Già negli scorsi mesi la redazione di Belluno+ aveva denunciato le condizioni di accoglienza a cui i migranti erano costretti (Facciamo chiarezza e E’ ora di cambiare marcia). oggi, a distanza di tempo, i migranti che hanno attraversato le strutture bellunesi sono stati circa 300 e 165 di loro sono ancora presenti sul territorio. Una presenza a volte gestita positivamente, altre invece oggetto di speculazioni che relegano i migranti in condizioni di vita al limite della dignità.
Il problema principale rimane quello dell’inserimento lavorativo, di attività che, in prospettiva, possano andare oltre al volontariato. Questa situazione fa i conti con tre principali problemi. Il prime evidentemente legato ad un sistema, quello dell’accoglienza Mare Nostrum, legato ad una concezione "emergenziale". Uno stato di eccezione che ormai diventa regola strutturale nell’affrontare questi fenomeni. Così, ancora una volta, il sistema predisposto prevede un abbattimento sostanziale dgli standard minimi previsti dal circuito "ufficiale" dell’accoglienza messo in campo dal Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPAR), a sua volta investito da un processo di allargamento dove non sempre la qualità dei progetti risponde agli standard di qualità raggiunti negli anni scorsi dal sistema.
Il secondo, neanche a dirlo, è la campagna d’odio che anche nel bellunese, come in molte altre città, sta cercando di farsi spazio, usando la crisi per scatenare i risentimenti verso i migranti, colpevoli di sottrarre risorse ed attenzione alle comunità autoctone. Il terzo, non di poco conto, è evidentemente la condizione di "limbo" a cui i migranti stessi sono relegati. La loro domanda di protezione è infatti sottoposta ad una lunga procedura che vaglierà le condizioni previste dalla legge per la concessione dello status di rifugiato o di altre forme di protezione, in un quadro normativo ormai palesemente inadeguato di fronte alla situazione di conflitti (di diverso tipo) che caratterizzano il Nord Africa e l’est ed il Sud Est europeo. I lungi tempi di attesa ed il rischio di veder rigettata la domanda, producono una situazione di sospensione, di attesa, che certamente complica ogni tentativo di inserimento.
Dall’altro lato, molto spesso, si tratta di migranti che provendono da zone non colpite da guerre "riconosciute" e "dichiarate" oppure che si trovavano in paesi diversi da quello di nascita e che lì hanno rischiato di subire violenze, senza poter tornare in patria (come accade quotidianamenti in Libia)
Tratto da MeltingPot.org