#civediamoinautunno #civediamodappertutto

Invito all’assemblea di movimento per un semestre europeo delle lotte domenica 29 giugno h.14 Sherwood Festival Padova

23 / 6 / 2014

ENGLISH VERSION

La decisione, condivisa con Van Rompuy, di posticipare ed eventualmente trasferire altrove il summit dei capi di governo dell’Unione Europea sull’ “occupazione giovanile” dimostra che, sul piano della governance europea, Renzi e con lui le élite continentali hanno intenzione di fare sul serio.

L’11 luglio a Torino, infatti, non si potevano permettere due cose.

Primo, di mostrare apertamente che non sussistono ancora le minime condizioni istituzionali, politiche e materiali per tracciare una prospettiva di “superamento” dall’alto, o quantomeno di “mitigazione” delle politiche di austerity che hanno segnato il panorama europeo negli ultimi quattro anni. Infatti, le posizioni di vertice delle istituzioni comunitarie non sono ancora definite, privando la dimensione inter-governativa di interlocutori fondamentali; dopo i risultati elettorali, i rapporti di forza all’interno della socialdemocrazia europea e tra lo stesso PSE e i Popolari sono ancora in via di assestamento; le manovre di Draghi nelle scorse settimane sui tassi d’interesse risultano ancora insufficienti a qualificare un ruolo nuovo della BCE in politiche monetarie che diano un po’ di ossigeno alle economie europee.

Secondo, di subire, sul terreno dell’ “ordine pubblico”, un’iniziativa di mobilitazione dal basso dei movimenti sociali europei che si preannunciava particolarmente ampia e determinata nella contestazione del summit. Insomma i capi di governo della UE, a fronte di un insuccesso annunciato, hanno rinunciato per il momento a una ribalta mediatica che avrebbe potuto rivelarsi controproducente, per lavorare invece dietro le quinte alla costruzione di una nuova fase di governance, i cui tratti fondamentali iniziano ad apparire già chiari. Il punto è, per questa ipotesi incarnata dalla guida Renzi, tradurre i rapporti di forza sociali determinati da quattro anni di austerity in modificazioni strutturali del modello economico-produttivo e della cornice di comando sul lavoro vivo che le accompagna, recuperando al tempo stesso quel consenso sociale e quei margini di manovra che la rigidità di politiche recessive aveva drammaticamente ridotto. Nessuna fuoriuscita dal paradigma della finanziarizzazione, anzi, e dal carattere strutturalmente parassitario e anti-egualitario di una rendita capitalistica applicata con violenza all’intera società, ma definitiva distruzione/ristrutturazione dei sistemi di welfare, precarizzazione dei rapporti di lavoro e dell’intera vita, utilizzo dell’impoverimento di massa come principale leva di ricatto e dominio sociale. Il semestre di presidenza italiana della UE, al di là della rinnovata retorica della “crescita” che l’accompagnerà, servirà proprio a mettere a punto questa ipotesi per il “post-austerity”.

E noi? Crediamo che i movimenti sociali, in Europa, debbano fare altrettanto sul serio.

Almeno provarci. Le iniziative decentrate del “may of solidarity” e tutto ciò che si era messo in moto verso Torino – così come la vitalità dei conflitti diffusi ai quattro angoli del Continente, dalle lotte dei lavoratori della logistica, a quelle di migranti e rifugiati contro i confini, a quelle delle comunità territoriali contro le grandi opere – dimostrano che si sta finalmente definendo uno spazio comune di azione sociale e politica in Europa, naturale e immediato antagonista della gestione capitalistica della crisi che sta riorientando la sua governance. E che è questo il terreno d’iniziativa su cui dobbiamo insistere, assumendo la ricca eterogeneità delle nostre esperienze come base su cui costruire un’agenda di mobilitazione condivisa, e autonoma dal calendario istituzionale, in cui le ragioni e la forza dei conflitti sociali costituenti in Europa possa trovare adeguata e potente espressione. Dobbiamo provare a lanciare, e a far vivere dentro ogni singola battaglia locale, un semestre europeo delle lotte che sappia allargare, generalizzare e praticare le rivendicazioni di reddito e diritti, beni comuni e libertà di movimento, che già costituiscono altrettanti terreni condivisi d’iniziativa. Dobbiamo provare ad immaginare come quest’agenda possa anche riuscire a tradursi – dalla metà di ottobre - in una o più giornate di sciopero pan-europeo, sociale e metropolitano, capace di bloccare ovunque attività produttive e riproduttive, di invadere simultaneamente strade e piazze, di far vivere nelle pratiche di lotta una possibile radicale alternativa.

L’assemblea di domenica 29 giugno a Sherwood Festival vuole essere un’occasione, immediatamente transnazionale, di confronto aperto a chiunque sia interessato a queste proposte di discussione e di mobilitazione. La prima di molte altre, dalle giornate dell’11/13 luglio al campeggio in Val Susa all’incontro di settembre della coalizione Blockupy, che, promosse da diversi soggetti, dovranno costituire altrettante tappe di costruzione dal basso di un semestre europeo delle lotte, capace di far male sul serio a chi vorrebbe scrivere il nostro futuro senza di noi.