Covid-19: il tempo della disgregazione

26 / 11 / 2021

Un contributo del Centro Sociale Bruno di Trento in merito alle piazze no Green Pass regionali, alla gestione politica e narrativa della pandemia e alla necessità di una lotta per la cura.

Oggi lo stato di disgregazione della società italiana è sotto gli occhi di tuttə: non stiamo parlando di conflittualità, ma di disgregazione.

È cosa ben diversa: la conflittualità non distrugge una società, la rinnova; la disgregazione attua invece esattamente l’opposto. La conflittualità è la vita delle società, la disgregazione la loro morte: si tratta di due opposti.

La conflittualità presuppone che vi sia lo scontro tra due o più forze che cozzano in nome di ideali e interessi confliggenti per ridefinire il carico o la natura dei legami che tengono unite le persone in una società. La disgregazione è invece il progressivo venire meno di un’appartenenza collettiva, è il cozzare confuso di una miriade di interessi privati o corporativi o localistici che segnalano lo sfaldamento del «patto sociale» preesistente.  

Il suo sbocco naturale è offrire maggiori margini d’azione alle tendenze autoritarie o addirittura totalitarie del capitale e dello stato-nazione. Perché la stragrande maggioranza delle persone vuole pur vivere, avere la certezza della sicurezza personale, del lavoro, dei servizi pubblici. Se vengono meno quei legami all’interno della società che fanno sentire le persone ragionevolmente sicure di poter avere tutto ciò, allora la stragrande maggioranza di esse si volge a chi detiene il potere perché sia lui a garantirgli queste cose «con il pugno duro», senza le «lungaggini della politica», senza «troppe discussioni».

È quello che sta accadendo in Italia oggi. Una società già disgregata da decenni di politiche e di egemonia culturale liberista è stata ulteriormente straziata dalla pandemia e dalla sua gestione. Sino al punto di dividersi ulteriormente sul tema della vaccinazione. 

Il vaccino è una misura di profilassi collettiva, volta a tutelare la collettività (i fatti lo stanno confermando senza ombra di dubbio) non esistono ragioni sensate per non contribuirvi vaccinandosi. (cfr intervista a prof Burgio)[1]: a meno che non si abbia un fondato sospetto che vi possa essere un rischio di danni alla propria salute, ma è questione da risolversi in ambito medico, rivolgendosi alle/agli specialisti capaci di fornire adeguate risposte.

Il "compito dello stato" avrebbe dovuto consistere nello svolgere un’opera educativa che spiegasse questo, evitare che circolassero molte interessate menzogne e consentire a tuttə di chiarire i dubbi sul proprio stato clinico e sulle decisioni da prendere attraverso il rapporto con il Sistema Sanitario Nazionale, vale a dire il rapporto fiduciario medico/paziente, capace di dare le adeguate tutele e rassicurazioni in merito alla propria salute.

In sostanza compito primario dello stato avrebbe dovuto essere trasmettere al maggior numero possibile di persone quanto elaborato dalla «comunità scientifica». Crediamo che non si sia agito in questa direzione e anzi siano state fatte circolare per mesi ogni sorta di ambiguità e menzogne da parte della componente più reazionaria delle forze di governo e non solo.

«Lei si vaccinerà?» «Quando sarà il mio turno, chiederò al mio medico di fiducia» (Matteo Salvini a Lili Gruber 3.2.2021)

«AstraZeneca, paura in Europa» (titolo in prima pagina di Repubblica del 12 marzo 2021).

«Non voglio mio figlio diciottenne inseguito da una siringa» (Matteo Salvini 18.7.2021)

Quando si è visto che tutto ciò metteva a rischio l’obiettivo di vaccinare una percentuale della popolazione vaccinabile sufficiente ad evitare la stessa situazione dello scorso autunno si è cercato di correre ai ripari: 

«L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore» (Mario Draghi 25.7.2021). 

Questo alternarsi di messaggi contraddittori è stato veicolato dai principali mezzi di informazione nel consueto «mercato delle opinioni»: un flusso continuo di immagini, parole e scritte in cui i dati di fatto erano indistinguibili dalle prese di posizione, dal «io non ne so niente, ma penso che…», dalla «notizia del giorno», da previsioni più o meno azzardate. Soprattutto, ci pare che sia stato dedicato ben poco spazio al tema del vaccino come profilassi collettiva, come responsabilità sociale (una parolaccia evidentemente per i liberisti).

In questo clima l’adesione spontanea alla campagna vaccinale è stata giudicata alta ma comunque insufficiente per evitare un nuovo autunno-inverno di contagi, ricoveri e morti (con conseguenti restrizioni). 

Così si è arrivati all’introduzione del Green Pass. Lo si sarebbe potuto evitare se si fosse agito diversamente? Non lo sapremo mai. Di certo lo stato ha abdicato ogni funzione educativa e rassicurante per attuarne una sostanzialmente ricattatoria. Di fatto hanno scaricato le contraddizioni delle classi dirigenti, del governo, dei media su di noi, sui nostri luoghi di lavoro, sulle nostre famiglie, sulle nostre comunità. La disgregazione sociale pre-esistente non è stata affrontata come ciò che è: una malattia dell’intero corpo sociale da curare attuando politiche e narrazioni diverse da quelle che l’avevano causata. Ma non è stata fatta alcuna riflessione in questo senso, anzi. Prima si è lasciato dire in diretta TV qualunque sciocchezza con una leggerezza allucinante e poi, quasi da un giorno all’altro, si è passati ad una sorta di guerra strisciante contro un «nemico interno».

Ovviamente esiste una percentuale di popolazione che è ideologicamente contraria alla vaccinazione, che lo era anche prima del Covid e che continuerà ad esserlo qualunque cosa accada, qualunque cosa si spieghi eccetera. La loro presenza è essenzialmente un sintomo di disgregazione sociale presente soprattutto in molti Paesi a capitalismo avanzato. Ma quanto è davvero consistente questa percentuale? Quanti sono invece quelli e quelle che erano refrattari alla vaccinazione ma avrebbero potuto essere convinti ad aderire su base volontaria?

La domanda ci sembra importante. Ormai dalla fine degli anni Settanta il nostro paese vive un succedersi di «situazioni emergenziali»: terrorismo, mafia, debito pubblico, corruzione, crisi economica, immigrazione, pandemia… Si possono dare le più diverse valutazioni dei provvedimenti presi in tutte queste occasioni ma una cosa è certa: un paese dovrebbe cercare di uscire dall’«Emergenza» continua. E crediamo che per farlo occorra ragionare in un’ottica di lungo periodo, e quindi non solo in termini di leader, leggi, eccetera, ma in termini di rafforzamento del tessuto sociale, in termini di rimedi alla disgregazione dei legami che tengono unite le persone all’interno di una collettività.

Corruptissima Re Pubblica, plurimae leges, diceva già Tacito nell’antica Roma, con la consapevolezza che nessun provvedimento legislativo può sostituire la tenuta etica di una società. Di qui l’idea che occorra ragionare in termini di educazione, consapevolezza, capacità di autogestione e autoregolazione delle diverse componenti della popolazione. Non si tratta di affermare la fiducia ideologica nella possibilità di costruire dalla sera alla mattina un mondo senza gerarchie e costrizioni (l’illusione di passare “dal mondo dei cattivi a quello dei buoni” la definì Matteotti), ma di prendere atto del fatto che gerarchie e costrizioni non sono lo strumento migliore e tanto meno l’unico per garantire la tutela della popolazione.

Poniamoci alcune domande

Quando è cominciata la campagna vaccinale è stato fatto qualcosa per cercare di convincere, rassicurare, ascoltare quei milioni di persone che in oltre un anno di restrizioni sono rimaste chiuse in casa, possibili vittime di propagande e complottismi? 

Assolutamente no. Il problema non è stato affrontato. 

Del resto i diffusori di complottismo stile Qanon sono ben rappresentati nelle istituzioni, all’interno delle forze che governano sia a livello nazionale che locale, anzi in Trentino hanno ruoli all’interno dell’assessorato alla cultura[2]. Avere «fiducia nelle istituzioni», sperare che questa gente faccia qualcosa per educare ad un corretto e razionale rapporto con le fonti di informazione è come confidare in una volpe messa a guardia di un pollaio.

Vi è poi quello che è il grande rimosso nel dibattito pubblico di questo paese: il fatto che anche la salute psicologica è salute. Il disagio psichico in Italia è oggi criminalizzato e trattato alla stregua di una colpa, una colpa che può costarti la vita se sei anche povero e migrante, come dimostra il caso di Yunus el Boussettaoui[3], assassinato a Voghera da un assessore leghista che è già a piede libero.

Dal marzo 2020 la salute mentale è stato il grande rimosso di questo paese. Un rimosso  che è stato scontato soprattutto dagli e dalle adolescenti, condannati alla DAD anche quando la Società italiana di pediatria diceva che le scuole erano un luogo sicuro[4]. Certo c’era il problema dei trasporti pubblici. Ma proprio per questo è stato colpevole non garantirne l’adeguatezza e quindi la frequenza scolastica.

Non sarebbe il caso, dato il contesto, di domandarsi se vi è un rapporto tra l’aumento del disagio psichico dovuto alla pandemia[5] e la montante disgregazione sociale? Non è il caso di affrontare la questione?

Crediamo inoltre che molto poco si sia fatto anche per risolvere i dubbi, le esitazioni e le perplessità di fronte alla vaccinazione attraverso il rapporto di fiducia medico/paziente. Per le esenzioni dalla vaccinazione (l’occasione per affrontare l’esitazione vaccinale) occorre rivolgersi al proprio medico curante, cioè al proprio medico di famiglia, che è convenzionato e non dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, spesso sprovvisto della preparazione, del sostegno e del tempo necessari per seguire davvero patologie complesse e disagio psichico, figuriamoci durante una pandemia.

Non si è neppure cercato di massificare l’utile iniziativa presa dal Dottor De Vigili a Mezzolombardo[6], che è rimasta un unicum su scala nazionale: semplicemente parlare con la gente, mettere un banchetto in piazza e spiegare a chi si avvicina a porre domande sul vaccino.

Il Green Pass può essere stato utile per aumentare la percentuale di vaccinati e può esserlo per monitorare la situazione pandemica con un alto numero di tamponi, senza dubbio siamo messi meglio di altri paesi come Austria e Germania. Ma a che prezzo? 

Dal punto di vista sociale ha indubbiamente lasciato delle lacerazioni che possono o potrebbero avere conseguenze dannose anche sulla prosecuzione della campagna vaccinale. Intanto un paese con un’applicazione assai più blanda del Green Pass come la Spagna ha una percentuale di vaccinati lievemente superiore alla nostra, un esempio di come il problema non stia nel fatto che “senza essere obbligata la gente non si sa gestire” ma di tutta una serie di altri fattori che influiscono nella cultura e nelle scelte collettive (si veda “Vaccino e conflitti in Spagna e in Italia, appunti per un confronto” ) .

Temiamo che le scelte governative anziché isolare la minoranza di negazionisti e complottisti No Vax abbiano offerto loro altra acqua in cui nuotare, perché hanno ampliato la platea degli «esclusi»: persone vaccinate con vaccini non riconosciuti dallo stato italiano (soprattutto Sputnik), persone preoccupate per la propria salute che non hanno trovato adeguate rassicurazioni e infine chi ha scelto di opporsi al Green Pass «per principio» (magari dopo essersi vaccinato). 

Negli ultimi mesi sono avvenuti fatti di una gravità inaudita: l’assalto alla CGIL da parte dei fascisti, il blocco del porto, le manganellate e gli idranti a Trieste. E poi un’altra stretta repressiva: niente più cortei nei centri storici. Così i cortei No Green Pass e la risposta governativa ledono quell’agibilità di piazza tanto faticosamente riconquistata dai movimenti per la giustizia climatica a partire dalla primavera scorsa. 

La maggioranza della popolazione scarica la colpa di una disgregazione sociale giunta a livelli altissimi sulla minoranza No Green Pass. È una cosa sostanzialmente inevitabile. 

Il movimento No Green Pass afferma di lottare in difesa delle «libertà individuali». Ma vi è un mucchio di gente, che non pur non amando il Green Pass e il governo, si sente legittimamente attaccata nella propria libertà, in primis quella di sopravvivere fisicamente, soprattutto dalla diffusione dei messaggi No-Vax che ha trovato ospitalità e spesso possibilità di egemonia nelle piazze No Green Pass. 

Il vaccino è una misura di profilassi, di prevenzione, che per funzionare deve coinvolgere la maggiore percentuale possibile di una popolazione. Questo perché più persone si vaccinano meno circola il virus, meno i soggetti più fragili rischiano di entrarvi in contatto, meno c’è bisogno di continui richiami vaccinali. Anche senza stoppare la circolazione del virus al 100% la vaccinazione limita la circolazione del virus, evita o riduce l’intasamento degli ospedali e quindi garantisce maggiore sicurezza (e migliore qualità di vita) a chi è anziano, immunodepresso o ha patologie pregresse, eccetera.

Per questo la posizione No-Vax è abilista. È abilista anche nelle sue forme più blande tipo  «i vaccini fateli solo ai vecchi e malati, io sono sano» (posizione che del resto non tiene conto dei danni del Long Covid[7] riscontrati anche nei/nelle giovani). Il «Io sono sano! Io non ho bisogno del vaccino!» che è risuonato nelle piazze No Green Pass è una rivendicazione di orgoglio abilista, del tutto simile all’«orgoglio bianco» e all”«orgoglio etero». In molti casi chi la propugna è inconsapevole della gravità di ciò che dice, ma i loro slogan sentiti con le orecchie di chi ha qualche forma di disabilità fisica fanno incazzare comunque.

Hai voglia a dire «Uniamoci tutti vaccinati e non vaccinati», se vai in piazza con quelli e quelle che urlano «Io sono sano! Io non voglio contaminare il mio corpo sano con un vaccino che serve solo a voi sfigati malati, vecchi e disabili».

Oltre al taglio dei fondi alla sanità negli anni scorsi, bisogna anche considerare che il sistema sanitario non è capace di reggere senza la partecipazione della popolazione alle misure di profilassi collettiva come la vaccinazione (che tra l’altro deve essere garantita anche con una comunicazione istituzionale chiara ed efficace, cosa che è assolutamente mancata in questi quasi due anni). Affermare il diritto alla “libertà di scelta sulla vaccinazione” è incompatibile con la volontà di costruire una sanità pubblica, gratuita e di qualità per tutti e tutte; rimanda invece alle logiche di una sanità “iper-personalizzata” e quindi sostanzialmente apre le porte alla privatizzazione.

Ma soprattutto se uno ha bisogno di un posto in ospedale subito e lo trova occupato da chi non si è vaccinato odia loro, non i politici o i padroni. E se dovessero esserci nuove chiusure state pur certi che li odieranno anche tanti e tante lavoratori e lavoratrici, come ad esempio diverse maestranze dello spettacolo. Queste persone già oggi si sentono spesso vittime di una discriminazione classista attuata dai No Vax «garantiti».

Anche chi va in piazza con i No Green Pass parla di difesa dei propri diritti come lavoratore/lavoratrice. Ma questo non cambia la questione di una virgola. Quelle piazze  vanno a toccare  un tema così intimo come il rapporto con la malattia e il rischio di contrarla. Per questo, anche se qualcuno tenta di agirvi con le migliori intenzioni del mondo, non diventeranno mai piazze ricompositive delle differenti soggettività oppresse. Di fatto aumentano la disgregazione all’interno della società e deprimono la conflittualità contro il potere politico ed economico. 

Inoltre dal nostro punto di vista nessuna ambiguità è possibile. Nessuna tolleranza si può accordare a chi nega la pericolosità del Covid o l’utilità dei vaccini e persino quella delle mascherine, arrampicandosi sugli specchi per negare fatti che sono palesemente sotto gli occhi di tuttə (si veda il recente studio della FBK)[8].

A nostro parere il primo dovere rivoluzionario è combattere la disgregazione, spezzare questa catena di rancori, odi, recriminazioni che non lede affatto le posizioni del potere economico e politico ma che avvelena la vita delle persone comuni.

Come? Certo non lo si potrà fare dalla sera alla mattina, occorrerà tempo, pazienza e volontà.

Per prima cosa evitiamo di cadere nella trappola dell’«emergenzialità». Facciamo un ragionamento di largo respiro, un ragionamento volto alla costruzione di un’alternativa complessiva e articolata all’esistente. Considerare una battaglia decisiva l’opposizione al provvedimento emergenziale di turno è un errore strategico. Domani, tra un mese, tra un anno ce ne saranno altri. Va avanti così da oltre quarant’anni e andrà avanti così finché non inizieremo a  fare quello che la politica sembra incapace di fare: ragionare in termini di ricomposizione, ricostruzione del tessuto sociale e creazione di alternative concretamente praticabili.

E quindi ragioniamo non sul Green Pass, ma su come cambiare il contesto che ha portato al Green Pass. Usciamo dalle sterili contrapposizioni e cerchiamo di creare un fronte ampio non contro qualcosa, ma per conquistare davvero una società che tuteli la salute di tutti e tutte, nei suoi diversi aspetti. 

I temi che occorre affrontare nel breve e medio periodo sono svariati:

  • Occorre portare nelle piazze la richiesta dell’abolizione del brevetto sui vaccini anti-Covid, non usciremo dalla pandemia se non li si mette a disposizione dell’intera popolazione mondiale. Le politiche messe in atto dalle grandi potenze e i brevetti detenuti dalle aziende produttrici sono un ostacolo a questo obiettivo, come ha bene illustrato Vittorio Agnoletto all’ultimo Festival dell’Oltreconomia[9]. Una posizione che è condivisa anche da una voce autorevole sul tema come Walter Ricciardi[10]. E anche questo traccia una linea: se si pensa che i vaccini siano pericolosi non si può lottare perché l’umanità intera vi abbia accesso per la contraddizion che nol consente per dirla con Dante. Profilassi collettiva vuol dire profilassi globale, ovvero la vaccinazione più ampia possibile qui e nel resto del mondo.
  • Bisogna pretendere il potenziamento dei trasporti pubblici, insieme alla mobilità ciclo-pedonale. Vediamo tutti i giorni, soprattutto all’entrata e all’uscita dalle scuole, autobus, corriere e treni regionali stracolmi, come si può parlare di limitare i contagi in questa situazione? E non è forse stato abolito con un pò troppa fretta o smart working nel pubblico impiego?
  • Gli istituti scolastici vanno resi in grado di essere adeguati a qualunque quadro pandemico, affinché non si torni mai più alla DAD. E lo stesso vale per tutti i luoghi di socialità giovanile. Un’intera generazione ha già sacrificato un pezzo della propria adolescenza e non deve accadere mai più.
  • All’interno delle 33 ore previste per L’Educazione alla cittadinanza nelle scuole vanno inseriti percorsi sull’educazione al rapporto critico con le fonti di informazione e di educazione sanitaria-base.
  • Occorre affrontare il tema della medicina territoriale pubblica e di qualità, l’unica in grado di fare prevenzione e di creare un rapporto capillare di fiducia con la popolazione. È  il rapporto di fiducia medico/paziente l’arma più efficace per far giungere al grosso della popolazione quanto elaborato dalla “comunità scientifica”, su quello e sull’istruzione occorre investire se si vuole davvero combattere “l’antiscienza”. L’esitazione alla vaccinazione (che è diversa dall’essere ideologicamente No Vax) andrebbe affrontata principalmente su questo terreno.
  • Occorre fare tamponi in massa, non solo ai non vaccinati, in modo da monitorare e limitare al massimo la circolazione del virus e avere più dati possibili che consentano di capire come proteggersi al meglio.

Su questi temi crediamo occorra costruire un percorso di lungo periodo, cercare la connessione con chi ha le expertise adeguate e al contempo la mobilitazione diffusa, riconnettendosi con le lotte contro la crisi climatica.

Sappiamo che né la politica né l’opinione pubblica usciranno dal corto circuito emergenziale senza un lungo lavoro di elaborazione, organizzazione e mobilitazione. Invitiamo tutti e tutte coloro che vogliono contribuirvi a costruire un’ampia alleanza sociale su questi temi.

La pandemia non è affatto finita, alla disgregazione, all’incuria totale teorizzata dei No Vax e all’incuria parziale praticata del governo occorre rispondere con la lotta per la cura e la ricomposizione del tessuto sociale.

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Note:

[1] Invitiamo ad ascoltare l'intervista del professor Burgio su Radio Onda Rossa http://www.ondarossa.info/redazionali/2021/10/coronavirus-punto-prof-ernesto-burgio

[2] https://www.ildolomiti.it/politica/2020/se-il-capo-di-gabinetto-dellassessore-alla-cultura-e-allistruzione-bisesti-strizza-locchio-ai-complottisti-di-qanon

[3] https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/11/07/news/voghera_ex_assessore_lega_adriatici_omicidio_piazza_meardi_yous_el_boussettaoui-325388140/

[4] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/in-aula-non-si-corre-alcun-rischio

[5] https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2021/10/08/crisi-della-salute-mentale-ondata-di-disagio-da-pandemia_cdf3c6f0-6403-435e-8559-6af24b62e0fd.html

[6] https://www.globalproject.info/it/in_movimento/la-sanita-territoriale-dovra-essere-la-sanita-della-post-pandemia-intervista-a-giorgio-devigili/23642

[7] https://www.globalproject.info/it/in_movimento/vaccini-e-covid-alcune-cose-da-sapere-per-una-divulgazione-scientifica-al-di-la-dei-baroni-mediatici/23722

[8] https://www.ildolomiti.it/cronaca/2021/covid-19-in-italia-oltre-12mila-morti-in-meno-grazie-ai-vaccini-fbk-a-luglio-neutralizzato-effetto-variante-delta

[9] https://www.globalproject.info/it/in_movimento/non-ci-salviamo-se-torniamo-al-modello-che-ha-prodotto-questo-disastro-sanitario-e-sociale-intervista-a-vittorio-agnoletto/23670

[10] https://www.saluteinternazionale.info/2021/01/vaccini-ancora-sulla-licenza-obbligatoria/

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