Alternative sistemiche: di cosa parliamo?

27 / 8 / 2019

Pubblichiamo come contributo ai focus-lab che si terranno durante il Venice Climate Camp al Lido di Venezia (4-5-6 settembre) un articolo di Pablo Solón comparso sul progetto editoriale Eco-Investigator (giugno 2019). Traduzione per Globalproject.info di Lorenzo Feltrin.

La premessa delle alternative sistemiche è che le crisi ambientali, economiche, sociali, geopolitiche, istituzionali e di civiltà sono parte di un tutto, sono interconnesse e si rinforzano mutualmente. È quindi impossibile risolvere una di queste crisi senza affrontare le altre come parte del tutto. Strategie unidimensionali non sono in grado di risolvere le crisi sistemiche e rischiano al contrario di aggravarle. Le crisi sistemiche sono causate da insiemi di fattori quali il capitalismo, la xenofobia, il razzismo, il patriarcato, l’estrattivismo, l’antropocentrismo, la plutocrazia, il produttivismo e il colonialismo. Un’alternativa sistemica tenta di affrontare e superare le cause strutturali delle crisi sistemiche. Le alternative sistemiche non progrediscono per stadi. Non si sostiene che bisogna prima andare oltre il capitalismo per poter risolvere il patriarcato o l’antropocentrismo. Le alternative sistemiche affermano che il capitalismo, il patriarcato, l’antropocentrismo e gli altri fattori sopra menzionati sono interdipendenti e mutualmente rafforzantisi.

Un’alternativa può anche cominciare da uno o più di questi fattori ma acquisisce una dinamica sistemica quando non si ferma lì e avanza per sfidare gli altri fattori che sono le cause soggiacenti delle crisi sistemiche. Generalmente, le alternative emergono dal rifiuto: fermare i combustibili fossili, metter fine ai femminicidi, no all’autoritarismo. Dal rifiuto, cominciamo a costruire alternative per dare una risposta positiva. La proposta di energie rinnovabili contro i combustibili fossili è un’alternativa. La pace contrapposta alla guerra è un’alternativa. L’agro-ecologia contro l’agricoltura tossica è un’alternativa. Queste proposte positive sono alternative, ma non necessariamente alternative sistemiche. Quando possiamo dire che si tratti di alternative sistemiche? Quando tali alternative diventano multidimensionali e cominciano a sfidare il capitalismo, il produttivismo, l’estrattivismo, il patriarcato, l’antropocentrismo, la plutocrazia, la xenofobia, il colonialismo e gli altri fattori strutturali delle crisi sistemiche.

La cosa più importante per definire un’alternativa sistemica è la direzione nella quale essa si muove. Se una proposta rimane in un quadro unidimensionale, per esempio proponendo solo energie rinnovabili, è un’alternativa rispetto ai combustibili fossili ma non è ancora un’alternativa sistemica. Dal momento in cui tale proposta comincia a dire che il problema non è solo la fonte dell’energia, ma anche chi la controlla e come viene prodotta, distribuita e consumata, essa comincia ad avere una più ampia dinamica sistemica che mette in causa il capitalismo, il produttivismo e l’estrattivismo. Tuttavia, il processo di costruzione di un’alternativa sistemica deve andare ancora più in là. Per esempio, per quanto riguarda la questione dell’acqua, il riconoscimento e l’applicazione del diritto umano all’acqua è un’alternativa, ma non è abbastanza. Per essere un’alternativa sistemica, deve anche denunciare la privatizzazione e la mercificazione dell’acqua. La crisi idrica globale non può essere risolta senza superare l’estrattivismo, il produttivismo e il consumismo. Il settore minerario utilizza enormi quantità di acqua e inquina fiumi ed ecosistemi. L’agro-industria è il settore che consuma più acqua. Per un chilo di carne sono necessari 15,000 litri d’acqua. Senza un’agro-ecologia sostenibile e cambiamenti nelle abitudini di consumo, è impossibile affrontare il problema dell’acqua. Per produrre un’automobile sono necessari 148.000 litri d’acqua. Il produttivismo, sia in una logica capitalista che in una logica socialista, è un fattore importante che deve essere sfidato per affrontare la crisi idrica globale. L’acqua non può essere gestita solo dall’alto, attraverso una logica statista. Diversi gruppi umani in campagna e in città devono essere coinvolti nella sua gestione, promuovendo una pratica dei beni comuni.

Le questioni dell’acqua e dell’igiene di base sono anche un’espressione molto chiara del sistema patriarcale. Sul pianeta, centinaia di milioni di donne camminano più di un’ora al giorno per approvvigionarsi di acqua. La mancanza dell’igiene di base è uno dei fattori che aggravano le aggressioni sessuali e gli stupri contro le donne. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo 2,1 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua salubre nelle proprie case e 4,5 miliardi di persone necessitano igiene di base. Questa situazione estremamente critica sta peggiorando con il riscaldamento globale. Le donne spendono più tempo degli uomini in mansioni legate all’agricoltura, la cucina, le pulizie e la salute familiare. Tuttavia, in generale, le donne sono subordinate su diversi livelli all’interno delle strutture di gestione dell’acqua. La costruzione di alternative sistemiche necessita la femminizzazione della gestione dell’acqua in tutte le sue forme. La gestione dell’acqua deve comprendere non solo la dimensione umana ma anche la preservazione del ciclo vitale dell’acqua. Per garantire il diritto umano all’acqua, è necessario riconoscere e garantire i diritti dell’acqua stessa. È fondamentale considerare l’acqua non meramente come una semplice risorsa, un oggetto, ma riconoscere che l’acqua è un soggetto che nelle sue diverse forme di fiume, neve o oceano ha il diritto di scorrere, di non essere contaminata, di vivere e dare vita. Se i fiumi sono soggetti con diritti, questo deve riflettersi nell’esercizio della democrazia nei nostri comuni, provincie, stati e spazi di integrazione internazionale. Una democrazia reale deve includere meccanismi di rappresentanza dell’acqua. Una democrazia antropocentrica non può risolvere la crisi idrica.

La continuazione di capitalismo, globalizzazione, antropocentrismo, patriarcato, estrattivismo, xenofobia e produttivismo sono una fonte di crescenti conflitti e guerre idriche. L’acqua sarà uno dei fattori più determinanti nei conflitti geopolitici tra paesi, regioni e gruppi sociali, etnici e religiosi. L’acqua non conosce frontiere e la sua esistenza pone la necessità di ripensare i confini tra le nazioni e muoversi verso una gestione idrica condivisa. La crisi idrica globale necessita di una integrazione internazionale che non sia dominata dal capitale e dalle ambizioni geopolitiche delle élite statali.

Un’alternativa può essere multidimensionale senza essere ancora anti-sistemica. Anche il capitalismo, il patriarcato e il neocolonialismo sviluppano proposte multidimensionali per adattarsi ai nuovi contesti e preservare quindi la propria esistenza. Ci sono alternative che nascono con una dinamica anti-sistemica ma vengono poi catturate dal sistema. Così è stato, per esempio, nel caso della green economy, che in origine promuoveva una diversa relazione tra umanità e ambiente ma ora è diventata un nuovo modo di commercializzare la natura attraverso iniziative come REDD+ e il pagamento di servizi ambientali. In altre parole, non è garantito che un’alternativa sistemica rimanga tale per sempre. Tutto dipende dalle sue dinamiche, traiettorie, applicazioni, da come si evolve adottando nuove prospettive e approfondendo le sue proposte per far fronte veramente ai diversi fattori delle crisi sistemiche.

Per questi motivi, le alternative sistemiche non possono essere ridotte a una lista di buone pratiche. Tutte le buone pratiche devono approfondirsi e trasformarsi per diventare alternative sistemiche. Senza questa evoluzione, che non è esente da crisi, contraddizioni e conflitti, una buona pratica può finire per essere catturata dal sistema che aspirava a cambiare. Le alternative sistemiche sono in primo luogo processi piuttosto che fatti dati. Per questo non possono essere replicate e moltiplicate indiscriminatamente. Non ci sono alternative sistemiche universali. Tutto ha un contesto, una storia, un futuro, e attori che non possono essere replicati meccanicamente in qualsiasi situazione. La costruzione di alternative sistemiche deve sempre cominciare dalla conoscenza delle realtà concrete e delle loro dinamiche. Per costruire alternative sistemiche, è fondamentale cominciare dalla realtà in trasformazione e dalle premesse teoriche ed esperienze pratiche di diverse visioni e approcci come quelli dei beni comuni, la decrescita, il Vivir Bien, l’eco-socialismo, i diritti della Madre Terra, gli eco-femminismi, la sovranità alimentare, la transizione giusta, la de-globalizzazione e molti altri. Tutte queste proposte sono molto valide, ma nessuna può rispondere da sola a tutte le complessità delle crisi sistemiche. Tutti questi approcci devono entrare in processi di complementarietà per poter forgiare alternative sistemiche. Complementarietà significa completarsi a vicenda per formare un tutto che risponda alla complessità dei problemi che ci stanno davanti. Un processo di complementarietà richiede che si apprenda dalle prospettive altrui, che si capiscano le premesse delle altre proposte, che si scoprano i punti di forza degli altri, che si esplorino le proprie debolezze e mancanze e, soprattutto, che si pensi nei termini della totalità del tutto.