C'ero anch'io sui sentieri di
Ramats lo scorso tre luglio e la sera sono rientrato incredulo di fronte
all' aggressione irresponsabile delle forze dell'ordine ai
manifestanti, saliti in montagna per una sacrosanta protesta in risposta
allo sgombero della Libera Comunità della Maddalena, avvenuto solo
pochi giorni prima. Salendo in fila e respirando quell'inebriante aria
di montagna e di resistenza nei confronti di un potere arrogante e
irrazionale, guardavo quei ragazzi, dell'età delle mie figlie e dei miei
studenti.
Ero fiero, come cittadino
attivo, di vedere la loro partecipazione indignata da cittadini, agli
antipodi di quella trasformazione in consumatori docili ed in
carrieristi pronti ad ogni compromesso in cui da anni le riforme della
scuola e dell'università tentano di trasformare i giovani occidentali,
vittime designate del crollo della società opulenta. Attraversando le
stradine del piccolo borgo e soffermandoci a bere ad una fontana che, a
causa del traforo autostradale, offre acqua meno buona di un tempo, mi
avevano colpito le signore che, sporgendosi sui balconi, ci
ringraziavano per il nostro impegno per quella loro valle che da sempre è
stata anche la mia valle.
Poi, in serata, la visita
all'ospedale di Susa, il ritorno a Torino e il lavoro politico insieme
alla Fiom per una grande fiaccolata, che per la prima volta era aperta
da un cartello a me carissimo: No Tav Bene Comune. Venticinquemila
persone, in massima parte torinesi, la solidarietà di tanti movimenti in
lotta, da quello per l'acqua pubblica agli occupanti del Teatro Valle
di Roma, a dimostrazione che il No Tav non è un movimento Nimby ma che
invece sa far parte, a tutti gli effetti, di quella grande rete per i
beni comuni che sta riuscendo ad organizzarsi (tappa importante domani a
Napoli) per salvare il nostro paese dallo schianto cui lo condannano le
politiche prone ai diktat del potere finanziario globale. Pochissimo
dopo quel 25 luglio si scatenava la reazione contro la "primavera
italiana" e contro il tentativo di ricominciare dai beni comuni: un
tentativo di cui il movimento No Tav, con il suo rispetto certosino per
il territorio è e resta parte integrante.
L'attacco alla legalità e il tentativo di obliare il senso politico delle lotte di primavera
iniziava ad agosto con un susseguirsi di provvedimenti di
pseudo-urgenza che ancora in troppo pochi ci sgoliamo per denunciare e
per chiamare con il loro nome: emergenza democratica! La
militarizzazione del cantiere Tav ci ha consegnato un messaggio forte e
chiaro: per spartirsi quel bottino si è pronti a tutto. Ieri mattina la
retata, volta a criminalizzare e intimorire non certo il solo movimento
No Tav, che subisce questa sorte da vent'anni, ma proprio quel dissenso,
quella solidarietà, quella cittadinanza attiva che lega in una sola
lotta per i beni comuni le tantissime vertenze aperte sul territorio da
chi rifiuta la logica dello stato di eccezione. Pratiche autoritarie che
ci fanno piombare in un'emergenza democratica ancor più preoccupante
ogni volta che la magistratura tiene bordone all' esecutivo.
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