La repressione ossessiva, totale, pervasiva vista a Copenhagen ha bisogno di trovare dei colpevoli, al costo di inventarseli. E lo sta facendo: 7 attivisti CJA andranno a giudizio il 16 marzo e i giorni seguenti, in quello che non è altro che uno strascico politico del COP-15. Sulla base delle accuse, rischiano alcuni anni di carcere ciascuno.

Stop the police warming! freedom for climate activists! Call for net action

15 / 3 / 2010

La sola democrazia che ci è data è quella dell'assenso o dell'assenza.
Possiamo o plaudire o toglierci di mezzo quando la polizia ci comunica che le decisioni sono prese e che ogni altra via, se non la ritirata, è proibita.
Ebbene, non possiamo acconsentire ad ogni cosa  né essere sempre assenti.
Ci assentiamo dall'assentire.


English version

[ :: importante ::

      sulla base del testo che segue, per mostrare in modo efficace il supporto ai 7 accusati e l'attenzione che il caso suscita da parte di migliaia e migliaia di persone, proponiamo di tempestare le caselle di email del tribunale danese, del governo, del parlamento e dell'ambasciata danese in italia. I dettagli in fondo alla pagina.

Altro materiale si può trovare qui:

Clima Collective page

The World on Trial

Reclaim the Power! : photos, videos and written materials

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Il 16 marzo Natasha Vercoe e Noah Weiss andranno sotto processo a Copenhagen. Sulla base delle accuse, rischiano anni di galera.

In breve tempo anche Tannie Nyboe, Stine Gry,Malthe Ege, Mads Kissow e Tadzio Mueller dovranno difendersi in tribunale.

Tutti e sette sono tra i membri e i portavoce del CJA, l'assemblea internazionale che ha collettivamente organizzato l'azione di disobbedienza civile di massa “Reclaim the Power” del 16 Dicembre scorso.

I loro telefoni sono stati intercettati, le loro case perquisite, loro sono stati seguiti e arrestati mentre camminvano per strada.

Questi sette compagni, alcuni dei quali sono già stati in galera per tre settimane, sono accusati di aver pianificato violenze contro la polizia (senza che uno straccio di prova fosse prodotto) e “azioni illegali”.

Tali azioni consistevano in forme pacifiche di disobbedienza civile, pubblicamente dichiarata e discussa.

Usare il nostro corpo per assediare le linee di polizia senza lasciare che fermino le nostre idee colpendo e arrestando i nostri corpi è un crimine che merita la galera? Non dovrebbero, invece, essere giudicati quei potenti che – protetti da quella polizia – tentavano di impedire ogni discussione reale sull'energia ed il clima per il massimo vantaggio degli affari e del profitto, incuranti e sprezzanti della sopravvivenza di miliardi di persone e delle future generazioni?

Non è colpa nostra se il teatro democratico si è mostrato definitivamente rotto. Non è colpa nostra se ogni indipendenza e partecipazione sono impedite per le superiori ragioni del business, dello stato e dell'impero.

Le decisioni sono già prese per ogni cosa: la produzione di energia e lo sfruttamento della natura, la gestione dei rifiuti, la guerra.. ogni cosa.

Da chi e a vantaggio di chi non è dato di sapere. Non sappiamo a chi veramente appartenga la sovranità, se ancora sia fra noi o in qualche non-luogo dell'impero.

È colpa nostra questa?

La sola democrazia che ci è data è quella dell'assenso o dell'assenza.

Possiamo o plaudire o toglierci di mezzo quando la polizia – lei si armata, con i blindati e con uomini non riconoscibili – ci comunica che le decisioni sono prese e che ogni altra via, se non la ritirata, è proibita.

Ebbene, non possiamo acconsentire ad ogni cosa né essere sempre assenti.

Ci assentiamo dall'assentire.

Quindi, collettivamente, marciammo. Non lasciammo, e non lasceremo, che la nostra volontà sia spezzata, le nostre anime amputate dei loro sogni, delle loro passioni, del loro immaginario. Non lasceremo che le idee siano fermati dal vigliacco pestaggio dei corpi.

Chiunque dica che siamo “armati” è un miserabile senza cervello e senz'anima: stravolgere il senso delle nostre parole non varrebbe che il nostro silenzio. Eppure dobbiamo parlare, perché è necessario condividere queste esperienze, questa realtà con coloro che non l'hanno vissute. Perché vogliamo indietro le nostre sorelle e i nostri fratelli che sono accusati di qualcosa per cui sono innocenti ma rischiano di restare a lungo in prigione per quella che è la loro vera colpa: il non collaborare con il potere, gridando forte “preferire di no..”.

La repressione è stata cieca e assurda.

C'era un clima piuttosto peculiare a Copenhagen in quei giorni: il police warming era estremo. Chiunque poteva sparire ad ogni angolo di strada. All'improvviso non sapevi dove amici e fratelli fossero. Strani robot circondavano i concentramenti e la manifestazioni, monitorando tutto e improvvisamente piombando nella folla e afferrando qualcuno. Molti, a volte, fino a qualche centinaio alla volta.

Nessun crimine apparente motivava questi arresti, né nelle manifestazioni né lungo le strade. Era una questione di gusto. Se sembravi un “disturbatore”, ciò era sufficiente per prenderti e portarti via, nella Guantanamo che avevano approntato.

Sappiamo per esperienza diretta che durante le udienze di conferma degli arresti per la magistratura manifestazioni pacifiche, legali e legittime erano equivalenti a “disordini pubblici”. Potete quindi immaginare come tentare un qualsiasi atto di disobbedienza era sufficiente per finire dietro le sbarre, per quanto minimo, simbolico e inoffensivo potesse essere.

Tutto ciò che riteniamo essere “normale” in Europa era in quei giorni stravolto. Il corpo non ci apparteneva più: poteva essere preso, imprigionato, detenuto in una vera e propria Guantanamo senza che ci fosse stata una violazione di una qualche legge. Il principio fondamentale della libertà era andato perduto e, in qualche modo, una sorta di “desaparicion” aveva fatto la sua entrata sulla scena della repressione europea.

Prendiamo tutto questo come misura di quanto profondamente si colpisca il potere oggi quando si reclama giustizia ed indipendenza per tutte e tutti, quando si reclami il potere a partire dalla governance dell'energia al di fuori della razionalità del puro business.

Prendiamo tutto questo come una pallida misura della violenza che il potere può scatenare contro i movimenti anche qui in Europa e non solo negli oscuri angoli dell'impero (dove già abbiamo visto cose che gli umani non dovrebbero vedere).

Dobbiamo affrontare questo Police warming con la speranza potente che nasce dalle moltitudini in movimento, dalla parte giusta della storia. Lo faremo semplicemente perché è nella nostra natura di disdegnare parimenti di essere oppressi e di divenire oppressori, perché le nostre menti e i nostri cuori sono pieni di passione e non lasceremo mai l'ingiustizia passarci accanto indisturbata. Lo faremo perché l'ingiustizia si affaccia già nelle nostre vite ogni giorno, ovunque. E non ci piace. E cammineremo avanti, rivendicando la dimensione del comune, sia esso “naturale” o “umano”, come l'eredità inalienabile di tutti e di ognuno.

Ora, vogliamo indietro le compagne e i compagni. Gridiamolo forte, tempestando la danimarca con la lettera che trovate qui sotto – o con quella che più vi piace. E poiché le parole sono – e devono essere pietre, allegateci qualcosa, la foto che trovate qua sotto o quella che più vi piace.

C'eravamo tutti. E nessuno se n'è ancora andato.

[ È molto importante che il tribunale, il governo e il parlamento danesi avvertano la grande attenzione che il caso risveglia in tutto il mondo e il supporto per i 7 attivisti.

Per rendergli più facile notarlo tempestiamogli le caselle email con una lettera. Proponiamo quella che trovate più sotto, dopo gli indirizzi email. O quella che più vi piace.

     >>> naturalmente dovete mandare la versione inglese che trovate in fondo a questa pagina: versione inglese

Dal momento che le parole sono, e devono essere pietre (da usare per costruirci sopra, naturalmente..), attaccate una pietra alla lettera, come l'immagine che trovate qui a fianco "..". O quella ch epiù vi piace.

Proponiamo di cominciare a mandare le email da stasera, cosicché domani mattina già cominceranno a notare qualcosa. E di continuare domani, ad esempio fra le 12 e le 15, a vostro gusto. Mandate più di una mail, per sottolineare il punto..

Email dell'ufficio rel. pubbliche del tribunale, CPH City Court: [email protected]

Emal del parlamento danese: [email protected]

Email del ministro degli esteri danese: [email protected]

Email del ministro degli interni danese: [email protected]

Email dell'amabasciata Danese in Italia: [email protected] e [email protected]

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Testo della lettera n.b. : naturalmente si deve inviare la versione inglese che trovate in fondo a questa pagina: versione inglese

Signori,

Vi scrivo per esprimere la mia contrarietà per alla Vostra decisione di portare a giudizio sette tra i portavoce del CJA (il collettivo Climate Justice Action). Essi sono stati arrestati durante la mobilitazione contro il COP-15 nello scorso Dicembre. È mia opinione che le accuse siano evidentemente false e basate su un teorema puramente politico funzionale alla repressione di ogni forma di dissenso. Per questo credo ragionevole ritenere che possano portare ad un giudizio non imparziale. Vi scrivo quindi per spiegare le ragioni di questa mia forte convinzione e per chiedere la decadenza immediata di ogni accusa.

C'eravamo tutti, a Copenhagen durante il COP-15 e nell'azione di disobbedienza civile del 16 Dicembre.

Eravamo le migliaia che si riunirono a Copenhagen ed eravamo i milioni che ogni giorno, in ogni dove continuano ad opporsi alla crisi e all'ingiustizia climatica. Oltre che alla crisi economica e all'ingiustizia globale, dal momento che da queste discendono le prime e le nostre condizioni di vista sono sempre più precarie, come precario è oggi il futuro della nostra comune biosfera.

Ciò è la conseguenza del folle ed ingiusto sfruttamento di quello che è il nostro “comune”, sia esso “naturale” – l'acqua, il clima, il cibo.. – sia esso “umano” - le idee, i corpi, il lavoro.

Nonostante su questo non possa esserci veramente alcun dubbio, il scopo reale – e nemmeno tanto nascosto – del COP-15 era invece di definire i nuovi equilibri del controllo dell'energia e della sua produzione, anche attraverso la costruzione di un nuovo mercato delle emissioni che riempisse il vuoto del post-Kyoto.

Tutto questo era ovvio ben prima dell'inizio della conferenza, ed è ciò che ci ha spinto ad auto-organizzarci e partecipare collettivamente alle azioni di quei giorni e all'azione “Reclaim the Power!”.

Per quanto ci riguarda, impedire le manovre dei soliti potenti intenti a pianificare affare senza curarsi della sopravvivenza di miliardi di persone – o proprio sulla loro pelle, pensando alle shock economies dei post-disastri – è un dovere e una questione di amore, giustizia e dignità.

Ora volete portare a giudizio sette di noi accusandoli di aver pianificato violenze contro la polizia e disturbo dell'ordine pubblico.

Per quanto riguarda le violenze, non avete prodotto una singola prova di questo. E non lo farete, perché l'accusa è assurda: l'esercito ce l'avete voi, noi siamo sognatrici e sognatori, donne e uomini che vivono con passione la speranza invincibile che le moltitudini in movimento creano.

Per quanto riguarda il preteso “ordine pubblico”, vi chiediamo: quale ordine avremmo minacciato e chi l'ha ordinato?

Si tratta di quell'ordine nel quale non abbiamo più la sovranità dei nostri corpi? Quell'ordine ben al di là dei termini di un qualsiasi contratto sociale che mai vorremmo firmare, dove i corpi possono essere presi, costretti ed imprigionati senza alcuna prova di crimine, come è successo a Copenhagen? È quell'ordine nel quale i processi decisionali sono sempre più opachi e le decisioni “securizzate” da ogni reale dibattito sociale? Dove la sovranità sempre meno appartiene ai popoli – neanche più attraverso i parlamenti? È l'ordine dello sfruttamento criminale del mondo?

Bene, in questo caso.. si, volevamo sovvertirlo pacifici ma non pacificati, e continuiamo a volerlo.

E lo abbiamo tentato, senz'altro che la nostra passione, la nostra intelligenza e i nostri corpi.

Se questo è un crimine allora chiamateci tutti criminali. State giudicando un mondo intero.

Eppure, questo non è un crimine. Tutte le azioni erano, persino, perfettamente legali e noi usammo i soli mezzi della disobbedienza civile. Natasha Verco, Noah Weiss, Stine Gry, Tannie Nyboe, Malthe Ege, Mads Kissow e Tadzio Muller rischiano di pagare semplicemente ciò che è necessario ad una repressione ossessiva, pervasiva, totale: trovare un colpevole al costo di inventarlo.

Perciò, vi chiediamo l'unica cosa degna di una democrazia e della Danimarca: di lasciar cadere le accuse e garantire loro la libertà.

Distinti saluti

firma, rete italiana “seeyouincopenhagen”

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