25 aprile San Marco antifascista - Contro lo Stato-nazione, piccolo o grande che sia

24 / 4 / 2017

Il 25 aprile è il giorno della festa di Venezia, una festa che coincide con quella delle partigiane e dei partigiani che più di settant'anni fa scelsero di prendere il fucile e di combattere sui monti, liberandoci dalla dittatura nazifascista. Da sempre ostile ad ogni farneticazione sulla “purezza”, Venezia è città meticcia per costituzione. La sua stessa magia, l'inganno della costruzione tra acqua e aria della città impossibile che da secoli incanta i viaggiatori di tutto il mondo, deve la sua fortuna proprio al mescolarsi continuo dei suoi elementi, al fondersi dei legni, delle acque e delle pietre con le carni di chi vi abita, carni a loro volta meticce, migranti.

Non fu forse Venezia “fondata” proprio da donne e uomini in fuga?

Città-rifugio ab origine, Venezia nasce accogliendo chi scappava dal terrore delle guerre, dalla fame e dalle devastazioni. Qui, al sicuro, protetti nel cuore di quella Laguna oggi manomessa e violentata da interessi distanti, vecchi e nuovi veneziani hanno potuto guardare lontano, oltre le sponde del Mediterraneo. Quella che oggi è la più grande fossa comune della storia dell'umanità, per la prima democrazia della modernità è sempre stato luogo di incontro e scambio.

I nostri marmi vengono dalla Grecia, i nostri cavalli da Bisanzio, gli archi delle trifore sono un ricordo dell'Islam, i basamenti dei palazzi dell'Istria, i nostri cognomi vengono da ciascuno di questi luoghi. Liberi da domini religiosi, ogni credo, ogni idea trovava accoglienza, ogni studio veniva stampato e nessuna inquisizione ha mai varcato la nostra soglia. Confine chiuso per i poteri autoritari, confine aperto per persone e idee.

I confini esistono, certo; quelli naturali come i mari, le montagne i fiumi, quelli culturali dettati dall’identità, dalla lingua, dalla storia, dalla provenienza geografica e poi ovviamente i confini artificiali come i muri, le barriere, le dogane. I nostri confini vogliono essere aperti ai migranti in fuga dalla miseria e dalla guerra, ma inespugnabili per tutte le espressioni di razzismo, fascismo e intolleranza.

Per questi motivi noi rifiutiamo l'idea che la soluzione ai problemi del nostro tempo possa trovarsi nel ritorno a grandi e piccole patrie. E' semplicemente assurdo pensare che esista un “sangue veneto” a cui debbano legarsi i diritti di cittadinanza. Se un sangue veneto esiste, esso è senza dubbio meticcio, e se la Serenissima è stata ciò che è stata, lo si deve alla sua capacità di intrecciare il proprio destino culturale, politico ed economico con l'Oriente. Non sono mancati gli scontri, certo, ma non sono mancati secoli di pace in cui parti consistenti del mondo Islamico hanno intrattenuto con la Repubblica un dialogo di importanza fondamentale.

Oggi, in una fase segnata da tensioni, da violenza, da un clima di “scontro di civiltà”, imparare la lezione di Venezia significa capire che non di patrie abbiamo bisogno, ma di autonomia, un'autonomia come quella che ha permesso alla città lagunare di costruire ponti verso “l'altro”, di diventare città simbolo di bellezza, di cultura cosmopolita, di radicata convinzione repubblicana, di indipendenza di giudizio. Di autonomia come quella conquistata e difesa in armi dagli indios zapatisti del Chiapas o come i curdi siriani della Rojava con il loro modello di Confederalismo Democratico.

Questa città ha un simbolo, ambivalente misto di santità e ferocia, fantastico e anfibio come la città stessa, ma al tempo stesso familiare ai suoi abitanti quanto i piccioni e i gabbiani. Un simbolo anch'esso meticcio e migrante: proprio a San Marco il massiccio prototipo di tutti i leoni volanti, viene da lontano e mescola genti e religioni diverse. Le tre tonnellate di bronzo che oggi stanno lì, sulla colonna in Piazzetta, a fianco della colonna gemella che sorregge il bizantino Todaro, risalgono a prima del V secolo a.C., statua funeraria che sembra ornasse il tempio Assiro di Tarso, dedicato al dio Sàndon.

Il leone alato, questo simbolo meticcio, da troppo tempo ci è stato scippato. Nazionalisti e razzisti che nulla hanno a che fare con Venezia ne hanno stravolto valori e significato. Negli ultimi trent'anni i politici che hanno governato la nostra regione, rubando, saccheggiando e distruggendo il territorio e la Laguna se ne sono fregiati usandolo come simbolo di odio e di esclusione.

Ora ce lo riprendiamo. Questo 25 Aprile, festa di Venezia e della Liberazione, il Leone di San Marco si mette il passamontagna e torna ad essere bandiera di lotta, per la libertà, l'autogoverno e la solidarietà, per l'accoglienza e la pace, contro ogni razzismo e nazionalismo, piccolo o grande che sia.

Oggi il leone di libro e di spada torna a volare.

CENTRI SOCIALI DEL NORDEST

L'intervento di Marta, dei centri sociali del Nord-Est, che lancia la giornata veneziana del 25 aprile dal palco del Festival dell'orgoglio antirazzista e migrante, tenutosi a Pontida il 22 aprile