Fotografare la basilica di San Marco affiancandola a 60 metri d’altezza ha un prezzo, ed è modico. Con
620 euro potrete partire (e tornare) a Venezia, per una crociera di una
settimana (dal 9 al 16 giugno) su MSC Fantasia. L’ammiraglia del gruppo
MSC Crociere, 330 metri di lunghezza e 66 di altezza,
attraverserà il Canale della Giudecca, a fianco del monumento simbolo
della città lagunare, e -nel 2013- lo faranno almeno altre 650 grandi
navi.
Tra i molti passeggeri che realizzeranno così il sogno di una vita,
pochi si rendono conto che per vedere (così) Venezia mettono a rischio
la città e la sua Laguna, che fanno parte -dal 1987- del Patrimonio
mondiale dell’umanità dell’Unesco. Non lo capiscono,
forse, perché non sono loro a pagare il costo, che è economico,
ambientale e sociale. Del resto, “le compagnie di navigazione hanno un
forte incentivo a comportarsi da free rider, perché possono trarre
beneficio dalle risorse senza pagarne il prezzo”, come spiega ad Ae Giuseppe Tattara,
ordinario di Politica economica in pensione dell’Università Ca’
Foscari. A fine marzo, Tattara ha pubblicato un paper che analizza
“costi e ricavi del crocierismo a Venezia”. Il titolo è eloquente, “È solo la punta dell’iceberg!”,
e mette in luce come i costi calcolabili -che sono l’inquinamento
dell’aria, l’inquinamento del mare, il cambiamento climatico-, per 278
milioni di euro all’anno, siano praticamente comparabili ai ricavi -del
settore turistico e per i servizi e altre attività portuali- generati
dalla presenza, in città, di circa 1,8 milioni di crocieristi all’anno,
che Tattara calcola in 290 milioni di euro. “È solo la punta
dell’iceberg -racconta Tattara- perché non è possibile tener conto dei
danni maggiori, che non sono quelli legati all’inquinamento da ossidi di
azoto e di zolfo, dagli idrocarburi volatili, dalle Pm10 e Pm2,5, ma
derivano dall’alterazione della morfologia lagunare”. Danni che sono
esternalità negative, per usare un gergo caro agli economisti, e
ricadono sulla “maggiore parte dei residenti nella città storica, che
sopportano un costo annuo di circa 6mila euro pro capite”. L’industria
delle crociere -ed è tipico del free rider- non ha alcun interesse a
rallentare, anzi: dal 2008 al 2012, secondo l’“Annuario turismo 2012”
del Comune di Venezia, presentato il 10 aprile 2013, il numero di navi
da crociera approdate in città nel 2012, 661, è cresciuto del 23%
rispetto a cinque anni prima (535), mentre il numero di passeggeri
imbarcati, nello stesso periodo, è aumentato del 46 per cento. “Ciò
significa che a Venezia arrivano navi sempre più grandi” annuisce
Tattara, e infatti i dati di Venice Terminal Passeggeri (una società partecipata dall’Autorità
portuale, da Save spa -che gestisce anche l’aeroporto cittadino-, da
Veneto Sviluppo spa, dalla Camera di commercio di Venezia e da Finpax
srl) evidenziano che il 48% delle navi, quelle da più di 70mila tonnellate, hanno trasportato il 70% dei crocieristi.
Il flusso, inoltre, è molto concentrato nei mesi estivi (maggio-ottobre)
e nei fine settimana: per questo sono troppi, anche se quelli che
dormono a Venezia sono solo circa terzo di quelli imbarcati, 650mila su
1.775.994 nel 2012, e rappresentano -secondo Paolo Costa, presidente
dell’Autorità portuale- un’aggiunta “molto modesta” al totale dei
turisti che visitano la città, oltre 20 milioni. E per questo c’è chi, a
Venezia, pensa che sia il caso di fare uno più uno, e trarre le
conseguenze: se la città è invasa dai turisti, e se tra questi i
crocieristi arrivano utilizzando un mezzo degradante per il futuro del
centro storico e della Laguna, si potrebbe iniziare a ridurre le
presenze chiudendo il canale della Giudecca alla grandi navi da
crociera. È ciò che propone il Comitato No grandi navi-Laguna bene comune (www.nograndinavi.it), che vorrebbe chiudere la Laguna a tutte le navi con una stazza superiore alle 40mila tonnellate.
“Innanzitutto c’è un problema di inquinamento -spiega ad Ae Tommaso Cacciari-:
dal 2009, e fino a marzo 2013, le navi hanno potuto utilizzare, anche
in Laguna, un carburante con un tenore di zolfo pari al 3,5%, ben
superiore a quello consentito alla benzina per auto. In un week end
estivo, quando ne abbiamo 6 o 7, Venezia è una specie di svincolo
autostradale, e non ci sono centraline che misurano l’inquinamento”.
Inoltre, aggiunge Cacciari, “la centralina ‘classica’ dell’Arpav, quella
che misura le emissioni all’altezza dei tubi di scappamento di un’auto,
a 40 centrimetri da terra, non è lo strumento adatto per misurare le
emissioni di una grande nave, che dovremmo considerare come una
‘fabbrica’. I controlli, cioè, andrebbero fatti ai fumaioli, ma questo
non si può fare senza il permesso aziendale”. Si arriva a un paradosso:
domenica 14 aprile, in occasione della “domenica ecologica” del Comune,
tutti sono andati a remi, mentre tre grandi navi hanno attraversato,
comunque, il canale della Giudecca, e fatto un inchino di fronte a San
Marco, per poi attraccare. “La potestà sul bacino è dell’Autorità
portuale, che dipende dal ministero delle Infrastrutture: il Comune non
ha alcun potere”, e rischia perciò di restare lettera morta anche
l’articolo 35 bis del Piano di assetto territoriale, votato a fine
dicembre 2012, che prevede l’allontanamento delle grandi navi dalla
laguna perché definite “incompatibili con la città storica e il contesto
lagunare”. Domenica 14 aprile, gli attivisti del Comitato hanno calato
uno striscione dalla Basilica di San Giorgio Maggiore, sull’omonima
isola: è giusto dirimpetto a San Marco, e “ed è l’esempio di una città
che sta crollando, ‘scendendo’ in Laguna -spiega Cacciari-: Venezia non
ha fondamenta, poggia su fango, sabbia. Il passaggio di una nave sposta
una massa d’acqua pari al volume dello scafo, fino a 130-135mila metri
cubi, acqua che sbatte sulle rive”. Consumando Venezia. A questo danno
s’aggiunge quello fatto scavando i canali della laguna per far passare
le grandi navi. “Vere e proprie autostrade -racconta Cacciari-: se la
profondità media della laguna è di un metro, i canali portuali scendono
fino a 10, 14 metri. Questa situazione ‘innaturale’, al passaggio delle
navi, comporta la formazione di piccoli tsunami sotterranei, che mettono
in movimento milioni di metri quadrati di sedimi, e seguono la nave
fuori, in mare. Il rischio è che la laguna non diventi altro che un
braccio di mare”. Proprio per questo, il 19 dicembre 2012 il comitato ha
presentato all’Unesco la petizione popolare “Fuori dalla laguna le
navi incompatibili”. L’hanno sottoscritta 12.565 persone. Tra le
richieste, nella discussione sul Piano di gestione del sito Unesco,
l’esigenza di stabilire una soglia totale di sostenibilità turistica
giornaliera, “e che anche al crocierismo ne venga assegnata una quota
invalicabile”. Gli uffici Unesco, da Parigi, non hanno ancora risposto. E
il Comitato ha deciso di convocare, l’8 e 9 giugno, le Giornate internazionali di lotta contro le grandi navi e le grandi opere.
All’imbocco della laguna, infatti, avanzano i lavori per il Mose, che
dovrebbe proteggere la città dall’acqua alta. In futuro, con le paratie
chiuse, le grandi navi non passeranno. ---
La carica delle 5mila
I porti italiani dovrebbero essere “toccati”, nel 2013, da circa 5mila
crociere, segnando una leggera crescita rispetto al 2012 e segnando così
il pieno superamento psicologico del “problema Schettino”.
I passeggeri, secondo le previsioni di Cemar Agency Network,
dovrebbero essere 11,05 milioni. Cinque i porti che superano il milione
di passeggeri: sono Civitavecchia, Venezia, Genova, Napoli e Savona. La
città lagunare è anche l’esempio di come il mercato sia molto
concentrato: il 79,8 per cento delle navi che attraversano il Canale
della Giudecca fanno capo a tre gruppi, Carnival (35,8%, che controlla anche Costa Crociere), MSC Crociere (29,8%) e Royal Caribbean International (14,2%).
A Venezia un inchino può costare caro
Dopo i fatti di Genova diventa ancora più "impellente" la richiesta del Comitato No Grandi Navi, che l'8 e il 9 giugno a Venezia manifesterà per chiedere l'allontamento delle imbarcazioni di crociera che oggi passano a fianco di San Marco.
14 / 5 / 2013
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