Contro i tagli - Contro il debito - Per i Commons della cultura

Uniti Contro la Crisi

11 / 11 / 2010


Gli studenti, a Londra, assediano il quartier generale del partito di governo, reo di aver triplicato le rette universitarie. Il sistema dell’indebitamento per lo studio è definitivamente smascherato. Se, già prima del 2008, il debito andava a gonfiare le tasche della finanza, delle banche e degli speculatori, a maggior ragione oggi, nel mezzo della crisi, agli studenti inglesi risulta intollerabile doversi indebitare per decine di migliaia di euro. Soldi da restituire con gli interessi agli autori del disastro.
Ma Londra è così lontana dall’Italia? E’ vero che gli aumenti prevedibili delle rette nostrane non raggiungono gli 11.000 euro annui (come a Londra), ma il taglio delle risorse all’università pubblica (quantificabile in un miliardo e trecento milioni di euro, dunque non ripianabile dall’elemosina concessa in finanziaria) indica esattamente l’ipotesi dell’indebitamento da parte degli studenti. Un sistema inefficace (come dimostrano le crescenti insolvenze degli studenti in ambito anglosassone) e soprattutto ingiusto. Non sta agli studenti salvare gli speculatori. Come, del resto, non sta agli operai e ai precari.
Anche gli enti pubblici sono in agitazione, il crollo di Pompei, se volessimo affidarci ad una figura retorica, funziona da sineddoche, è esemplificativo dell’intero stato delle politiche culturali in Italia. 58 milioni di tagli al Ministero dei Beni Culturali, un miliardo e cento milioni sottratti agli enti locali, cento milioni al FUS e la percentuale nazionale di PIL dedicata alla cultura che scende ad un impresentabile 0,26 %.
Ciliegina sulla torta: l’assurda ingiunzione diretta a tutti gli enti pubblici di non stanziare, per l’anno prossimo, più del 20% della spesa effettuata nel 2009 per progetti culturali. Ed è incredibile che questo provvedimento vieti anche la spesa di fondi privati o reperiti comunque fuori dal settore pubblico.
Le immagini di Londra ci danno un’iniezione di ottimismo e segnalano la direzione. Anche in Italia questo governo deve cadere, ma non possiamo serenamente adagiarci su quello che verrà dopo. Lo sforzo di tutti deve essere quello di interpretare cultura e formazione come beni comuni, dunque, di dare vita ad una larga iniziativa popolare come è stato fatto per l’acqua.
Del resto questa è l’unica via per superare il mero mantenimento dello status quo, per sconfiggere le baronie accademico-culturali che hanno fatto scempio dei soldi di tutti. In fondo la posta in palio non è il ristabiliemento dell'ordinario, ma la costruzione di nuovi Commons.