Da Il Manifesto del 18 novembre 2014

Ardita, calcio da paura

Neofascismo. «Calcio sociale» e partecipazione. Così gli «hammers» del quartiere San Paolo rompono l’egemonia dall’estrema destra. Ecco cosa si nasconde dietro l’assalto neofascista di domenica ai tifosi della squadra romana

19 / 11 / 2014

I colori, gial­lo­neri, non lasciano tra­spa­rire una par­ti­co­lare colo­ri­tura ideo­lo­gica. I due mar­telli incro­ciati nel sim­bolo riman­dano agli «ham­mers» più noti della sto­ria del cal­cio, quelli dei can­tieri navali lon­di­nesi dive­nuti mar­chio di fab­brica della “foot­ball aca­demy” del West Ham, squa­dra ope­raia per eccel­lenza, e alla sot­to­cul­tura pro­le­ta­ria degli skins (rossi, anti­fa­sci­sti) dell’East End lon­di­nese. 

Ultras così appas­sio­nati e orga­niz­zati (gli «arditi») non si sono mai visti su un cam­petto di terza cate­go­ria, ultimo gra­dino della cate­go­ria dilet­tanti, oltre il quale ci sono solo le par­tite tra sca­poli e ammo­gliati. Ban­diere, fumo­geni, slo­gan e stri­scioni, per­fino una linea di t-shirt e sciarpe per sot­to­li­neare più di una sem­plice appar­tenza: chi pre­fe­ri­sce l’Ardita San Paolo alle più bla­so­nate Roma e Lazio, e per­sino all’emergente Lupa Roma, lo fa per­ché quella squa­dra è anche un po’ sua.

È per quest’ultimo motivo in par­ti­co­lare, sosten­gono i soci-tifosi dell’ultima squa­dra della capi­tale, ger­mo­gliata nel qua­drante sud della città, tra i quar­tieri di San Paolo, Gar­ba­tella e Ostiense, che qual­cuno ha deciso, dome­nica scorsa, di dare loro una lezione. Una ven­tina di sup­por­ters erano andati in tra­sferta, a Magliano Romano, 1.500 abi­tanti a nord del capo­luogo, per seguire come sem­pre la loro squa­dra. 

Verso la mez­zora del primo tempo, il raid, pre­me­di­tato, ful­mi­neo, orga­niz­zato nei minimi det­ta­gli. «Sono arri­vati con una decina di mac­chine, armati di spran­ghe e manici di pic­cone, con il volto coperto, sono scesi e hanno comin­ciato a pic­chiare», rac­conta chi c’era. L’azione è stata ful­mi­nea, diretta ai tifosi e non ai gio­ca­tori, che non sono stati toc­cati dalla furia squa­dri­sta. Sono bastati pochi minuti per lasciare sul ter­reno sei feriti, uno più grave con un brac­cio rotto in più punti, e fug­gire prima che arri­vas­sero le forze dell’ordine. 

II giorno dopo, ieri, sono arri­vati gli arre­sti per nove estre­mi­sti di destra del viter­bese, gra­zie alla targa di un’auto ritro­vata: sono stati ritro­vati pas­sa­mon­ta­gna, bastoni, taglie­rini, caschi e guanti.

L’aggressione ha sor­preso per primi gli aggre­diti. Non era mai capi­tata una cosa del genere, mai una minac­cia o il sen­tore che qual­cosa di brutto potesse acca­dere. Il pro­getto dell’Ardita, al suo terzo anno di vita, pre­vede un ritorno ai valori ori­gi­nari dello sport più guar­dato e gio­cato al mondo (la con­di­vi­sione, la par­te­ci­pa­zione popo­lare, la socia­lità) e la resti­tu­zione del cal­cio a chi lo ali­menta con la pas­sione: i cit­ta­dini. Gra­zie all’amicizia del mister con Fran­ce­sco Totti, un giorno sono andati a incon­trare il «pupone» agli alle­na­menti della Roma, per rega­lar­gli una maglietta della loro squa­dra. «Lo abbiamo fatto per­ché sape­vamo che Totti è sen­si­bile alle tema­ti­che che ci stanno a cuore», quelle di un cal­cio a misura d’uomo e non di capi­tale, innanzitutto.

La vio­lenza di cui sono stati vit­time ha aperto gli occhi ai soci-tifosi dell’Ardita. «Ci siamo resi conto che siamo un peri­colo reale, per­ché attra­verso il cal­cio fac­ciamo, indi­ret­ta­mente, for­ma­zione sociale e poli­tica», afferma Giu­lio Papa­rella, che è respon­sa­bile dell’azionariato popo­lare: chi vuole par­te­ci­pare paga una quota annuale (si va dai 25 ai 50 euro), par­te­cipa alle assem­blee ed elegge i diri­genti. «E’ un modello par­te­ci­pa­tivo che spa­venta per­ché, in que­sta società sem­pre più indi­vi­dua­li­stica, noi riu­sciamo a far par­te­ci­pare tanti gio­vani, per la prima volta nella loro vita, a un pro­getto col­let­tivo», spiega. Nono­stante ci ten­gano a sot­to­li­neare che non fanno poli­tica («il nostro è in pri­mis un altro modello di sport, ed è que­sto che hanno voluto col­pire»), quest’ultima è nei fatti: un col­let­tivo di gio­ca­tori e tifosi che si pro­pon­gono di rifon­dare il cal­cio su basi diverse, soli­da­ri­sti­che e par­te­ci­pa­tive. È que­sta l’utopia dell’Ardita.

Ma nem­meno loro cre­de­vano di dare così tanto fasti­dio da meri­tarsi una spe­di­zione puni­tiva in piena regola. Il giorno dopo, ci riflet­tono su. I diri­genti sono con­vinti di aver intac­cato «il mono­po­lio dell’estrema destra nella gestione dello sport sociale e degli affari col­le­gati ad esso», e l’aggressione di Magliano Romano potrebbe essere una ritor­sione con­tro l’invasione di campo, un modo per segnare un con­fine inva­li­ca­bile e far sapere che chi lo oltre­passa rischia grosso.

Men­tre a Tor Sapienza andava in onda un gigan­te­sco spot a reti uni­fi­cate per la nuova destra lepe­ni­sta, su un ano­nimo cam­petto di pro­vin­cia vola­vano le basto­nate, «orga­niz­zate e scien­ti­fi­ca­mente ese­guite». «Certo, in que­sto momento il clima non è dei migliori e que­sto ci pone in seria dif­fi­coltà», dice ancora Paparella.

Però gli «ham­mers» romani non si spa­ven­tano e rilan­ciano: «Vogliamo arri­vare ai mas­simi livelli del dilet­tan­ti­smo e, per­ché no, anche al pro­fes­sio­ni­smo». Sarebbe più che una rifon­da­zione del cal­cio. Una rivoluzione.