Dopo 8 anni Bankitalia si accorge che una struttura del suo immenso patrimonio è decadente, in precarie condizioni, e chiede lo sgombero di 50 famiglie, di un centro sociale, di una radio e di un’officina di arte e di comunicazione.
CI TROVERETE LA' DAVANTI, PRONTI A PRESENTARVI IL CONTO È notizia di oggi che Bankitalia annuncia un altro anno di recessione. Un altro anno in cui, in nome dei conti da sistemare, verranno proposte politiche di austerity, di tagli al welfare, di riduzione del benessere sociale. Lacrime e sangue. Per far fronte a un debito del quale gli unici responsabili sono politici, grandi imprenditori, banchieri e finanzieri.
La nostra storia inizia otto anni fa, a viale Carlo Felice 69, a due passi da piazza S. Giovanni.
Tra le tante proprietà della Banca d’Italia di quel quadrante, una giaceva in “pericolante” stato di abbandono, da anni.
Come
da anni migliaia di famiglie e persone a Roma combattono con affitti da
strozzini, e carenza di risposte da parte del governo della città
all’emergenza abitativa.
La soluzione all’emergenza abitativa è di norma affidata ai grandi costruttori, che tanto per dare impulso al mercato del cemento, dietro cui si celano capitali da ripulire, ottengono dalle amministrazioni appalti per costruire interi quartieri nel deserto, senza servizi, sventrando i territori, creando ghetti e condizioni di vita impossibili.
In questo contesto, 50 nuclei familiari in emergenza abitativa
decidono di alzare la testa, riprendersi i propri diritti e la propria
dignità, e occupano quello stabile.
Cosa è successo in questi otto anni?
Il Comune ha dato delle risposte a queste famiglie?
La Banca D’Italia ha mandato degli operai a iniziare i lavori per ristrutturare l’edificio e riprenderselo?
No, niente di tutto questo.
Perché
un palazzo, se vuoto, o occupato, è comunque una rendita, la base su
cui costruire i meccanismi di produzione finanziaria della ricchezza, di
quella rendita finanziaria con la quale hanno costruito un castello di
carta che dal 2007 si sta sgretolando. Abitare per noi, significa
vivere, e vivere significa farlo con dignità e con diritti. Se non ce li
danno, ce li prendiamo, per dire a tutti che quando certe cose non si
hanno, è un furto e un’ingiustizia ed è qualcosa che va combattuto.
A
pochi mesi di distanza, nello stesso palazzo nasce un centro sociale,
il CSOA SANS PAPIERS. Un centro sociale polifunzionale, promotore di
cultura libera e libero sapere.
Un altro tassello della nostra lotta
per i diritti. Perché da uno stabile abbandonato e da un gruppo di
sognatori di un mondo migliore, possono nascere tante cose.
I cinema chiudono, i teatri diventano bingo o posti del genere.
In
tutti questi anni siamo rimasti Sans Papiers: senza documenti, senza un
contratto di affitto, senza un contratto di lavoro, senza tanti
documenti che rappresentano diritti, senza tanti diritti per cui non
occorre alcun documento per rivendicarli.
E allora, a chi ci
chiede di liberare lo stabile, perché è in precarie condizioni di
stabilità, rispondiamo che le nostre vite sono precarie, voi ne siete
responsabili, e ora facciamo i conti. CSOA SANS PAPIERS – RADIOSONAR –
ACTION Carlo Felice