Base Navale Militare Taranto

Dalle mitragliate partite dalla Nave Aliseo, alle inchieste giudiziarie sugli appalti sospetti, e l’amianto negli elicotteri.Così, a Taranto, nella più grande base navale del Mediterraneo, tremano alti vertici militari.

15 / 4 / 2014


C’è ansia e preoccupazione - soprattutto tra gli alti vertici - nella base militare più grande che la Marina Italiana possiede sul Mediterraneo, a Taranto. Molteplici, sono i motivi. Partiamo dal più recente, che ha a che fare con la conferenza stampa organizzata, un paio di settimane fa, dal Pdm ( partito per la tutela dei diritti dei militari) e dai Radicali, in cui sono state mostrate le immagini riprese da alcuni marinai dall’interno della Nave Aliseo. Materiali video, questi, che gettano ombre inquietanti sulla conduzione dell’operazione umanitaria Mare Nostrum

http://www.meltingpot.org/Fuoco-Nostrum-Il-video-integrale-degli-spari dallanave.html#.Uzhcfvl_vsk

Che ci consegnano numerosi interrogativi, ora, all’attenzione della Procura militare di Napoli, dopo la presentazione di un esposto a firma di Maurizio Turco e Luca Comellini: per presunte, violazioni delle norme alla base del diritto internazionale: quello della proporzionalità nell’uso legittimo della forza, innanzitutto.

Mitragliate ingiustificate. Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria dei diritti umani al Senato, ha presentato un`interrogazione parlamentare al ministro della Difesa, a proposito della vicenda che ha visto coinvolta la nave Aliseo. Chiedendo di rendere noti i precisi connotati della missione internazionale Mare Nostrum e in particolare delle regole di ingaggio.

L’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, all’indomani della pubblicazione delle immagini, è intervenuta con una dura nota, in cui ha sostenuto che: “ogni azione di contrasto del traffico di persone via mare deve rispettare sempre l’obbligo internazionale di assicurare l'incolumità e il trattamento umano delle persone, anche di quelle a bordo di un’imbarcazione sospettata di trasportare migranti in condizioni irregolari”. Pretendendo, inoltre, l’adeguamento dell’Italia alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul divieto di respingimento in mare. “Perché la salvaguardia della vita umana in mare è principio giuridico fondamentale e inderogabile”. Di più: all’interesse del Pubblico Ministero Militare che conduce l’inchiesta, non è sfuggita la parte finale del filmato, laddove si intravedono alcuni marinai inabissare i motori delle imbarcazioni dei presunti scafisti, e soprattutto, la naturalezza con cui vengono buttati in mare, - come documentano abbondantemente le immagini – diversi tipi di rifiuti speciali. Quindi, una delle contestazioni mosse dalla Procura potrebbe essere proprio il getto pericolo di cose. Tant’è.

C’era ansia e preoccupazione, soprattutto, nel volto del comandante della Nave Aliseo Massimiliano Siragusa - come ci racconta una fonte militare di stanza nella base navale di Chiapparo - non appena, qualche giorno fa, la Fregata è ritornata alla base, dopo l’ennesima navigazione. Qui, all’interno di quello che è il quartier generale della NATO, nella più grande base navale del Mediterraneo - inaugurata il 25 giugno 2004 alla presenza del ministro della Difesa Antonio Martino che giunse in elicottero per non affrontare le proteste dei cittadini che vi si opponevano alla sua apertura - da queste parti, il nervosismo è palpabile. Non solo perché tra gli stessi militari ci sono forti divisioni, tra i sostenitori e gli oppositori, alle “mitragliate”. Ma anche perché si agita come uno spettro l’inchiesta della Procura di Taranto sulle presunte tangenti negli appalti della Marina.

Appalti maleodoranti. Un’indagine, questa, che ha portato in carcere, oramai quasi un mese fa, con l’accusa di concussione, il comandante del quinto reparto di Maricommi, proprio l’ente che si occupa degli appalti all’interno della base navale di Taranto, colto in fragrante mentre intascava una somma di denaro da un imprenditore. Sembra una storia di ordinaria corruzione all’interno della pubblica amministrazione, questa. Forse, non lo è. Perché, - come si legge nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto - che ha portato in carcere l’uomo, - attualmente difeso dal collegio composto dagli avvocati Francesco Di Pietro, Fabrizio Lamanna, e Andrea Silvestre, “si lascia intravedere uno scenario ben più ampio, che potrebbe coinvolgere anche altre ditte operanti nel settore degli appalti della Marina Militare”. La sensazione, dunque, è che quello che sembrerebbe uno scandalo di provincia possa avere ripercussioni sull’intero comparto produttivo - imprenditoriale legato all’indotto della navalmeccanica e contraccolpi in ambito militare. Il sospetto forte, è che l’arresto del Capitano di Fregata sia soltanto la punta dell’iceberg, di un sistema ben oleato. Per dirne una: il militare arrestato rivestiva quell’incarico da circa due anni; mentre l’imprenditore che lo ha denunciato era già stato invischiato in una brutta storia fatta sempre di navi ed appalti sospetti. Con un ulteriore ingrediente, però: una montagna di sostanze tossiche che potrebbero aver inquinato per anni il mare e la terra di Taranto, sotto gli occhi della Marina.

Questi i fatti, passati, - la cui ricostruzione, però, ci permette di avanzare delle ipotesi in ordine al sistema che governa, spesso, appalti di questo tipo – e cioè: il 5 settembre del 2012, nell'area demaniale in località Carrieri, nel primo seno del Mar Piccolo, in una zona militare all'interno dell'Arsenale “vecchio”, si presentano i carabinieri insieme alla Capitaneria di Porto e sequestrano l’intera area in concessione alla Le.de. Spa, azienda con sede legale a Taranto, mettendo sotto inchiesta, - per diversi reati ambientali - il suo titolare, Vincenzo Bruno. Ipotizzando ( gli inquirenti) “una gestione illecita dei rifiuti” e collegandola “a presunte irregolarità nell’assegnazione degli appalti”. La “Le. de Spa” si occupava, e si occupa, infatti, di svuotare le sentine delle navi, sia militari che civili. E di smaltirne, secondo procedure particolari, il loro contenuto. Scarti di metalli come rame, alluminio, piombo, nichel, in prevalenza. Che dovrebbero essere ridotti a fanghi, stabilizzati, e resi inerti. E con l’acqua derivante dal procedimento di essicazione, depurata e ributtata in mare. Invece, ciò che scoprirono i carabinieri in quella mattina del settembre 2012 era nient’altro che un metodo criminale nella gestione del rifiuti: infatti, nelle vasche dell’impianto Recoil gestito dalla Le.de i militari della compagnia di Taranto vi trovarono, “sacchi in pessimo stato di conservazione, contenenti rifiuti speciali: fanghi derivanti dall'essicazione delle acque oleose di sentina”. Non solo. Si scoprì che la società, che dalla fine degli anni’80 ha in regime di monopolio la concessione per il recupero dei rifiuti speciali prodotti dalle navi militari ormeggiate all’Arsenale di Taranto, non possedeva più, da qualche anno, le necessarie autorizzazioni. Anche nella base navale di Chiapparo si scoprirono delle irregolarità nella pulizia delle sentine. Già dal 2011, quando, - come mostra una nota dell’Arpa di Taranto che abbiamo avuto modo di consultare - fu trovata “ inspiegabilmente, la presenza di metalli pesanti nelle vasche che raccolgono le acque biologiche”. Anche qui, furono ipotizzate irregolarità, quando si scoprì che i concessionari ( insieme alla Le.de, altre società) lavoravano con autorizzazioni scadute, in regime di proroga. Se ne ha conferma, che il “sistema” funziona ancora così, leggendo la richiesta del Gip che ha portato in carcere l’alto ufficiale, laddove si scopre che “l’appalto in questione ( per il ritiro ed il trattamento delle acque sentina provenienti dalle varie UU.NN presenti nelle sedi di Taranto e Brindisi) prosegue, attualmente, in regime di proroga temporanea a favore della Le.de di cui è amministratore Bruno Vincenzo”. Dunque, nonostante i sospetti che gravano sull’operato dell’azienda, l’intero ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti è sempre rimasto collegato all'impianto di Recoil. Accade da quasi trent’anni, per questo appalto strategico che si è tramandato da padre in figlio. Ancora oggi, la Le.de continua a lavorare in regime di monopolio. Sic.

Pressioni e condizionamenti. Ovvio comprendere quanto sia alto il nervosismo, in questo momento, a Taranto, tra gli alti vertici militari. Perché c’è anche un’altra inchiesta giudiziaria, condotta dalla Procura di Torino, stavolta, che chiama in causa gli elicotteri, della Marina. Dato che nelle guarnizioni, nei tubi, nonché nelle pastiglie dei freni in vari modelli di velivoli, “Ab 212, Ab 212 As, Ab 412 vi sarebbe ancora presenza di fibre d’amianto. E molti, tra questi velivoli, attualmente impegnati nella sorveglianza del Canale di Sicilia, la cosiddetta operazione Mare Nostrum si trovano proprio in provincia di Taranto, alla Maristaer, la stazione aeromobili di Grottaglie. C’è tensione, dunque. L’ha mostrata, platealmente, il delegato del Cocer della Marina, Ciavarelli, facendo pressioni con il direttore di un giornale locale, chiedendo di “essere trattato bene” dopo l’uscita dell’articolo: “Amianto sugli elicotteri? Nonostante interrogazioni parlamentari, indagini giudiziarie, ed inchieste giornalistiche, i vertici militari ne sanno poco. Anche qui, le prove delle “pressioni” sono nelle vivaci telefonate intercorse tra il giornalista autore dell’inchiesta sull’amianto negli elicotteri ( che verrà poi licenziato) e il delegato del Cocer. Anzi, forse più che di pressioni vere e proprie, bisognerebbe parlare di condizionamenti. Gli stessi che la forza militare esercita nella vita della Città. “La Marina a Taranto ha sempre fatto e disfatto le giunte, condizionando i piani regolatori, soprattutto”, mi raccontò una volta un vecchio consigliere comunale. “Qui la conventio ad excludem è stata più penetrante, che altrove”, mi disse. Il muro, in effetti, tra quei due mari entrambi “nascosti”, letteralmente, dalle fortezze degli Arsenali militari, (uno dei quali ormai quasi dismesso) non è mai caduto. Solo che a Taranto è chiamato muraglione e non divide due civiltà opposte, ma condiziona, quello si, da oltre un secolo, una intera Città.