Balkanroute calling - Da Trieste al confine Italo-sloveno in solidarietà alle persone in transito

17 / 4 / 2021

Trieste è diventata negli ultimi mesi il simbolo dell’azione repressiva nei confronti della solidarietà dal basso che sta colpendo con un nuova intensità chi opera a terra e in mare. Ed è proprio per questo che oggi in tante/i hanno animato l'iniziativa promossa dalla campagna Lesvos Calling per prendere parola e mobilitarsi fianco a fianco con le persone migranti e contro le politiche di respingimento italiane ed europee.

Tante realtà, gruppi e singoli si sono uniti alla mobilitazione che da piazza Libertà si è mossa fino al consolato croato per finire al confine di Pesec, dove gli attivisti e le attiviste hanno simbolicamente scritto "Refugees welcome, end pushbacks" nel luogo di passaggio tra Italia e Slovenia.

Una giornata che ha denunciato le violenze della polizia nei respingimenti dei migranti, che ha attaccato le politiche dell'Unione Europea che costringono le persone nei campi in condizioni disumane e che non permettono la libertà di movimento a tutti e tutte coloro che migrano.

Se da una parte questa giornata ha toccato i luoghi simbolici che rappresentano la rotta balcanica e che indicano le violenze delle forze dell'ordine e i luoghi istituzionali dove questa violenza viene legittimata e promossa, dall'altra è stato con forza affermato che la mobilitazione non si ferma, proseguirà perché la solidarietà non ha confini.

Si è voluto ribadire un concetto chiaro che viene ripetuto da diversi interventi al microfono: "siamo complici e solidali con tutti coloro che sono inquisiti per la loro azione di solidarietà dal basso, ma anche per affermare a gran voce che all’azione solidale dal basso segue necessariamente un’azione politica che crea intrecci e che si faccia portatrice di denuncia".

Dal reato di immigrazione clandestina della Bossi-Fini, alle leggi Minniti-Orlando fino ai decreti Salvini la guerra contro i solidali e le persone in transito è stata portata avanti senza esclusione di colpi e con l'iniziativa di oggi si è voluto dimostrare che c'è la possibilità di un cambio di narrativa e di passo.

Sotto il consolato croato si è voluto puntare il dito in primis contro il ruolo di gendarme della Croazia e contro la serie di brutalità ed efferatezze perpetrate dalla polizia di confine di questo Stato.

Ma è anche l’occasione per ricordare la colpevolezza dell’intera Unione Europea che da Ceuta/Melilla, passando per la Libia e arrivando agli accordi EU-Turchia del 2016 esternalizza le frontiere delegando il lavoro sporco a Stati terzi e a Frontex. Sono proprio i finanziamenti europei, che hanno coperto i costi operativi di controllo delle frontiere, inclusi l’indennità giornaliera, il pagamento degli straordinari e l’equipaggiamento degli agenti di polizia e delle guardie di frontiera croata.