parti - Cop21 - che dovrà firmare un nuovo accordo sul clima. Secondo l’ultimo rapporto Onu sul clima, redatto dall’Ipcc nel novembre 2014, “l’influenza umana sul sistema climatico è chiara e le recenti emissioni antropiche di gas serra sono le più alte nella storia. I recenti cambiamenti climatici hanno avuto un impatto diffuso sulla salute umana e sui sistemi naturali”. 

Non possiamo quindi che vedere questi diversi aspetti in una linea di continuità che ci porterà quest’anno (e non solo) a mettere in campo diverse pratiche capaci di portare alla ribalta le contraddizioni di un sistema che, all'apparenza, afferma di voler sostenere stili di vita più sani ed equilibrati, ma che, nei suoi retroscena, alimenta il business delle grandi industrie agro-alimentari e precarizza giorno dopo giorno il futuro dei giovani.

L’agenda per costruire un’alternativa possibile è già fitta: lo faremo in ciascuno dei nostri territori a partire da domani, sabato 24 gennaio, giornata NoExpo lanciata da Genuino Clandestino per parlare “dalla terra alle città” dei “territori che vogliamo”; attraverseremo l’Expo di Milano; quindi Fico (Fabbrica italiana contadina) a Bologna, già soprannominata la "Disneyland del cibo" ; fino a portare a Cop21, in dicembre a Parigi, la nostra narrazione differente.