16f Mineo Manifestazione al Mega Cara

Il ricatto di Mineo: le voci raccolte da Alessandra Sciurba davanti al Mega Cara catanese

17 / 2 / 2014

La strada che porta dalla circonvallazione di Catania al C.A.R.A. è lunga e ci si mette quasi un’ora. Una campagna meravigliosa, alle pendici del vulcano imbiancato di neve. Sarebbe un bel posto per venirci a fare una gita. Ma non per restarci emarginato dal resto del mondo per 12 mesi, un anno e mezzo, due, quanto ci rimangono quasi tutti i più di 4000 richiedenti asilo che vivono al C.A.R.A.

Isolati da tutto, liberi formalmente se non per l’obbligo di tornare a dormire dentro il campo, ma prigionieri del limbo di chi non può fare assolutamente nulla per costruirsi una vita, solo aspettare le decisioni prese da qualcun altro.

I primi manifestanti arrivano presto e davanti al centro non c’è nessuno. Tra le griglie della cancellata che circonda le decine di bungalow costruiti per soldati americani che in quell’isolamento non hanno mai voluto vivere, iniziano ad essere passati i primi volantini in lingua inglese.

A poco a poco i richiedenti asilo iniziano ad uscire. Alla fine ce ne sono fuori più di cento. Anche donne avvolte nei veli colorati, provenienti soprattutto dalla Somalia.
Chiedono libri da leggere, vocabolari. Perché lì dentro si impazzisce, molti compromettono per sempre la loro salute mentale. Un ragazzo si tocca con l’indice la fronte: qui non fai niente, dormi, sempre, cerchi di resistere, non puoi restare normale. Sai che uno di noi si è impiccato qui a dicembre? Ha preso una corsa e si è impiccato, perché non resisteva più.

Ma la maggior parte degli ‘ospiti’ del centro sono rimasti dentro. E i manifestanti non possono entrare. Nessuno può entrare a parte la polizia e gli operatori. Chi non esce ha paura.Qualcuno prende coraggio e inizia a spiegare: chi manifesta, chi parla con chi viene qui a manifestare, poi subisce minacce, rischia persino che la Commissione gli dia una risposta negativa per questo. Ricordano la manifestazione di dicembre, quando in centinaia avevano bloccato la statale e poi era arrivata la polizia.

Nonostante ciò alcuni richiedenti prendono il megafono, tra le bandiere No MUOS e alcune dei Cobas, e raccontano la loro vita ai confini del mondo. Altri portano da dentro il cibo che intanto sta venendo distribuito nell’unica mensa del C.A.R.A. : è nauseante e chi lo mangia tutti i giorni racconta di quanti soffrano di gastrointerite per questo: ci portano in ospedale solo in casi estremi e anche in ospedale comunque sottovalutano quando stiamo male. Qui siamo solo numeri.

Altri interventi si alternano al megafono. C’è chi denuncia, numeri alla mano, quanti soldi vengano sperperati per fare vivere migliaia di persone in queste condizioni, quanti accordi pseudomafiosi stiano dietro anche i piccoli dettagli che rendono la vita di chi sta al “residence degli aranci” di Mineo insostenibile. La piccola diaria prevista, ad esempio, viene distribuita in un pacchetto di marlboro rosse ogni due giorni: ed è così per tutti, anche per i bambini.

I bambini… sono centinaia, dicono i migranti. E anche loro non fanno nulla. Anche loro aspettano, anche loro impazziscono.
In molti, tra le associazioni e i movimenti presenti, ricordano la Carta di Lampedusa, immaginano come presentarla insieme ai richiedenti asilo del centro, prima possibile. Soprattutto per quanto riguarda quella parte che dice:

“La Carta di Lampedusa afferma la necessità di mettere fine al sistema di accoglienza basato su campi e centri per costruire invece un sistema condiviso nei diversi territori coinvolti, del Mediterraneo e oltre, basato sulla predisposizione, in ogni luogo, di attività di accoglienza diffusa, decentrata e fondata sulla valorizzazione dei percorsi personali, promuovendo esperienze di accoglienza auto-gestionaria e auto-organizzata, anche al fine di evitare il formarsi di monopoli speculativi sull’accoglienza e la separazione dell’accoglienza dalla sua dimensione sociale”.

INTERVISTE A CURA DI PROGETTO MELTING POT

Un rifugiati racconta l'odissea in cui vivono i migranti al Cara

Intervista con il Teatro Pinelli che descrive la situazione strutturale di violazione dei diritti per i migranti che vivono nel mega-Cara e gli interventi per dire che dall'interno e dall'esterno ci si deve mobilitare