È possibile che un movimento pacifista degno erede
della seconda superpotenza mondiale di un tempo dica qualcosa di netto
su quanto sta accadendo a una notte di scafo dalle coste italiane? È
possibile che un movimento antirazzista che ha fatto della battaglia
contro i centri di detenzione per migranti esternalizzati nel deserto
libico il cardine della sua opposizione al regime di Gheddafi scenda in
campo senza allinearsi alla politica dei bombardieri
franco-anglo-italiani?
Sabato prossimo è prevista a Roma una
manifestazione importante, una di quelle che possono decidere una
stagione politica. L'ha convocata il Forum italiano dei movimenti per
l'acqua, per sensibilizzare l'opinione pubblica su una campagna
referendaria che rischiava di spegnersi nel silenzio mediatico. Lo
tsunami atomico giapponese l'ha poi inevitabilmente arricchita di un
altro contenuto fondamentale: la battaglia contro la riapertura della
stagione nucleare in Italia. Anche qui, c'è in ballo un referendum che
il governo sta provando a far saltare perché ha capito che andrebbe
incontro a una disfatta. Le due campagne (per l'acqua pubblica e contro
il nucleare) si legano quasi naturalmente, e basterebbe questo per fare
della giornata del 26 un appuntamento decisivo.
Senonché, in questa
primavera densa di stravolgimenti internazionali, è esplosa in maniera
dirompente e improvvisa la guerra di Libia, appendice insanguinata della
breve stagione dei gelsomini che ci ha entusiasmato con le
manifestazioni libertarie di Tunisi e la democrazia autorganizzata di
piazza Tahrir. Non si può tacere, non si può stare con Gheddafi e
nemmeno con la presunta civiltà imposta a suon di Tomahawk all'uranio
impoverito. Il movimento pacifista italiano è obbligato a riflettere su
una vicenda che ci coinvolge molto da vicino, per i trascorsi coloniali
del nostro Paese e per tutto ciò che ci lega all'altra sponda del
Mediterraneo. Non si può lasciare l'opposizione alla guerra alle
argomentazioni di bassa lega che circolano pure negli ambienti di
governo.
Il manifesto si candida a essere parte attiva nella
discussione, a promuoverla e ospitarla sulle sue pagine, conscio che una
risposta disarmata va elaborata collettivamente. Ma bisogna andare in
piazza subito, e la prima occasione utile è la manifestazione di sabato
prossimo a Roma. Rispettandone i contenuti e l'impostazione iniziale, e
semmai colorandola d'arcobaleno. Magari scopriremo che tutti insieme si
possono vincere i referendum e perfino provare ad aiutare la mai nata
primavera libica senza prenderla a cannonate.
26 marzo - Una risposta in comune
23 / 3 / 2011
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