Campagna d'oriente

La politica estera italiana tra Afghanistan e Israele

15 / 2 / 2010

Distratti dalle “ripassate” di cui è stato gratificato il megagalattico ma stressato Bertolaso nell’accogliente Salario Sport Village e dalle schifose risate degli imprenditori suoi complici a ogni scossa di terremoto, rischiamo di non accorgerci dei guai internazionali in cui si sta ficcando l’Italia. E non parliamo naturalmente delle gaffes haitiane, pur così rivelatrici, del nostro ripassatore e protettore civile, ma delle estemporanee e sconnesse iniziative mediorientali di Berlusconi e del suo zelante portavoce Frattini. Hanno cominciato con il precipitarsi a spedire altri mille soldati in Afghanistan, proprio nel momento in cui Karzai si imponeva con le frodi elettorali e avviava ambigue trattative con i talebani al solo fine di mantenersi al potere. Le crociate contro il burqa vengono scatenate in Italia, ma il burqa non viene toccato laddove si insediano i nostri militari! E si tratta di ben altro che di un vestito, dato che Karzai fa strame dei diritti delle donne e tenta di usarli come merce di scambio (insieme a denaro e droga) per legittimarsi agli occhi dei suoi nemici integralisti più moderati. Tenta, con tanto di benedizione Nato, ma finora senza successo.

Per ingraziarsi gli ospiti israeliani (armati fino ai denti di ordigni atomici) Berlusconi a Gerusalemme si è scagliato contro la (supposta) pretesa iraniana di dotarsi di armi consimili e il concreto loro progetto di costruire centrali nucleari –­progetto legittimo quanto discutibile, al pari di quanto sta facendo il governo in Italia, scavalcando le regioni e l’opinione pubblica. Per rafforzare la condanna Berlusconi ha proclamato l’interruzione di ogni nuovo rapporto e contratto industriale fra Italia e Iran, con grave danno per le nostre esportazioni e per la differenziazione degli acquisti petroliferi e si è messo in prima fila fra quanti chiedono nuove e drastiche sanzioni economiche Onu per la repubblica islamica. Distruzioni “paralizzanti”, come chiedono gli israeliani, e il cui sbocco evidente è un rapido passaggio ad azioni militari, cominciando da bombardamenti convenzionali o peggio, comunque massicci, sui siti nucleari in costruzione. Effetti collaterali scontati e compresi. Osserviamo di sfuggita che tali posizioni godono del consenso bi-partisan del Corriere della Sera e di Repubblica, mentre il solito Fassino (a proposito, è sempre l’incaricato europeo per la Birmania?) si sbraccia a testimoniare la furia sanzionatoria del Pd.

Purtroppo (per loro) l’improvvido (per il nostro paese) zelo diplomatico-commerciale del duo Berlusconi-Frattini non ha trovato la sperata rispondenza internazionale (Netanyahu e Lieberman a parte), mentre una manifestazione di strada davanti alla nostra ambasciata a Teheran preannunciava sgradevoli ritorsioni. Infatti i francesi, che pure nel recente passato molto si erano agitati per le sanzioni Onu, si sono improvvisamente raffreddati e allineati alla prudenza tedesca constatando la palese ostilità di Brasile, Turchia e Libano (membri del Consiglio di Sicurezza), per non parlare della Cina, dotata per di più di diritto di veto, e della tiepidissima Russia. Non è un caso se le potenze emergenti (Cina, Brasile e, in certo senso, la Russia stessa e la strategica Turchia) si dissocino dalla pretesa delle vecchie potenze, raccolte intorno ai declinanti Usa, di mantenere il monopolio nucleare. La Francia, dunque, ha scoperto che le sanzioni devono essere “condivise” per essere efficaci (dichiarazione del ministro degli esteri Bernard Kouchner il 12 febbraio). Ehm, condivise con chi? Ma con la Cina, naturalmente! Che è notoriamente contraria...

Nella ricerca della quarta risoluzione sanzionatoria Onu l’Italia resta così spiazzata e pericolosamente esposta a rappresaglie commerciali. Chiaro che non abbiamo nessuna simpatia per il regime conservatore e clericale iraniano, che reprime selvaggiamente le manifestazioni studentesche, né tanto meno ci facciamo un modello dell’autoritarismo cinese, ma le pressioni avventuristiche di Berlusconi e Frattini scandiscono semplicemente il servilismo nei confronti dell’egemonismo statunitense, purtroppo rilanciato da Obama, nella vana speranza di entrare nella corte meravigliosa dell’imperatore. La sorte del duo è ben dipinta nelle intercettazioni telefoniche sugli appalti della Protezione Civile:

«Siccome è roba che ha sei, quasi sette stelle, deve essere tutto equivalente. Perché non è che arrivano due stelline del cazzo che poi è una cosa che non va bene? Anche perché se no, non le fanno entrare. Lì ci sono tutti i marmi, i dipinti, i cazzi. Se no, non entrano, capito?».

Già, non li lasciano entrare.