Coltiviamo il gusto? Trentino, Expo e pesticidi

30 / 6 / 2015

L’ultima pubblicazione di Greenpeace “Il gusto amaro della produzione intensiva di mele” non lascia spazio a dubbi: il settanta per cento dei pesticidi utilizzati per irrorare i meleti hanno livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. L’intero rapporto è scaricabile dal sito di Greenpeace ed ha una valenza europea perché è il frutto di una analisi effettuata su campioni di suolo e acqua prelevati in ben dodici Paesi.

Il Trentino, in particolare la Val di Non, è uno dei luoghi interessati dallo studio. Non è la prima volta che la produzione delle mele marchiate Melinda, tanto famose da essere esportate in tutto il mondo, finisce sotto osservazione. 

Il comitato locale

I primi ad accorgersene sono stati alcuni abitanti della zona. Seriamente preoccupati dalle nocività e stanchi di vivere chiusi in casa a causa delle continue irrorazioni, si sono organizzati nel 2007 in un Comitato per il diritto alla Salute. Il percorso del comitato è cominciato con un lento lavorio a fianco della popolazione, puntando su una corretta informazione grazie ad esperti scientifici coadiuvati da medici ed agricoltori sensibili, molti dei quali hanno riconvertito la loro produzione abbandonando la chimica per pratiche ecologiche. Il merito del comitato è stato quello di portare sotto i riflettori un problema minimizzato dalle amministrazioni locali, dalle associazioni di categoria degli agricoltori e dalla politica provinciale. Come spesso accade ai comitati ambientali che toccano dei precisi interessi economici  – Melinda è un consorzio di 16 cooperative con fatturato annuo nel 2014 di 244 milioni di euro – le controparti non sono mai entrate nel merito, ma hanno utilizzato la strada delle delegittimazione e della dissuasione. Ad esempio APOT, l’Associazione Produttori Ortofrutticoli Trentini, ha querelato i rappresentanti del comitato per diffamazione e procurato allarme, accusa però archiviata dal Giudice.

I media 

Ci sono voluti anni di attività del comitato prima che gli organi di informazione locali iniziassero a porre più attenzione al tema pesticidi. Bisogna avere un certo coraggio per mettersi contro Melinda, un vero e proprio colosso con un marchio oramai conosciuto nel mondo e fieramente presente ad Expo. Ultimamente Renzi ne ha decantato le lodi durante la visita alle gallerie dove sono realizzati gli impianti più grandi al mondo di conservazione delle mele. Melinda appunto non ha piacere che attorno alla «mela perfetta» sia crei una cattiva reputazione, ma scoprire nel 2010 che i bambini della Val di Non presentavano valori nelle urine da metaboliti di pesticidi più elevati degli adulti e che gli stessi valori della sostanza attiva Clorpirifos etile (un insetticida organofosforico, considerato un DDT dei giorni nostri) erano 4 volte maggiori rispetto a quelli di riferimento della popolazione media, ha rotto il tabù. A fianco di pochi giornalisti indipendenti (ad esempio il mensile QT) ci sono state delle trasmissioni nazionali che hanno avuto eco anche nel sordo Trentino Alto Adige. Un esempio su tutte la puntata di Presa Diretta del 15.02.2015 (dal minuto 45:45) nel quale l’Ispra (Istituto superiore per la protezione per la ricerca ambientale) inserisce la verde provincia al primo posto nella classifica nazionale del maggior uso di pesticidi per ettaro.

Un’altra esplicativa inchiesta è quella di Veleni in Paradiso, il docufilm dei giornalisti Andrea Tomasi e Jacopo Valenti sul Trentino che non ti aspetti (dal minuto 27.50).

I medici 

Un fronte compatto nel dire che l’utilizzo dei pesticidi lede il diritto alla salute della popolazione è quello dell’ISDE, l’Associazione Medici per l’Ambiente. Nella tre giorni nazionale su «Ambiente Rischio Salute», organizzato dalla sezione trentina insieme all’Assimas (Medicina ambiente salute) lo scorso fine settimana a Levico Terme, il tema degli agrofarmaci ha trovato ampio spazio, confermando che l‘attenzione sulla Val di Non è sempre costante. Lo scopo del convegno era sensibilizzare ed informare tutti gli operatori sanitari mettendo a fuoco il ruolo dell’ambiente e degli agenti inquinanti (insetticidi, pesticidi, coloranti, conservanti, ftalati, materie plastiche, metalli pesanti, muffe, elettrosmog ed altro ancora) come causa rilevante di molte patologie croniche (diabete, malattie cardiovascolari, morbo di Parkinson, sclerosi multipla ed altre) e delle cosiddette patologie emergenti (MCS, CFS, FM, ES), fornendo gli strumenti per capire la causa stessa delle malattie. Un convegno al quale hanno partecipato relatori nazionali ed internazionali che hanno dimostrato su basi scientifiche l’importanza delle cause “ambientali” nel determinare le patologie croniche, promosso con l’intento di spronare gli operatori sanitari a intervenire attivamente e in prima persona non solo a livello terapeutico, ma anche e soprattutto preventivo.

Le risposte politiche 

C’è da aspettarsi che anche il rapporto di Greenpeace non sortirà alcun effetto. Molto probabilmente i più interessati alla lettura saranno l’APOT o il nuovo direttore generale di Melinda per verificare se il contenuto verrà utilizzato dal comitato per allargare il campo di battaglia. Il precedente manager Luca Antonio Granata, dopo 12 anni di Melinda e un passato nella DuPont Italia, multinazionale che produce pesticidi, ha rassegnato le dimissioni in maggio per trasferirsi in Emilia Romagna e rilanciare a suon di marketing (e pesticidi?) la pericoltura. Difficile pensare che lo leggerà l’assessore all’agricoltura della Provincia Autonoma di Trento, il veterinaio Michele Dallapiccola. Del resto l’assessore era già intervenuto sul tema contestando i dati di Presa Diretta, mentre ad inizio anno, intervenendo al convegno “Coltivare la sostenibilità” della Cooperazione Trentina patrocinato da Expo 2015, aveva dettato le priorità del suo programma. Le sue parole non lasciano dubbi: l’agricoltura biologica in Trentino è un mercato di nicchia, occorre perciò puntare ad allargare il mercato del marchio «made in Trentino» (agrochimico, aggiungiamo). In altri termini significa che l’urgenza non è quella di riconvertire ecologicamente la produzione ed abbandonare progressivamente l’uso di pesticidi, ma continuare ostinatamente in un modello di produzione nocivo che non ha futuro. 

Lo hanno capito bene i cittadini di Malles in val Venosta, altra terra delle mele, che l’anno scorso hanno promosso e vinto un referendum popolare che ha sancito l’addio all’agricoltura intensiva. O i tanti contadini che hanno scelto di coltivare senza utilizzare prodotti chimici ritornando ad una agricoltura non schiava di una mera logica produttivistica. Episodi concreti che testimoniano come i cittadini hanno già acquisito una chiara consapevolezza delle relazioni che intercorrono tra Ambiente e Salute.

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