Anch'io in piazza con gli indignados - Adesione di Luigi De Magistris all'appello del 15 ottobre

14 / 9 / 2011

«Indignatevi!» del partigiano francese Stéphane Hessel, ma anche «Indignarsi non basta» del nostro Pietro Ingrao. Contestare un modello di sviluppo ingiusto e fallimentare, senza delegare a governi, Bce, Fmi, banche l’impegno per la realizzazione di un modello sociale fondato sulla giustizia, l’uguaglianza e la sostenibilità ambientale. Perché l’obiettivo degli esseri umani è conseguire quella felicità che non è solo dimensione privata e individuale, ma condizione pubblica e collettiva. È per questo che aderisco.

Questo modello sociale e di sviluppo alternativi possono nascere dal tramonto del neoliberismo. È per questo che la crisi va colta come chance. Un modello sociale e di sviluppo alternativi a quelli imposti, in Italia, dalla manovra economica, a cui ci sollecitano i cittadini e i lavoratori che hanno partecipato allo sciopero della Cgil e che, oltre i confini nazionali, trovano corrispondenza negli indignados della Spagna. La crisi in atto impone a tutta l’Europa un ripensamento economico, superando l’idea che alla sola finanza possa essere affidato lo scettro del governo dell’economia; che il benessere di un paese possa essere indicato dall’andamento del Pil; che il mercato si debba autoregolare costringendo lo Stato a compiere un passo indietro; che il welfare sia una zavorra e la privatizzazione sia l’unica ricetta; che la crescita sia un must da perseguire senza limitazioni.
Era possibile un’altra manovra finanziaria che rispondesse ai canoni di giustizia, eguaglianza e sostenibilità ambientale. Era possibile applicare l’aliquota Iva ai capitali rientrati grazie all’ultimo scudo fiscale, consentendo di recuperare allo Stato circa 20 miliardi di gettito; introdurre una tassazione delle grandi rendite e dei grandi patrimoni, da accompagnare ad un contrasto strutturale all’evasione fiscale e ai costi della politica; attuare una diminuzione delle spese militari, soprattutto in contesti in cui non esiste una strategia diplomatica e il ruolo delle nostre forze armate appare “misterioso”. Era possibile evitare di scaricare la manovra sui redditi da lavoro (in particolare del pubblico impiego), approfittando della crisi per sferzare un colpo violento ai diritti dei lavoratori, come accade con l’art. 8. Era possibile evitare che a pagare fossero i cittadini e il welfare: tagliare agli enti locali vuol dire costringere comuni, province e regioni ad aumentare tasse e tariffe oppure ad azzerare i servizi. Trasporti, sanità e istruzione cadranno sotto il fuoco “amico” di una manovra antidemocratica, che colpisce due volte le donne penalizzandole nella previdenza ma anche nella gestione del rapporto lavoro-cura domestica, poiché viene meno il sistema sociale che dovrebbe aiutarle. Era possibile rispettare la volontà dei cittadini che nel referendum hanno espresso contrarietà alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi essenziali, cioè gli stessi che la manovra consente siano venduti a privati in cambio di un incentivo economico.
Per tutte queste ragioni sottoscrivo l’appello per la manifestazione del 15 ottobre. Lo sottoscrivo in quanto sindaco di Napoli, difficile capitale del Sud penalizzata per circa 220 milioni di tagli per il solo 2012. Lo sottoscrivo con la convinzione che si debba organizzare una mobilitazione tanto nazionale quanto locale, perché la resistenza dei territori resta preziosa e determinante. Un altro mondo è possibile ed esiste tutta la nostra determinazione per realizzarlo. Sapendo che non c’è liberazione spirituale senza quella materiale. Come insegnava un antico maestro di Treviri.