Chiudiamo l'Ater, per una nuova politica abitativa

Un contributo sulla questione abitativa a Padova e in Veneto, verso la manifestazione regionale contro Ater sotto al Palazzo della Regione Veneto (sabato 28 settembre)

20 / 9 / 2019

«Troppe case senza gente, troppa gente senza case». È uno slogan che ripetiamo da anni, ma che potrebbe sintetizzare tranquillamente ciò che avviene a Padova, in Veneto e nel resto del Paese, dove la situazione abitativa è in costante peggioramento. La privatizzazione ininterrotta di Welfare pubblico si intreccia con le esigenze di speculare sempre di più sul patrimonio immobiliare da parte della rendita urbana.

Da anni, come giovani precari, cerchiamo di combattere la malagestione delle case popolari e gli sfratti. A Padova l'abbiamo fatto cinque anni fa con la rete di ASC le Assemblee Sociali per la casa e ora trammite lo Sportello Meticcio - nato dalla cooperazione tra il sidacato di base Adl Cobas, il Centro Sociale Pedro e il Quadrato Meticcio - per dare sostegno a chi in quartiere ma non solo, ha problemi abitativi

Siamo passati da svariate occupazioni, fino a ritrovarci nella palazzina di via Melette, anno di costruzione 1949 e da quell'anno quasi mai ristrutturata. La struttura si trova in un quartiere popolare di Padova, il Palestro, ed è composta da 11 appartamenti di cui 4 assegnati a signori anziani e il resto in vendita all'asta, questo almeno fino all'occupazione.

Fin da subito abbiamo ricevuto la solidarietà degli altri inquilini, lasciati da anni a loro stessi grazie all'incuria di Ater (Azienda territoriale per l'edilizia residenziale) che dovrebbe proprio occuparsi della manutenzione degli stabili. La stessa azienda che con la regione in questi mesi ha varato una legge che ricalcola i canoni d'affitto partendo dall'ISEE-ERP, causando un sensibile aumento per chi ha messo via i propri risparmi, con la scusa di scovare qualche “furbetto” che abita in case popolari senza averne i requisiti.

Dopo l'approvazione di questa legge abbiamo organizzato i vari inquilini tramite i vari sportelli sociali presenti in città dando vita a mobilitazioni costanti sotto la sede di Ater, fino a organizzare un'assemblea regionale per lanciare una manifestazione sotto al palazzo della Regione Veneto, che si terrà il prossimo 28 settembre. Bisogna far sentire alla Lega e ad Ater che i veri furbetti sono loro.

Ricordiamo l'operazione Pantano nel 2013, quando la Guardia di Finanza di Padova portò allo scoperto un sistema di corruzione, turbativa d'asta e abuso d'ufficio per i bandi di gara del Comune, di Ater e non solo.

Per non parlare della vicenda del teleriscaldamento nel quartiere Palestro, dove decine di famiglie si ritrovano bollette da centinaia di euro a causa delle perdite dell'impianto mai messo a norma.

Senza tenere conto delle centinaia di case lasciate vuote a marcire in tutta la regione; solo nel nostro quartiere ne contiamo una quarantina, alcune messe all'asta per due spiccioli, tanto da arrivare a casi dove l'affitto di un privato arriva a costare meno dell'affitto di chi è assegnatario.

Per quale motivo Ater dovrebbe mettere in vendita gli immobili, se c'è ci sono centinaia di famiglie bisognose in graduatoria?

Per quale motivo aumentare gli affitti delle case popolari se poi non avviene una manutenzione ordinaria degli stabili, spesso molto fatiscenti?

Per quale motivo Ater esiste ancora se al momento con le sue politiche non fa che aumentare il mercato immobiliare privato oltre che quello pubblico?

A queste domande noi abbiamo sempre cercato di dare una risposta pratica: l'occupazione, come strumento diretto di riappropriazione di un bene svenduto che dovrebbe essere collettivo. Ma l'occupazione non è solo questo: è soprattutto un nuovo modo di vivere. In un mondo dove lo schema imposto è quello di un indebitamento costante e “senza fine” e di una vita all'insegna della precarietà, ci vengono proposti finanziamenti per studiare e raggiungere un titolo di studio, mutui per provare a comprarsi una casa. Ci vengono richieste garanzie quando le proposte lavorative prevalenti sono quelle di stage e tirocini (magari meglio se non pagati). Ci viene imposto di essere consumatori, ma ci è vietato di vivere le nostre città. Per questo la tendenza è quella di essere sempre più individualisti e competitori, di guardare solo al proprio “mini appartamento“, restandoci chiusi dentro in nome della sicurezza. 

C'è però chi crede ancora nella collettività, nel lavoro cooperante, in un modo di vivere che «cambi il sistema», che crei relazioni, reti di mutuo aiuto e condivisione di battaglie comuni. Il tutto tutelando l'ambiente in cui si vive e l'ecosistema in un senso più ampio.

Ed è proprio l'ambiente la chiave di tutto questo: anche nella nostra città stiamo vedendo come i vari piani di gentrificazione stanno dando via alla cementificazione selvaggia (Padova è sesta nella classifica delle città italiane con maggior consumo di suolo). Si creano supermercati e cosiddette “abitazioni di prestigio” dagli affitti spropositati, come se non esistessero i milioni di giovani che in tutto il mondo stanno reclamando un reale cambio di rotta. Le politiche urbane assomigliano alle scelte di un automobilista che preme l'acceleratore nonostante il muro che ha in fondo alla strada. Gli ormai noti presidi dei venerdì di Fridays for Future hanno toccato più volte il problema abitativo, avallando l’autorecupero degli immobili o la riforestazione dello spazio urbano. Ma ancora una volta la governance locale si dimostra legata al solito mito della crescita, in questo caso magari travestito da politiche green.

Dalle case al clima quindi c'è un solo appello da fare: se vogliamo salvare il pianeta e i nostri diritti non possiamo affidarci alle scelte della politica, globale o locale che sia. È necessario davvero immaginare e costruire il futuro a partire da noi stessi, dalla nostra capacità di creare movimenti reali, da chi si riprende le strade e il tempo, da chi ogni giorno lotta per i diritti e la dignità di tutti, da chi ha il coraggio di sfidare leggi ingiuste per portare vera equità sociale.

Per questo crediamo sia importante nella battaglia per il ritiro della legge regionale Erp, ma chiediamo anche un'altra cosa: la chiusura di Ater. L’ente è diventato il classico “carrozzone“, obsoleto nelle sue stesse funzioni in quanto non in grado di gestire il patrimonio residenziale pubblico. A questo deve accompagnarsi l'adozione di una nuova politica abitativa. Una politica che deve tener conto dei giovani studenti e precari in difficoltà, di chi è uscito dai percorsi di accoglienza in seguito al DL Salvini e che soprattutto valorizzi le esperienze di autorecupero e le occupazioni in quanto forme di riappropriazione dal basso di beni comuni.