Biennale di Venezia - Protesta ai Padiglioni cinese e americano

19 / 11 / 2009

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Questa mattina abbiamo simbolicamente occupato i padiglioni cinese e americano della biennale di Venezia. Il motivo? Il sequestro del pianeta e la sua riduzione ad una camera a gas ( serra ) che sta causando migliaia di morti, disastri ambientali, restrizioni della democrazia, guerre, grandi migrazioni di “rifugiati climatici”. Con l'editto di Singapore, a nemmeno un mese da quella che doveva essere la sede di discussione mondiale per la riduzione delle emissioni di CO2 nell'atmosfera, i governanti di Cina e Stati Uniti hanno dichiarato che non se ne farà nulla. Hanno già deciso loro, per tutti, che le cose devono continuare ad andare così, e anzi, peggiorare. Ci siamo chiesti chi abbiamo difronte: il Presidente Obama, quello della Green Economy e della giustizia sociale, o un subordinato della più grande corporation esistente al mondo, il Congresso del Partito Comunista Cinese, che dirige una enorme fabbrica a carbone e petrolio chiamata Repubblica Popolare. Hu Jin Tao, è l'erede di Mao, o uno tra i peggiori capitalisti mai comparsi sulla faccia della Terra? L'editto di Singapore ci parla di un mondo dove la Cina, con il possesso di quasi il 50% del debito pubblico americano, detta le regole e dove quelli che un tempo erano la Potenza numero uno, gli Stati Uniti, ubbidiscono. Le lobbies interne con cui Obama si scontra, legate al petrolio e al carbone, sono le stesse che hanno sostenuto le guerre di Bush, e oggi si affermano, riducendo il primo presidente di colore a un fantoccio, nella guerra globale contro l'umanità. I cosidetti “paesi in via di sviluppo”, Brasile, India e Cina, dettano l'Agenda Globale sul clima, forti del fatto che i vecchi “paesi guida” del capitalismo, sono sprofondati nella loro crisi. Gli Stati Uniti, con un tasso di disoccupazione mai visto, e l'Europa, un nano politico tutto rinchiuso nella somma delle miserie dei suoi stati nazionali, non sono nemmeno in grado di abbozzare un simulacro di via d'uscita “strategica”, che certo non può fondarsi sul modello energetico del secolo scorso. E comunque tutti, dal G2 al G20, hanno un grande problema comune: impedire che la crisi climatica apra la strada a più democrazia, ad una gestione più ampia dei beni comuni, che porti verso modelli di autoproduzione energetica diffusa, impedendo l'accentramento e il controllo delle fonti. Questo significherebbe, per il capitalismo globale, cedere comando alle persone, e quindi, iniziare la propria fine. Noi vogliamo appartenere alla moltitudine che, dalla rete alla terra, si sta ribellando contro tutto ciò. Per farlo abbandoniamo ogni ideolgia e ogni ortodossia: cominciamo a chiamare le cose per come le vediamo, e a combatterle. Se il nucleare è devastante qui, lo è anche in Iran o in mano ai talebani; se il governo cinese è una dittatura capitalista che garantisce lo stato di cose presenti, lo diciamo senza paura di scomuniche; se Obama non è in grado di affrontare nessuna sfida per cui è stato eletto, diventa un complice. Andremo a Copenhagen con questo spirito, e nessuna bandiera.

Attivist* see you in copenhagen - 19novembre2009 - VENEZIA

Questa mattina un centinaio di attivisti delle rete See you in Copenhagen vestiti di tute bianche e mascherine sono entrati dentro alla Biennale all'Arsenale per bloccare l'ingresso al padiglione cinese.

Lo striscione recita "Climate Justice now! Save the planet, Save Venice".

La protesta vuole smascherare il ruolo che la Cina gioca sulla crisi ambientale, sulla precarietà ambientale.

Con l'editto di Singapore infatti qualche giorno fa Stati Uniti e Cina si sono accordati perché a Copenhagen non si riuscirà a siglare nessun accordo sulle emissioni e dunque nessun impegno sul cambio climatico.

Dopo circa un'ora di blocco dell'entrata al Padiglione gli attivisti si sono spostati davanti a quello americano.

"Loro 2, noi miliardi", dicono gli attivisti durante la conferenza stampa, "dobbiamo essere liberi da ogni ideologia o tradizione nell'azione politica è per questo che oggi abbiamo deciso di protestare anche davanti al Padiglione del governo cinese".

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See you in Copenhagen: iniziativa alla Biennale

Biennale of Venice - Protest in the Chinese and U.S.A pavilion