Camminando nella catastrofe, sognando di cambiare il sistema non il clima

7 / 11 / 2018

È domenica 4 novembre, abbiamo letto sui giornali e visto in tv che ci sono stati dei danni sull’altipiano, danni sconvolgenti del maltempo. Dicono che centinaia di migliaia di alberi sono caduti trascinando con loro fango, detriti, a volte perfino case e strade. Ma noi vogliamo vederlo con i nostri occhi. Ci piace verificare di persona, capire. Come ci hanno insegnato gli zapatisti ci poniamo delle domande e mentre cerchiamo le risposte camminiamo, questa volta verso l’altipiano.

Mentre ci avviciniamo in auto ad Asiago incontriamo alcune commemorazioni del 4 novembre, poche bandiere tricolori, qualche autorità, alcuni figuranti vestiti da soldati a testimoniare come ancora le istituzioni di questo paese facciano propria la retorica della vittoria e della “grande guerra”. Anche quest'anno una enorme carneficina perpetrata in nome della patria viene utilizzata per rinsaldare il nazionalismo. 

È strano attraversare le commemorazioni della strage di circa 650 mila innocenti mentre andiamo sul terreno di un’altra guerra, quella che si è scatenata pochi giorni fa e che è stata capace di abbattere otto milioni di alberi solo in Veneto e di consegnare ai nostri territori a una catastrofe ambientale di proporzioni inedite. Ed è proprio questa una delle prime cose che ci dice Gill quando arriviamo su, al suo rifugio. Lui conosce questi luoghi, ci è nato e cresciuto e ha visto il segno dei cambiamenti climatici sulla sua montagna, nelle grotte dove il ghiaccio anno dopo anno, si ritira e sulla neve che ogni anno scompare prima. Eppure nemmeno lui l’aveva mai vista una cosa così grande, così violenta, così pericolosa.

Ora quello che vediamo quando risaliamo il fianco della montagna è un cimitero di alberi, ma quello che non vediamo sono le carcasse degli animali rimasti intrappolati, le tane e i nidi distrutti, la terra sotto che diventa fragile e franosa senza le radici.

Quello che vediamo sono le conseguenze disastrose del cambiamento climatico, quello che è più difficile da vedere è cosa lo provoca. 

Leggiamo le considerazioni dell’assessore della Regione Veneto all’ambiente il quale sostiene che il cambiamento climatico esista (bontà sua), ma che non sia causato dall’uomo. Caro assessore, davvero pensa che se il Veneto non fosse la regione più cementificata d’Italia, la pianura padana la zona più inquinata d’Europa e l’Europa una delle zone più costruite e inquinate del mondo (tutto grazie all’opera della cosiddetta società evoluta e civile) ci sarebbero gli stessi disastri ambientali e climatici? 

Noi crediamo di no. L'acqua sarebbe meno inquinata. La terra franerebbe meno. L’aria sarebbe più respirabile e le piogge meno acide. Noi vediamo la connessione tra la devastazione della montagna i carotaggi per costruire la Valdastico nord, ennesima grande opera invasiva e inutile. I canteri che vediamo a meno di cento metri da noi, mentre attraversiamo questa area devastata di montagna,  sono un pozzo senza fondo dove spariscono i finanziamenti pubblici e la loro presenza è il primo ostacolo ad una seria politica finanziaria di riqualificazione territoriale.

Non abbiamo gli strumenti adatti per considerazioni tecniche e scientifiche che descrivano ciò che è successo sull’altipiano, ma basta un certo buonsenso per capire quanto l'intervento antropico e il modello di sviluppo c’entrino in tutto ciò. Non è solo è una responsabilità morale attivarsi per sostenere i territori colpiti, ma è anche una necessità politica impellente quella di comunicare il nesso che unisce il pm10 delle città, le autostrade, il Pfas, il MOSE, il cemento ed i fenomeni climatici estremi. 

Questo nesso si chiama capitalismo, con la sua visione predatrice delle risorse naturali che esso pretende infinite. La natura non umana non è né inerte né passiva. Invitiamo quindi chiunque fosse ancora scettico, a salire in montagna per rendersi conto che non è affatto così e stiamo iniziando a pagare caro il prezzo.