Cesare deve morire

Diaz. La Cassazione conferma le condanne per i vertici di Polizia.

5 / 7 / 2012


La quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato le condanne d'appello inflitte ai vertici della Polizia di Stato per il reato di falso, prescrivendo le lesioni per gli altri agenti sotto processo, i pochi identificati tra gli autori del massacro praticato all'interno della scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001. Il dato rilevante di questa sentenza definitiva, che giunge a 11 anni di distanza dai fatti, non sta nella messa in chiaro delle responsabilità dei vari anelli della catena di comando, politica e militare, debitamente protetta da un salvacondotto giudiziario da sempre in vigore, quanto nella inderogabile applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni disposta dai giudici dell'appello. Il che materialmente comporta la rimozione dai vertici del Servizio Centrale Operativo, della Direzione Centrale Anticrimine, del Servizio Segreto Civile e via enumerando i luoghi di massimo potere del ministero dell'interno i noti Caldarozzi, Gratteri, Luperi, Mortola, Canterini e camerati vari.

Abbiamo chiesto a caldo un commento a Laura Tartarini, avvocato di parte civile e difensore di numerosi tra gli attivisti coinvolti nelle inchieste giudiziarie seguite ai fatti di Genova.

“Ciò che mi ha colpito di più nell'immediatezza della sentenza è che una testata come il Corriere della Sera concentri la propria attenzione sugli ipotetici meriti di servizio degli uomini ai vertici della Polizia, elencandone i successi recenti, invece di dare il dovuto spazio all'accertamento delle loro responsabilità. Che non vanno riferite solo alla notte della Diaz, ma comprendono un sistematico atteggiamento di occultamento della verità che si è reso evidente per tutta la durata dei processi. Un atteggiamento da banda armata più che da segmento di apparato dello Stato, protetto dalla posizione assunta dall'Avvocatura. Non si è registrata alcuna frattura nei confronti delle loro responsabilità, al contrario una sorta di consolidamento della solidarietà. Il Viminale ha assunto una posizione completamente diversa, per intendersi, da quella presa durante il processo per la strage di Ustica contro funzionari inadempienti. Si è sottratto l'allora capo della Polizia De Gennaro a ogni sua responsabilità, appiattendosi su una difesa aprioristica dei vertici dello SCO e dell'operato del Viminale. Ora però la preoccupazione maggiore riguarda la sentenza prevista per il prossimo 13 luglio contro i manifestanti ancora sotto processo per devastazione e saccheggio. E' incredibile che si possano mantenere condanne fino a 15 anni di reclusione per danneggiamento di oggetti: auspichiamo che dopo 11 anni da quelle vetrine rotte la Corte giudichi con maggiore serenità e che, semplicemente, sia fatta giustizia. E ancora che finalmente inizi una riflessione sui comportamenti delle nostre polizie, che dai fatti di Genova non sono per niente cambiati, come episodi di cronaca anche molto recenti stanno a testimoniare”.

Noi come Laura Tartarini pensiamo che il punto stia proprio qui. E' inaccettabile uno Stato che anche in sede processuale spiega le sue ragioni giustificando i propri crimini per il bene di Roma. Quello commesso alla Diaz è stato un delitto efferato, lucidamente pianificato ed eseguito per giustificare agli occhi del mondo l'operato di quattro corpi di polizia trasformati in esercito da guerra interna impegnato unicamente a massacrare persone inermi, quand'anche fossero anziani, donne o padri con il figlio al collo. Un crimine immediatamente riferibile al Viminale, il cui addetto stampa aveva convocato i giornalisti fuori dalla scuola ancora prima dell'irruzione. Una colpa del potere esecutivo impegnato cinicamente in prove tecniche di regime. Che quei pochi responsabili subito promossi e oggi assai lautamente retribuiti siano rimossi dai loro incarichi è il minimo. Ciò che ci aspettiamo è che agli attivisti ancora sotto processo sia riconsegnata per intero la loro libertà. Ma soprattutto che sia revocata la delega che consegna alle nostre quattro polizie il ruolo di unico risolutore dei conflitti sociali. Rendendole irriconoscibili nell'uso criminale della forza, intoccabili nell'arbitrarietà delle regole di ingaggio, impunite nell'uso di armi proibite, ingiudicabili perché il reato di tortura nel nostro paese non esiste. Per questo continueremo a batterci.