da La Stampa del 5 dicembre 2009

Biella, senegalese litiga col datore di lavoro. Colpito con 9 coltellate

6 / 12 / 2009

Biella. Non voleva pagargli gli arretrati, gli aveva perfino detto d’iscriversi al registro degli artigiani per sbarazzarsi di lui come dipendente. Ma Ibrahim M’Bodi, senegalese con regolare permesso di soggiorno, fratello di Adam, segretario della Fiom-Cgil a Biella, non era d’accordo e soprattutto voleva i soldi che gli spettavano di diritto. Così è scoppiata la lite, poi uno dei due ha estratto un coltello: M’Bodi, 35 anni, è morto ammazzato da nove coltellate.


Ha confessato subito Michele D’Onofrio. Davanti ai carabinieri, dopo un breve interrogatorio, non ce l’ha fatta a reggere la pressione e ha parlato. Artigiano residente a Zumaglia, centro del Biellese di mille abitanti dove abitava anche la vittima, era esperto di arti marziali. «Lui ha tirato fuori il coltello e allora ho reagito, un momento di follia», ha detto agli inquirenti. Sul corpo del senegalese è stata eseguita l'autopsia, nei prossimi giorni si saprà l’esito. Dal referto del medico legale dovrebbe uscire l'ora in cui è avvenuta la morte, che dovrebbe risalire a un paio di giorni prima del ritrovamento del cadavere, e i punti in cui sono state inferte le nove coltellate: se solo davanti o anche sulla schiena, e se sono presenti lesioni da difesa. Dettagli fondamentali per i vcapi d’imputazione.

Ibrahim M’Bodi era stato trovato senza vita mercoledì mattina nel canale di scolo di una risaia a Ghislarengo, nel Vercellese, lungo la strada provinciale che collega il paese a Rovasenda. Una distesa di campi tagliata da stradine sterrate e fossati che col favore delle tenebre aveva inghiottito il corpo dell’africano fino a quando un acquaiolo che passava di lì, verso mezzogiorno, lo aveva notato dando l’allarme.

Il cadavere era stato ripulito dal sangue. L’assassino andava di fretta e soprattutto voleva agire indisturbato e senza destare sospetti: si è liberato così della sua vittima, imboccando una stradina che parte dalla provinciale e che si perde tra le risaie addentrandosi per un centinaio di metri. Un disperato tentativo di ritardare il ritrovamento oppure di depistare le indagini. Senza nome

Per diverse ore la salma è rimasta all’obitorio di Vercelli senza un nome: l’ucciso non aveva documenti, solo dalle impronte digitali i carabinieri sono riusciti a dargli un’identità. «Il mio cliente si è dimostrato collaborativo con gli inquirenti - spiega l'avvocato Alessio Ioppa di Borgosesia che ha assunto la difesa di D’Onofrio assieme al collega Massimo Mussato di Vercelli - e in effetti potremmo dire che ha per certi versi confessato. Di più non posso anticipare, in quanto le indagini sono ancora in corso».

In queste ore gli investigatori stanno cercando di ricostruire la vicenda. Sarà di estrema importanza, ai fini di comprendere il movente del delitto, ritrovare e analizzare il coltello, soprattutto per ciò che riguarda le impronte digitali. L'omicidio sarebbe avvenuto nel Biellese e l'ipotesi appare confermata anche dal fatto che, a breve, il fascicolo verrà trasmesso dalla procura di Vercelli ai colleghi di Biella. Intanto le organizzazioni sindacali hanno indetto un presidio mercoledì prossimo davanti alla prefettura di Biella, dalle 11 alle 12, perchè «l’omicidio di Ibrahim da parte del suo datore di lavoro non può passare sotto silenzio. Fatti di inaudita gravità come questo rientrano in un clima generale di imbarbarimento dei rapporti sociali, con la possibile aggravante dell'odio razziale».
PAOLA GUABELLO