Basilicata - Ai braccianti della Felandina viene preannunciato lo sgombero

Presentato il ricorso al TAR contro l’ordinanza

23 / 8 / 2019

Il 19 agosto, l’avvocato Angela Maria Bitonti, con il supporto della Campagna LasciateCIEntrare, ha notificato e iscritto al ruolo il preannunciato ricorso al TAR di Basilicata avverso l’ordinanza n. 21 del 21 maggio 2019 emessa dal Sindaco del Comune di Bernalda, avente ad oggetto: «Ordinanza Sindacale, contingibile ed urgente, adottata per fronteggiare emergenza sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale». E si sta preparando anche un ricorso alla CEDU.

L’avvocato, insieme ad alcuni attivisti della Campagna, si è recato nuovamente nell’area occupata dell’Ex Felandina, in agro di Metaponto (MT), nei giorni scorsi, per verificare le condizioni dei braccianti agricoli dopo lo scoppio dell’incendio del 7 agosto, nel quale ha perso la vita una giovane donna nigeriana.

Le condizioni in cui versano i braccianti continuano ad essere pessime, malgrado i piccoli aiuti che arrivano di tanto in tanto nell’area occupata. Cumuli di immondizia ovunque mai rimossi dall’amministrazione comunale (che ha addotto a pretesto il fatto che i braccianti non pagherebbero la Tari in quell’area), un’autobotte che porta l’acqua necessaria per tutte le attività quotidiane che è appena sufficiente, cibo portato dalla Croce Rossa che consiste per la maggior parte del tempo in panini e pezzi di focaccia. Tutti i braccianti hanno problematiche legate ai rinnovi dei permessi in scadenza e all’assenza di una residenza, per non parlare dei tanti documenti persi e bruciati nel rogo. Tutte problematiche importanti che sono state sbrigativamente e irresponsabilmente rinviate al mittente anche dalla Questura locale.

Ed ora lo sgombero!
Senza ovviamente soluzioni alternative di alloggio e di accoglienza per i braccianti. Senza alcun rispetto dei diritti di queste persone.

Il Sindaco del Comune di Bernalda avrebbe erroneamente e semplicisticamente fondato la propria Ordinanza su una nota del Dipartimento di Protezione e Salute dell’ASM Matera. Tale Ordinanza appare generica e carente di motivazione. In effetti, non è specificato in alcun modo in cosa consista il “pericolo” e l’ “emergenza sanitaria insorgente” né di quale “epidemia” si stia parlando e per quale ragione possa essere talmente grave da giustificare lo sgombero di oltre cinquecento persone.
Nel ricorso, si contesta l’illegittimità e l’infondatezza dell’ordinanza, che pertanto andrebbe annullata. Viene innanzitutto richiamata la violazione dell’art. 11 della Convenzione Internazionale per i Diritti Economici, Sociali e Culturali (New York, 16 dicembre 1966), ovvero quello relativo al diritto ad un alloggio adeguato, nel quale si evidenzia anche che gli sgomberi forzati non devono lasciare gli individui senza alloggio né violare altri diritti umani. Inoltre, tale sgombero forzato potrebbe violare l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU), che stabilisce il diritto al rispetto della vita privata e famigliare e che limita l’ingerenza dell’autorità pubblica ai soli casi tassativamente previsti dalla legge. Al pari della CEDU, anche la Carta Sociale Europea Riveduta è annoverabile tra le fonti di diritto internazionale in materia di sgomberi forzati, con le previsioni di cui agli articoli 31 (diritto all’alloggio), e 30 (povertà ed esclusione sociale). Infine, la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, all’art. 5 prevede che “in base agli obblighi fondamentali di cui all’art. 2 della presente Convenzione, gli Stati contraenti si impegnano a vietare e ad eliminare la discriminazione razziale in tutte le forme ed a garantire a ciascuno il diritto alla eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di razza, colore od origine nazionale o etnica”. Si contesta anche la violazione dell’art. 32 della Costituzione (chiamato in causa dalla stessa ordinanza!), perché l’esecuzione dello sgombero porrebbe in serio pericolo gli occupanti dell’area dell’Ex Felandina, e perché gli stessi si troverebbero inevitabilmente a vivere per strada in una situazione di totale abbandono che aumenterebbe la loro condizione di emarginazione e vulnerabilità e che sfocerebbe inevitabilmente in un attuale e concreto pericolo per la vita e la incolumità degli stessi. Proprio in palese violazione dello stesso art.32 della Costituzione, oltre che ledere irrimediabilmente la loro dignità di uomini.

L’ordinanza impugnata non prevedendo nulla rispetto ad un alloggio alternativo, come previsto dalla normativa internazionale, è preordinata ad impedire o rendere più difficile il collocamento dei braccianti stranieri, rifugiati e richiedenti asilo, sul territorio del Comune di Bernalda. Impedendone oltretutto un naturale processo di inclusione socio-lavorativa a livello locale.
Per questi migranti è quasi impossibile il reperimento di alloggi, sia per il basso salario percepito sia per l’indisponibilità dei proprietari di case a locare a cittadini stranieri. Il Sindaco, nella sua qualità di pubblico ufficiale e nell’esercizio delle sue funzioni, con lo sgombero, compirebbe un atto che arbitrariamente discriminerebbe i braccianti in ragione della loro condizione di “cittadini stranieri” e della loro conseguente estrema difficoltà a reperire alloggi in locazione.

Nella mattina del 20 agosto, intorno alle 7, le forze dell’ordine si sono presentate alla Felandina per provvedere a notificare personalmente ai singoli occupanti i locali il preavviso di sgombero (non l’atto in sé, ma un breve testo tradotto in varie lingue, con il quale s’invita “gentilmente” ad abbandonare l’area).
Come mai solo oggi, all’indomani della notifica del ricorso?
Pensano così di “aggiustare” la situazione con un gesto “formale”?

Di fatto, stanno trattando ancora una volta (come lo scorso anno, in occasione della precedente ordinanza) in modo repressivo e violento, attraverso la minaccia dello sgombero, la grave questione alloggiativa dei lavoratori nel Metapontino, glissando abilmente il vero problema.
Ancora una volta senza soluzioni alternative e concrete.
Cosa faranno tutti i braccianti con regolare contratto che stanno attualmente lavorando nelle campagne del metapontino? Dovranno abbandonare anche il lavoro oltre all’alloggio di fortuna?

Lo sgombero, lo ribadiamo con forza, non è MAI la soluzione. La storia degli sgomberi forzati degli insediamenti informali ce lo insegna. Domani se ne formerà un altro altrove, finché non verranno offerte delle soluzioni alternative concrete e soprattutto sufficienti a tutelare tutti i braccianti.
La presenza di braccianti stranieri transitanti nel Metapontino, così come nel Vulture Melfese, non è una novità di oggi, ma la Regione si ostina da tempo a voler affrontare il problema in modo sempre emergenziale e non strutturale. Il numero dei braccianti che giunge in Basilicata per i periodi più intensi di raccolta è noto e aumenta nel tempo.
Si pensa davvero che un tavolo di concertazione fatto all’ultimo minuto valga a scongiurare la creazione di “ghetti” nella zona di Boreano – Matinelle? O possa scongiurare lo sfruttamento da parte dei caporali? Come può pensare la Regione che siano sufficienti gli sbandierati 150 posti previsti dai fondi del PON Inclusione (il paradosso beffardo!!), annunciati a marzo e caduti nell’oblio?

Chiediamo che venga trovata immediatamente una soluzione abitativa alternativa per tutti i braccianti e le braccianti della Felandina.
Chiediamo che venga concessa loro una residenza fittizia che permetta a tutti e tutte di poter rinnovare e/o recuperare il documenti relativi al regolare soggiorno.
Chiediamo che vengano rispettati, oltre alle garanzie procedurali, i diritti delle singole persone.
Subito!

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