Dopo venti giorni di emergenza, la stessa emergenza si
trasforma in vita quotidiana, in routine.
L’abitudine alla presenza dei migranti da parte dei lampedusani ha creato
dinamiche che vanno al di là delle chiacchiere giornalistiche e che entrano nel
merito della questione cercando di sopperire alle gravi mancanze del governo e
della protezione civile.
Uno dei maggiori problemi dell’isola è
l’igiene; essa va intesa in una duplice visione: l’igiene pubblica dell’isola e
l’igiene personale dei migranti. Si nota in modo lampante, per esempio, la
mancanza di cassonetti per la raccolta dei rifiuti; ogni giorno, a pranzo e a
cena, vengono distribuiti sacchetti di plastica contenenti cibo incartato, un
frutto e una bottiglia d’acqua ad ogni migrante.
Non essendoci le strutture idonee a contenere per poi smaltire questi rifiuti,
l’isola si è tramutata in una gigantesca discarica, con piatti, bottiglie e
sacchetti di plastica sparsi come fiori ovunque: dal porto al centro abitato,
dalle colline al C.I.E.(ogni giorno circa dodicimila sacchetti di plastica
svolazzano indisturbati sull’isola. I servizi igienici montati solo oggi per
l’emergenza sono una decina, tutti concentrati sul porto, a fronte di quattromila
migranti circa.
Viene poi il problema dell’igiene personale di questi ragazzi, costretti il più
delle volte a lavarsi in mare, uscendone
naturalmente più ‘puzzolenti’ di prima.
Al menefreghismo governativo rispondono con gran forza i singoli abitanti di
Lampedusa e le associazioni di volontariato.
Don Stefano, parroco della comunità lampedusana, ha fatto montare uno
scaldabagno in più in ‘Casa Fraternità’, dove attualmente risiedono circa 200 donne
e minori, dando la possibilità a circa sessanta migranti di poter usufruire
ogni giorno della doccia (“a turni serali per non creare caos”).
Parlando con lui si capisce benissimo come a Lampedusa la situazione fosse già
abbastanza precaria ancor prima dell’esodo tunisino. L’isola è infatti dotata
di una cisterna per l’acqua (non potabile) che viene caricata due volte al mese
e che ha quindi una capacità limitata. Inoltre il parroco ha denunciato le
enormi difficoltà della rete fognaria, spiegando come sia impossibile fare
ancora qualcosa in più.
Per non parlare del C.I.E. dove la dignità umana viene calpestata tutti i giorni come si calpesta uno zerbino; dove le persone dormono ammassate una sull’altra e litigano per i materassi; dove l’odore di urina è praticamente in ogni stanza; dove l’immondizia è ammassata in parte a tendopoli improvvisate con sacchetti di plastica e vecchi teli da barca; dove il rischio di malattie è altissimo, soprattutto quelle dovute a punture d’insetti.
Oggi, alla conferenza stampa di Amnesty International, una
donna lampedusana è intervenuta facendo notare come tutta la situazione non sia
solamente di emergenza, ma che ci siano giochi di potere forti che hanno
determinato questo status di calamità.
Se le promesse da marinaio di Berlusconi ormai fanno solo ridere, qui l’aria
puzza di povertà ed i sorrisi non sono finti ed in camera, ma veri e negli
occhi.
* Presidio Campagna Welcome a Lampedusa