A Verona è marea transfemminista

30 / 3 / 2019

«Oggi Verona è tutta femminista!». Il noto slogan usato da Non una di meno in tutte le sue manifestazioni sembra descrivere al meglio l’atmosfera che si respira nella città scaligera. È stato chiaro fin dalla mattina – e lo si intuiva da giorni - che il grigiore reazionario del World Congress of Families sarebbe stato spazzato via da una marea fucsia e di tanti altri colori.

Diverso tempo prima dell’inizio della manifestazione di oggi, inserita nella tre giorni organizzata da Non una di Meno dal titolo “Verona città transfemminista”, Piazza XXV aprile, antistante alla stazione, è già gremita di persone abbigliate con pañuelos; migliaia di donne e uomini scesi in piazza per respingere i contenuti sessisti, omofobi e razzisti dei partecipanti al congresso. Moltissimi i cartelli e gli striscioni che rivendicano diritti di autodeterminazione, piani antiviolenza, uguaglianza sostanziale. I treni giungono a Verona con diversi minuti di ritardo, accumulato nelle varie stazioni gremite di manifestanti. A Vicenza il treno regionale e stracolmo di persone e le attiviste decidono di occupare un Frecciarossa per giungere a destinazione.

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Nel frattempo è stata allestita, con grate e un impressionante numero di blindati, la vergognosa “zona rossa” nell’area del Congresso.

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Il corteo si muove intorno alle 15; sono ben 4 i furgoni allestiti, dai quali ci saranno musica e interventi. Alla partenza, le organizzatrici del corteo hanno intimato a Pd, Cgil, Arcigay di ammainare le bandiere, proprio per evidenziare il processo non identitario che ha portato alla manifestazione.

I primi interventi sono stati di un’attivista argentina di Ni Una Menos e di una femminista proveniente dalla Polonia: entrambe hanno messo in luce la transnazionalità delle battaglie femministe e rilanciato l’assemblea internazionale di domani.

La prima azione del corteo si è svolta in piazza Bra, militarizzata per proteggere i partecipanti al Congresso che si stanno riunendo alla Gran Guardia: un gigantesco pañuelo è stato aperto e sventolato davanti alla polizia in assetto antisommossa mentre venivano accesi decine di fumogeni fucsia. Cori contro la polizia, anche in riferimento ai fatti di ieri a Padova.

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Il corteo ha poi ripreso il percorso, proseguendo per le vie del centro. Le attiviste si sono schierate all'imbocco del ponte navi. Un cordone che simboleggia le frontiere di genere e i confini che il governo leghista vuole chiusi. Un confine che viene scavalcato dalla marea transfemminista di Verona: il corteo  sfonda letteralmente quella frontiera riprendendo le vie della città.

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Dal camion interviene Lisa, ragazza ferita ieri a Padova dalla celere, schierata a difesa dei neofascisti di Forza Nuova in piazza contro la 194. «Violenza patriarcale è quella di chi attacca la libertà del nostro corpo a parole, come i reazionari antiabortisti, è quella di chi lo malmena con i manganelli, come ha fatto uno stuolo di uomini della celere a Padova a difesa dei fascisti».

Nel corso del corteo c’è stata una provocazione di fascisti in una via laterale. La polizia ha chiuso la via con un blindato e agenti in assetto antisommossa, mentre le compagne di Non una di Meno hanno rinforzato il servizio d’ordine laterale, allo scopo di proteggere il corteo da fascisti e poliziotti.

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In diversi interventi vengono annunciati i numeri del corteo, impressionanti per una città di provincia: «siamo più di 100 mila!». L'intera città è occupata da chi manifesta oggi il proprio dissenso contro coloro che vorrebbero imporre dall'alto la loro idea di mondo, basato su quella "famiglia naturale" che non è niente di più che un artificio antropologico.

Nella parte finale del corteo interviene un’attivista della Campaña por el aborto legal e Ni Una Menos in Argentina. Invita tutte le donne, le soggettività LGBT e tutti coloro che si battano contro l’eteropatriarcato ad unirsi e costituire nuove forme di famiglia, basate sulla cura e sulla solidarietà allargata, di certo non su norme inventate inerenti ad una fantomatica natura.

*** Photo Credit (in copertina) Michele Lapini