Dal Piccolo di Gorizia - 7 febbraio 2010

Blitz notturno dei carabinieri in decine di abitazioni

Presi in casa e portati ai test anti-droga. Minorenni accompagnati dai genitori. Sei denunciati per cessione, 21 segnalati per consumo.

Utente: luciano
8 / 2 / 2010

Maxi-operazione antidroga sull’asse Grado-Monfalcone. Ventisette giovani dai 17 ai 23 anni sottoposti a controlli: sei sono stati denunciati in stato di libertà per cessione di stupefacenti, mentre tutti sono stati segnalati alla Prefettura di Gorizia quali assuntori.
Una mobilitazione finalizzata a contrastare il fenomeno del consumo di droga tra i giovani e i giovanissimi. Di fatto la prima di vasta portata, caratterizzata soprattutto da finalità educative, con l’obiettivo di disincentivare i ragazzi all’uso delle sostanze illecite e a mettere sul ”chi va là” le famiglie. Decine di ragazzi sono stati sottoposti al test delle urine. I minorenni accompagnati al Pronto soccorso di San Polo dai genitori. È stata un’operazione su larga scala. Prima dell’alba sono state perquisite, su ordine di esecuzione emesso dal Tribunale dei minori di Trieste e dal Tribunale di Gorizia, almeno trenta abitazioni, tra l’Isola, la città dei cantieri, toccando anche i comuni limitrofi come Ronchi dei Legionari, San Canzian d’Isonzo, Doberdò del Lago e Udine. Sono stati quindi controllati ventisette giovani e giovanissimi, tra cui otto minorenni. L’intervento ha anche portato al sequestro di numerosi quantitativi di stupefacente, piccoli contingenti. Droghe leggere, hashish e marijuana. Complessivamente, sono stati rinvenuti 4 spinelli, 5,5 grammi di hashish, 14 semi e quattro piante di marijuana, 3,46 grammi di marijuana e altri 142 grammi di piante di marijuana essiccate, 16 semi di canapa indiana, 2 pasticche di ecstasy. Rinvenuto e sequestrato anche materiale legato al consumo della droga, in particolare 3 bilancini di precisione.
L’operazione è scattata alle 3 e si è conclusa attorno alle 16. Un monitoraggio che, partito da Grado, da dove già alcuni mesi fa avevano preso il via le indagini, si è poi allargato al Monfalconese. Uno schieramento di uomini e mezzi imponente, che ha coinvolto un’ottantina di militari di diverse stazioni dei carabinieri e una trentina di automezzi, con unità cinofile, un cane anti-droga in dotazione alla Guardia di finanza di Gorizia. Mobilitato anche il personale femminile della Polizia municipale di Grado. Una geografia investigativa piuttosto ampia, per la quale è pertanto intervenuto il coordinamento logistico della Compagnia dei carabinieri di Monfalcone, assieme al reparto operativo del Comando provinciale di Gorzia, alle Compagnie del capoluogo isontino e di Gradisca d’Isonzo. Il tutto rientra nell’ambito di un’indagine svolta tra l’ottobre scorso e gennaio 2010. Per la prima volta le verifiche su larga scala hanno compreso anche gli accertamenti sanitari: ieri mattina, a partire dalle 8, all’ospedale di San Polo sono affluiti numerosi giovani, sottoposti all’esame delle urine. I maggiorenni hanno firmato l’apposito modulo ai fini del consenso nel sottoporsi al test sanitario, mentre i minorenni sono stati accompagnati dai genitori. L’attività investigativa è in corso valutando le posizioni degli interessati.
L’indagine ha preso il via dalla stazione dei carabinieri di Grado, dove è nata l’attività informativa. È stata prima interessata, questa estate, la zona costiera, tra Grado e la frazione agricola di Fossalon. L’attività di contrasto alla droga si è espansa subito coinvolgendo le altre stazioni dei territori limitrofi, approdando a Monfalcone e nel mandamento.
Un controllo definito a carattere ”preventivo”. L’operazione, infatti, non si connota tanto dai quantitativi di stupefacente rinvenuti durante le perquisizioni nelle abitazioni, numerosi ma comunque di limitate proporzioni, quanto piuttosto dal valore dell’intervento esteso ad ampio raggio nel territorio. L’azione anti-droga è stata definita un segnale volendo incidere nella consapevolezza dei giovani, ai fini del recupero di un sano stile di vita. Una sorta anche di raccomandazione alle famiglie, sollecitate a mantenere l’attenzione verso i propri figli. È stato infatti rilevato lo spessore sociale dell’operazione, nel contrastare il fenomeno del consumo di stupefacenti tra i ragazzi nel mandamento.

di Laura Borsani

L’attesa tra lacrime e sguardi bassi

Il Pronto soccorso blindato dalle ”gazzelle” per tutta la mattina

Un via vai di ”gazzelle” continuo. A ondate, all’ospedale di San Polo. Quasi blindato per tutta la mattinata di ieri dalle pattuglie concentratesi al Pronto soccorso. Tra i pazienti in sala d’attesa, passavano giovani e ragazzini. Appena maggiorenni accompagnati anche dalla fidanzatina. E i minorenni seguiti dai genitori. C’è chi, tra gli utenti in attesa, li ha visti piangere.La mobilitazione ha avuto inizio qualche ora dopo l’alba. Verso le 8 sono arrivate le prime pattuglie dei carabinieri. I ragazzi hanno così infilato l’ingresso del Pronto soccorso, dove sono stati sottoposti all’esame delle urine. Verso le 10.30 erano stati sottoposti al test sanitario una decina di giovani. Ma non era finita. Era solo un primo round. Gli operatori sanitari infatti erano stati preavvertiti: in arrivo c’erano altri giovani, alcune decine, da esaminare. Un afflusso, dunque, a scaglioni. «Sono arrivati a casa e ora siamo venuti in ospedale - ha detto una ragazzina che attendeva il suo fidanzato mentre stava eseguendo l’esame -. Non credo che tutti abbiano fatto consumo di droga. Magari sono stati coinvolti semplicemente attraverso i colloqui intercorsi con i cellulari».I risultati degli esami non sono immediati, bisognerà attendere per avere riscontri precisi. Il test delle urine permette di verificare la presenza di tracce di stupefacente che, per gli oppiacei, permane nel soggetto consumatore anche per alcuni mesi.Mattinata insolita, dunque, al Pronto soccorso, tra gli sguardi quantomeno incuriositi degli utenti, richiamati dal via vai delle forze dell’ordine. Tutto comunque si è svolto con estrema tranquillità. Sguardi preoccupati, ma anche i volti sereni di chi si sentiva ”a posto”. Uno scenario che, comunque, non fosse altro che per l’evidente presenza delle ”gazzelle” e dei militari, non è passato inosservato. All’ospedale, tra gli operatori sanitari, c’era chi osservava la particolare portata di questo ”monitoraggio sanitario”.L’indagine anti-droga ha tratteggiato i comportamenti dei giovani, compagnie distinte ma che si intersecano, anche attraverso amici comuni. L’obiettivo, comunque, è chiaro: l’operazione messa in campo dai carabinieri intende lanciare uno specifico messaggio ai giovani e ai loro genitori. La priorità è dunque quella di arginare il fenomeno del consumo tra i giovani e i giovanissimi, ponendo l’accento proprio sulla responsabilizzazione sociale. Diventa importante, pertanto, la presa di coscienza da parte dei ragazzi, abituati oggi a gestire un’autonomia decisamente più ampia rispetto al passato. (l.bo.)

Accertamenti possibili solo se c’è il consenso

Parla il legale - Quanto avvenuto ieri mattina all’ospedale di San Polo pone una domanda: è lecito sottoporre chiunque, e soprattutto dei giovanissimi, a controlli sanitari per verificare se abbiano consumato sostanze stupefacenti? Lo è qualora ci sia il consenso da parte dell’interessato o, nel caso di un minorenne, quello dei genitori. A spiegarlo è l’avvocato monfalconese Riccardo Cattarini il quale chiarisce che l’esecuzione dell’esame sanitario è un atto, in linea di principio, ”non dovuto”. E che quindi il soggetto in questione, soprattutto se si tratta di un controllo legato all’eventuale consumo di sostanze stupefacenti, è libero di rifiutare il test sanitario.«Per accertamenti di questo tipo - osserva il legale - è necessario il consenso che, quando si tratta di ragazzi minorenni, chiama in causa l’autorizzazione da parte dei genitori». E queste regole, secondo quanto affermato dal responsabile del Pronto soccorso, Claudio Simeoni, sono state rispettate con scrupolo sia dai carabinieri che dal personale sanitario.«Va precisato comunque - precisa ancora il legale monfalconese - che il consumo di stupefacenti, qualora accertato anche attraverso un test sanitario, non costituisce di per sè un reato, presupponendo solo una semplice segnalazione a carico dell’assuntore».