Cologna Veneta. Il far "west" dei diritti nell'est veronese

Il Nordest dell'efficienza e dell'imprenditorialità autonoma, ma anche del lavoro schiavile e delle nuove servitù è anche il nordest della ribellione dei precari

27 / 1 / 2011

Questa vicenda racconta che cos'è il Nordest.

Il Nordest dell'efficienza e dell'imprenditorialità autonoma, ma anche del lavoro schiavile e delle nuove servitù.

Ma c’è anche il Nordest della ribellione dei precari contro il far west dei diritti.

14 giovani donne, marocchine, ganesi, ivoriane, determinate a reagire ai soprusi, alle intimidazioni quotidiane,alle paghe basse, insomma allo sfruttamento sul lavoro.

Sono dipendenti della azienda agricola S.Sebastiano di Cologna Veneta, est veronese, che le impiega per la lavorazione delle verdure da rivendere poi ai supermercati, belle pronte, lavate, pulite, impacchettate.

Per questo le fanno lavorare 15 ore al giorno e anche più, anche la domenica, per 11 mesi all’anno, anche se hanno un contratto formalmente a tempo determinato; ma superano le 180 giornate lavorative alla’anno che trasformano quindi quel rapporto di lavoro in tempo indeterminato.

Devono sostenere questi ritmi anche quando sono in gravidanza, quando hanno a casa un figlio disabile da accudire, quando stanno male per la stanchezza o per il freddo; lavorano in ambienti non riscaldati, con le mani in grandi vasche piene di acqua fredda. Ma non c’è tregua, bisogna “finire l’ordine”. I clienti non aspettano.

Lavorano 15 ore al giorno e, dice l’azienda, vengono pagate 5 euro l’ora; per il contratto collettivo dovrebbero avere 6.80 l’ora, senza contare straordinari e i festivi, che non pagano, per non parlare dei contributi.

Tempo di lavoro rubato, tempo di vita rubato, nel ricco Nordest, non a Rosarno.

Nello scorso novembre chiedono che gli vengano pagati i tre mesi di stipendio arretrati. Il paron cosa risponde? Andatevene, se protestate , se non vi va bene, quella è al porta. E le caccia via.

Si ribellano, chiedono l’assistenza del sindacato USB, parte la lotta. Bloccano l’azienda, le merci non entrano e non escono, 14 giovani donne contro tutti, contro il clima ostile di chi non vuole rivendicazioni sul territorio, contro i tentativi di violenza – più volte con auto e trattori cercano di forzare il blocco e alla fine un grosso Suv investe una di loro- contro le intimidazioni.

Ma loro denunciano , ai Carabinieri, alla Polizia Municipale, ai giornali, non hanno più paura.

Partono le trattative- chiedono un contratto a tempo indeterminato cui hanno diritto e il pagamento delle retribuzioni sottopagate, decine di migliaia di euro e testa.

Il paron non ci sta, e i blocchi riprendono, due giorni prima di Natale, interrompendo  i flussi di merci per le feste, poi ancora la settimana scorsa, interrompendo le forniture per i saldi , per cinque giorni ininterrotti, al freddo, accampate davanti ai cancelli.

L’azienda è ferma, attonita, 14 donne hanno fermato il paron che si credeva onnipotente, che non voleva trattare.

Invece tratta. Ieri l’azienda ha ceduto: ha chiesto aiuto a un nuovo imprenditore che appalterà il lavoro e stipulerà il contratto a tempo indeterminato. E, tra qualche giorno, si tratterà per i soldi del pregresso.

Il verbale di accordo viene firmato, il blocco è tolto, lunedì ricominceranno a lavorare.

Ma prima, tutte allo sciopero del 28 gennaio, compatte, determinate e libere.

Dice Ibtissam, “ quando sono andata all’Inps e ho verificato che non mi pagano i contributi, mi sono vergognata di me stessa”.

Ora sono libere perché hanno scelto di combattere il far west, come i fratelli precari della Tunisia, di Londra, del Cairo e del 14 dicembre a Roma.

Ora sono una posse precaria e selvaggia, “ the hand on the trigger of their guns”.

Usb lavoro privato Verona e Monselice, su ispirazione di Saida, Rachida, Ibtissam, Bahija, Alima, Nadia, Saadia, Malika, Zanabou, Marian, Karidia, Fatou, Aminata, Saran