Martedì 24 gennaio, alle 18.30 presso la libreria Feltrinelli di Corso Buenos Aires 33, verrà presentato, do
po l’anteprima di lunedì 23 in 13 diverse città italiane, il film Acab, tratto dall’omonimo libro di Carlo Bonini, per la regia di Stefano Sollima. Saranno presenti il regista e diversi attori.
Potremmo dire, come hanno già fatto altri, che “il titolo ci piace, peccato per la trama”.
Potremmo raccontare diverse vicende, tutte vissute in prima persona, di
come abbiamo avuto modo in mille occasioni di “conoscere” i reparti
celere e i loro modi d’essere e agire.
Potremmo parlare delle storie di Aldo Bianzino, Carlo Giuliani, Stefano
Cucchi, Federico Aldrovandi, solo per citarne alcune tra le tante.
Potremmo parlare del libro e di come già esso ci fosse sembrato un
miscuglio di racconti parziali, romanzati, edulcorati che tutto potevano
sembrare tranne che una reale ed obbiettiva descrizione della natura
delle forze di Polizia nel nostro paese e in particolare dei reparti
celere, siano essi all’opera nelle piazze in occasioni di cortei o negli
stadi.
Potremmo parlare di come una certa spettacolarizzazione cinematografica e
letteraria, tutta tesa ad affascinare e accattivarsi attenzioni
giocando spregiudicatamente con figure e storie di dubbio gusto (quando
non completamente negative) produca mostri sociali pericolosi.
Potremmo ragionare sui processi emulativi che portano poi delinquenti
para-fascistoidi (ogni riferimento al film e alla serie “Romanzo
Criminale” è puramente voluto e, visti gli attori e il regista di Acab,
assolutamente non casuale) ad assurgere al ruolo di “modello”
nell’immaginario di giovani abbagliati dagli effetti speciali e dalle
narrazioni mitizzanti.
Potremmo evidenziare come quelle divise blu e nere assai spesso
assomigliano, dialogano, collaborano, proteggono e foraggiano altri
altrettanto lugubri colori ed individui, in camicia nera (ma del terzo
millennio!), croce celtica e svastica, a conferma del fatto che la
matrice storica, il pensiero e soprattutto la funzione sociale sia da
sempre e ancora oggi la stessa. E chiarendo quindi che non esiste, se
non come falso colossale, un Acab “apolitico”: al massimo esiste un Acab
istintivo e poco politicamente consapevole, ma non certo un Acab
trasversale e ideologicamente accomunante le ragioni degli oppressi con
le responsabilità degli oppressori, ridipinti o meno che siano.
Potremmo fare tutto questo e tanto altor ancora, ma “…se il mondo vi odia ci sarà un perchè!” e allora preferiamo farlo in forma pubblica, aperta, visibile.
Acab per noi è un tatuaggio che molti hanno inciso sulla loro pelle,
una maglietta sfoggiata a testa alta, una scritta vergata con orgoglio
sopra un muro…vi siete mai chiesti come mai?
Acab per noi è un urlo che sale forte di fronte ad una carica in piazza
contro lavoratori, studenti, migranti, precari. Acab sono i lavoratori
della Fincantieri manganellati, gli studenti dell’Onda universitaria a
cui s’impedisce di manifestare, i migranti caricati dentro i Cie come
Corelli.
Acab è uno stile, un concetto, un motto che dilaga nelle piazze e nelle
periferie delle metropoli, è un odio transnazionale e transgenerazionale
che cresce spontaneo sulla pelle viva di giovani dalla pelle scura e
l’accento dialettale, sui corpi dei ragazzi e delle ragazze che non
hanno bisogno di vedere questo film per saperne il livello di
mistificazione e falsità.
Noi non ci stiamo, la vita non è un film.
Acab, una realtà.
Martedì 24 gennaio 2012
Corso Buenos Aires 33, ore 18.30.
Veniamo anche noi. Venite anche voi.
Zona Autonoma Milano Z.A.M.