Inchiesta tratta dall'ultimo numero del settimanale Left

A Bagnoli c'è odor di camorra

di Antonio Musella

28 / 6 / 2012

Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris si trova a fare i conti con ditte colpite da interdittiva antimafia che parteciperanno alla riqualificazione del quartiere di Bagnoli, la più grande operazione urbanistica del capoluogo campano. Aziende che attraverso un gioco di scatole cinesi sopravvivono a loro stesse e riescono a superare le maglie dei controlli. Come la Ibi idroimpianti spa, una società colpita da interdittiva antimafia e finita al centro di una delle più importanti inchieste sullo scandalo rifiuti in Campania, quella sulla discarica di Chiaiano. La Ibi, sospesa dalla gestione del sito nel febbraio 2011, è accusata di aver utilizzato materiali scadenti ed aver dato subappalti alla Edil Car della famiglia Carandente Tartaglia legata al clan Mallardo e ai Casalesi. Di proprietà della famiglia D’Amico, la Ibi all’inizio del 2011 viene acquistata dalla Entei spa che nel suo assetto manageriale presenta evidenti continuità con la Ibi. A cominciare dalla figura di Dario Spigno, ex procuratore di Ibi ed ora amministratore unico di Entei strettamente legato alla famiglia D’Amico, attualmente proprietario di quasi un terzo dell’azienda. E il 29 marzo 2012, Spigno è stato anche condannato insieme a Alessandra D’Amico per l’omicidio colposo di Pietro Ghiani, un operaio morto nel 2008 mentre lavorava in nero in un cantiere a Mores, provincia di Sassari. Anche gli altri proprietari della Entei hanno in passato lavorato per Ibi: Imperato Liberato e Franco Russo, azionisti di maggioranza dell’Entei, erano rispettivamente direttore tecnico e socio della Ibi. Tanto che la procura di Caltanissetta nel febbraio 2012 ha spiccato un’interdittiva antimafia atipica contro la Entei. A palazzo San Giacomo la vicenda sta facendo storcere la bocca a sindaco e assessori.

La bonifica
Il litorale flegreo napoletano attende da tempo lo sblocco dei finanziamenti per la bonifica e riqualificazione della zona un tempo occupata dalla ex Italsider, azienda pubblica siderurgica, che per anni ha inquinato spiaggia e mare di una delle zone più belle della città all’ombra del Vesuvio. Da molti anni il Comune di Napoli ha affidato alla municipalizzata Bagnoli futura il compito di programmare la riqualificazione. Tra le opere previste vi è anche la realizzazione del “Polo tecnologico dell’ambiente”: 100mila metri quadrati da affidare ad aziende che si occupano di tecnologie ambientali. L’area è stata ceduta ai privati durante la passata amministrazione guidata da Rosa Russo Iervolino alla Pta, una società consortile formata dalla Camera di commercio di Napoli e dalla Amra (Analisi e monitoraggio dei rischi ambientali). Amministratore delegato della Amra è Igino della Volpe, ex consulente di Ibi. E il 30 per cento della società è di proprietà proprio della Entei. Non solo: nel consiglio d’amministrazione dell’Amra siede anche il professor Umberto Arena, docente presso la Seconda università di Napoli ed ex assessore all’Ambiente della Provincia di Caserta, onnipresente consulente per impianti e piani legati alla fallimentare emergenza rifiuti campana. left ha provato a contattare il dottor della Volpe presso gli uffici di Amra in via Nuova Agnano a Napoli. Ma la segretaria del manager ha preferito chiuderci il telefono in faccia. Paura che qualcuno scopra che quello che esce dalla porta può sempre rientrare dalla finestra? Il futuro di Bagnoli, infatti, potrebbe ritrovarsi nelle stesse mani di coloro che hanno già combinato un disastro ambientale a Chiaiano. Possibile che nessuno se ne accorga? Lo abbiamo chiesto al vicesindaco con delega all’Ambiente Tommaso Sodano, alla vigilia di un probabile rimpasto nella giunta De Magistris, anticipato dalle dimissioni proprio dell’assessore alla Sicurezza e agli appalti Pino Narducci. Sodano drizza le antenne: «Certamente dobbiamo avere gli occhi aperti». Ma allo stesso tempo alza le mani: «Il suolo è privato ed è stato venduto dalla precedente amministrazione, noi non abbiamo strumenti per intervenire. Abbiamo fatto il possibile presentando diverse prescrizioni al Pta per il ripristino delle aree verdi a disposizione del quartiere», spiega il vicesindaco di Napoli.

Le scatole cinesi
Quando nel 2011 Entei acquista Ibi, subentra alla chiacchierata impresa in tantissimi appalti. Non a Napoli, dove nell’autunno del 2011 il consigliere comunale Pietro Rinaldi della lista civica “Napoli è tua”, nota la continuità tra Entei ed Ibi. Rinaldi presenta una durissima interrogazione e spinge l’amministrazione a revocare alla società gli appalti che riguardavano la depurazione delle acque reflue alla Ibi-Entei. Delle scatole cinesi dei D’Amico si accorgono anche in Sicilia dove Entei è azionista delle aziende dell’acqua di Caltanissetta (Caltacqua) e di Agrigento (Grigenti acque). Un’interdittiva antimafia viene spiccata da parte della prefettura di Agrigento ai danni della Entei. La società, che era subentrata ad Ibi, è costretta tra febbraio e marzo del 2012 a lasciare la Sicilia. Eppure, in altri Comuni la Entei continua a vincere appalti come se nulla fosse, in particolar modo nella provincia di Avellino (Lapio, Carife, Altavilla Irpino, Sant’Angelo all’Esca) e Salerno (Sala Consilina). Ma anche nel palermitano, a Giardinello, e in provincia di Treviso a Montebelluna. Prima o poi però si trova sempre qualcuno che si mette ad indagare. La procura di Lagonegro ha aperto un fascicolo sulle attività della Entei in merito alla gestione dei depuratori lucani. In Basilicata, la Entei subentra ad Ibi nella gestione di alcuni depuratori del fiume Noce. Depuratori che, secondo i comitati civici locali, non funzionano bene. In testa alla battaglia c’è l’attore Ulderico Pesce, impegnato da sempre nel teatro civile al fianco delle battaglie per la difesa della salute e dell’ambiente: «Nel depuratore di Memoli abbiamo trovato i tubi di uscita colmi di fanghi, che per legge vanno depurati e non abbandonati. Quindi o il depuratore non funziona o qualcuno li ha gettati lì». Pesce e quelli dei comitati hanno svolto anche delle analisi delle acque che escono dai depuratori: «Nei pressi del depuratore di Carroso di Lauria abbiamo rilevato il 18 per cento di solventi chimici, percentuali che si trovano sono negli scarichi delle concerie». Le acque così trattate dai depuratori gestiti dalla Entei vanno direttamente nel golfo di Policastro. «La cosa che c’è sembrata strana», conclude Ulderico Pesce, «è che i Comuni della zona non si siano preoccupati del fatto che la Entei abbia acquisito la Ibi che è piena di interdittive antimafia e non abbiano chiesto alla ditta nessun certificato antimafia»