Un messaggio per il Governo Danese portato oggi da quaranta attivisti al Console Onorario Danese a Venezia

C'è del marcio in Danimarca: un messaggio al Governo Danese

di rete Ci Vediamo a Copenhagen

6 / 11 / 2009

[English Version]

[ appello "Ci Vediamo a Copenhagen" ]

Oggi una quarantina di attivisti della rete Ci Vediamo A Copenhagen hanno portato un messaggio per il Governo Danese al Console Onorario a Venezia, accogliendo l'invito alla mobilitazione internazionale lanciato da Copenhagen dagli attivisti di Climate Justice Action.

Infatti, in vista delle mobilitazioni di Dicembre, il Governo Danese sta bruciando le tappe per approvare un "pacchetto sicurezza" che inasprisce le pene pecuniare e detentive (12 ore di fermo preventivo, 40 giorni di carcere per "disturbo" delle azioni di polizia, pene pecuniare moltiplicate per 5). Siamo andati a spiegare al Console Danese perché questa sia una vergogna inaccettabile in un paese democratico, come riportiamo di seguito; oltre, naturalmente, al più semplice dei messaggi, ovvero your mission has not been accomplished: non ci avete indimidito.

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Tra un mese, a Copenhagen, da ogni parte del mondo si riuniranno 20000 delegati per il più grande vertice ONU di sempre sui cambiamenti climatici.
L'enorme attenzione che questo vertice sta catalizzando su di sé è proporzionale all'importanza epocale di questo passaggio e delle implicazioni globali che esso determinerà: la crisi ecologica, la crisi del rapporto fra l'attività produttiva energivora e le risorse naturali comuni e dell'accesso ad esse, si svela essere il nodo fondamentale attorno al quale si svilupperanno gli scenari futuri, di vita e di conflitto.

È già chiaro come intendono agire le lobbies mondiali dell'economia energivora, della crescita esponenziale del (loro) profitto e del consumo: cercando di  contrabbandare come soluzioni del problema ogni trucco del mercato delle emissioni, dell'offset del carbonio, della capitalizzazione degli assets naturali rimasti. La mira dichiarata è ottenere ogni e qualunque possibilità di mantenere il business as usual, di rimandare il più possibile la ristrutturazione dell'apparato produttivo, di nascondere la necessità di confrontarsi realmente con l'impossibilità di mantenere l'attuale pressione antropica sulla biosfera – pressione determinata non da esigenze di vita e benessere ma da quelle del profitto senza limite.

A fronte di questa prospettiva – che vede come naturali alleati i governi di grossa parte del mondo, essendo finalmente saltate le false retoriche di chi pensa che la latitudine di un governo ne determini immediatamente l'azione – decine di migliaia di donne e uomini da tutto il mondo andranno a Copenhagen, autonomamente, per costruire e dare forza e legittimità ad uno spazio politico da costruire insieme a quelle migliaia di delegati che già annunciano battaglia all'interno del vertice ONU, rappresentando all'interno della conferenza le mille contraddizioni e conflitti che avranno luogo in quei giorni.

Forse è per questo che Yvo de Boer, massimo responsabile ONU per i cambiamenti climatici, ha annunciato ieri a Barcellona che “i tempi non sembrano maturi per raggiungere accordi stringenti a Copenhagen; probabilmente servirà un altro anno di dialogo”; si arriverà così vicini al 2012, ovvero alla deadline per gli unici vincoli legalmente stringenti per la riduzione delle emissioni (derivati dal protocollo di Kyoto).

Tutto questo è un gioco che non possiamo tollerare e saremo a copenhagen insieme ad altre migliaia di attivisti per non permettergli di giocare indisturbati con il futuro della vita sul pianeta. Saremo a Copenhagen anche to Reclaim The Power  di decidere del futuro globale, com'è il titolo della manifestazione prevista per il 16 Dicembre.

Ciò evidentemente preoccupa il Governo danese che sta procedendo a tappe forzate verso l'approvazione di leggi speciali per la repressione delle manifestazioni di piazza e per la soppressione di fatto del diritto civile di dissenso e disobbedienza.
Fondamentalmente il contenuto del pacchetto di legge è semplice: oltre a moltiplicare per 5 (ragiungendo quindi importi per centinaia di euro) le sanzioni pecuniarie esistenti e a portare la detenzione preventiva da 6 a 12 ore, 40 giorni di galera saranno comminati – con un iter giuridico viziato e oscuro – per “disturbo dell'azione” di polizia, vigili del fuoco, vigili urbani, eccetera. Data la totale discrezionalità nel decidere cosa sia un “disturbo” è evidente lo scopo intimidatorio e repressivo di queste misure: disturbo sarà essere nel posto giusto al momento giusto, disturbo sarà non essere d'accordo con la polizia quando dichiarerà finita una dimostrazione, disturbo sarà non collaborare con la polizia o chiunque sarà schierato a blindare il vertice.

È strano (o forse no?) vedere un governo democratico di una nazione civile e giuridicamente molto avanzata preoccuparsi di mettere in galera migliaia di attivisti invece che, magari, i rappresentanti di quelle companies che affondano le navi cariche di scorie e o i rappresentanti di quei governi che nascostamente tollerano queste operazioni.

Ci vediamo tutti a Copenhagen, quindi, per nulla intimiditi, anzi semmai ancora più determinati a reclamare la nostra indipendenza dalle loro logiche di profitto sviluppista.

Tutto questo oggi abbiamo detto al Console Danese che ci ha ricevuto a Venezia, chiedendoli di inoltrarlo al Governo Danese insieme ad un messaggio molto semplice: ci associamo alla petizione internazionale contro la vergogna antidemocratica di queste misure restrittive che non hanno altro scopo che quello di impedire l'esercizio pacifico ma senza compromessi del diritto di disobbedire e reclamare il potere di decidere al di fuori delle logiche del capitale.

Un messaggio inviato oggi, quando mancano esattamente 40 giorni all'azione di disobbedienza civile: 40 giorni in cui noi, esseri liberi, continueremo ad organizzarci per portare a Copenhagen la nostra passione e la nostra intelligenza.

                           Attivisti della rete civediamoacopenhagen

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Un messaggio al Governo Danese