Conflitto sociale e codice penale

Prime considerazioni e materiali dal convegno di sabato 14 marzo tenutosi all’università di Reggio Emilia, promosso dal laboratorio NoExpo cittadino

16 / 3 / 2015

In maniera ricca ed estesa il convegno “Conflitto sociale e codice penale” svolto all’università di Reggio Emilia nella giornata di sabato 14 marzo ci consegna un quadro di quei meccanismi adottati dalla magistratura per sanzionare e criminalizzare il conflitto sociale. Difficile riassumere in poche righe un convegno così complesso, la cui funzione si prefigura come stimolo per tutte quelle realtà che su questi temi vogliono ragionare per produrre in futuro azione politica. Rimandiamo quindi, per chi non ha avuto la possibilità di partecipare alla giornata all’ascolto delle relazioni, prendendoci qualche giorno per un elaborazione più completa.

Questo attacco nei confronti del conflitto sociale spicca, rispetto anche alla memoria storica dei movimenti, cogliendo la particolare specificità dell’epoca in cui viviamo dove il diritto e la norma nascono spesso lontano dai territori dove le leggi poi sono applicate, come è in effetti nell’Europa dell’austerity neoliberista. Sorgenti normative lontane ma come dire “effetti vicini”, molti degli interventi della giornata hanno sottolineato la ormai consuetudinaria sproporzione delle recenti condanne rispetto alla reale pericolosità e gravità dei fatti contestati, come l’anomalo utilizzo punitivo delle misure cautelari prima dell’inizio dei processi. La tendenza che spicca nel lavoro della magistratura è come l’attacco giudiziario sia funzionale alla gestione del contesto sociale, vero e proprio deterrente per qualsiasi velleità conflittuale. Proprio per questo balza agli occhi la decisa soggettivizzazione politica della magistratura italiana.

Un approfondimento è stato dedicato nel corso di varie relazioni alla pericolosità dell’estensione della definizione di terrorismo, fattispecie giuridica che comincia anche in Italia ad essere adattata e applicata nei confronti di quelle realtà in conflitto negli scenari più accesi del conflitto sociale. Interessante come in particolare dopo i fatti dell’ 11 settembre, e confermati dopo l’attentato alla sede di Charlie Hebdò, direttive europee in materia specifiche per eventi come attacchi con armi ed esplosivi, siano state tradotte in Italia in maniera fortemente interpretabile, comode ed applicabili ad orologeria anche e soprattutto in contesti connotati da forte tensione sociale. Il convegno non si è limitato all’analisi dell’antagonismo tra codice penale e conflitto sociale ma è spaziato su questioni calde come l’articolo 5 del piano casa Lupi, un articolo dai caratteri fortemente anticostituzionali che crea, oltre che una profonda ingiustizia, un vero e proprio conflitto istituzionale in materia di concessione della residenza. Spazio è stato dedicato all’analisi del filo che unisce repressione della conflittualità sociale e smantellamento delle tutele e del diritto del lavoro. Comune è stato nel corso delle relazioni e degli interventi nel dibattito finale la presa d’atto che se è vero che la legge è l’espressione giuridica dei rapporti di forza che regolano la società, oggi i movimenti sono in questo rapporto la parte debole. L’ attacco giudiziario e la produzione di norma a vantaggio degli interessi di pochi sono da leggere tenendo conto di questo rapporto sfavorevole. Da questo dato di realtà bisogna partire per stimolare parallelamente alle battaglie politiche trasformative dell’esistente, campagne per l’abrogazione di tutti quegli articoli del codice penale fortemente penalizzanti per gli attori sociali. Campagne che devono seriamente considerare la conquista di un amnistia come obbiettivo da praticare. Misura non solo utile dal punto umanitario per l’insostenibile situazione carceraria ma per dare dignità e legittimità a tutte quelle espressioni della politica di base che non trovano più spazio nelle forme istituzionali della politica.

Ci lasciamo dopo un seminario di questa portata sicuramente con idee più chiare su certi meccanismi repressivi, certi che se seppur fastidiosi e potenti mezzi deterrenti non sono sufficienti per limitare la voglia di cambiamento radicale per una piena democrazia finalmente libera dal parassitismo del capitalismo finanziario. Il cambiamento in questo senso si darà solo quando i rapporti di forza torneranno favorevoli al corpo sociale che finalmente si conquisterà sorgenti del diritto autonome dal contesto statuale oggi fortemente compromesso ed autoritario.

Questo convegno lo abbiamo costruito invitando quelle particolari figure di avvocati che ringraziamo per la disponibilità, non solo di oggi, e che ogni giorno lavorano per la libertà personale e collettiva di attori sociali e di tutte quelle persone che vivono nella marginalità espulse dalla sfera dei diritti.  

Conflitto sociale e codice penale - Diretta integrale

Avv. Paolo Cognini

Avv. Antonio Mumolo e Avv. Alessandra Scaglioni

Avv. Giuseppe Pelazza

Avv. Vainer Burani

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