tratto dall' Huffington Post

Una rissa tra adolescenti (a Bologna), la bolla mediatica, le politiche sociali che non capiscono e puniscono

di Filippo Nuzzi e Paolo Coceancig, educatori contro i tagli

Utente: fuipp
18 / 9 / 2013

Premessa: le risse tra adolescenti ci sono sempre state e anche i passaparola, la novità semmai sta nel grande richiamo di pubblico e conseguente sensazionalismo che i social-network riescono a produrre intorno ad un avvenimento. Senza l'aiuto di facebook probabilmente neppure Obama sarebbe mai diventato presidente degli Stati Uniti. Però...

Però... scorrendo gli articoli apparsi in questi giorni sui quotidiani locali in merito alla rissa tra adolescenti avvenuta ai giardini Margherita di Bologna nel pomeriggio di venerdì tra un centinaio o più di ragazzi risalta come nelle osservazioni dei commentatori emergono quasi sempre analisi sociologiche di una faciloneria imbarazzante. Per vendere qualche copia in più si riesuma la solita noiosa tiritera: Montecchi contro Capuleti, poveri contro ricchi, bolognesi contro ragazzi di seconda generazione, fighetti contro asociali.

Un'analisi di questo tipo non favorisce certo la comprensione di un fenomeno che, riguardando i contesti culturali e sociali in cui si muovono gli adolescenti, è in rapida e costante trasformazione. Dello stesso tenore sono poi sembrate le dichiarazioni di alcuni politici locali. L'amministratore, alle prese con la necessità "divina" di tagliare il tagliabile nei servizi della prevenzione, di fronte ad avvenimenti di questo genere, per dirla con il grande Fabrizio, si costerna, s'indigna, s'impegna, poi getta la spugna con gran dignità lasciando spazio alla repressione, all'azione di carabinieri e P.M.

Quanto pressappochismo c'è in questa visione di economia sociale, quanto spreco di risorse per compiacere nell'immediato la parte sonnolenta e "giudiziosa" della città, quella che fedele fa un passaggio alle urne ad ogni tornata elettorale.

In un territorio poi, e non stiamo parlando solo di Bologna città (in provincia, nel distretto di Casalecchio per esempio, succede lo stesso), in cui da tempo vige il pensiero unico della "gestione del budget" con la conseguenza di uno scollamento ormai difficile da ricucire tra politiche economiche e politiche sociali (banalmente, l'organizzazione di interventi che rispondano ai bisogni dei cittadini), ovvero la costante burocratizzazione dei servizi in luogo della loro innovazione.

Quanto spreco di storie, di formazione, di idee.

I servizi di prevenzione primaria secondaria e terziaria, l'azione del lavoro degli educatori di strada, il lavoro delle unità di strada, sono arrivati in Italia negli anni ottanta mutuando le esperienze dei colleghi francesi e più in generale dei paesi del nord Europa. Da allora gli operatori non hanno mai smesso di lottare per imporre la visione innovatrice che connota una figura professionale costantemente aperta alle evoluzioni legate al suo stesso agire operativo.

La quotidianità di chi media tra istituzioni e aggregazioni informali e vive spesso la sua operatività in contesti destrutturati e destrutturanti, lo porta ad arrivare là dove gli altri servizi non arrivano, grazie soprattutto alla capacità di leggere le trasformazioni sociali che hanno riguardato e riguardano i giovani dei nostri territori e di come ciò influenzi la crisi identitaria in cui da tempo si dimena la nostra società.

Gli educatori, e gli educatori di strada in particolare, agiscono la costruzione sociale del territorio attraverso l'inclusione, tra l'altro con un risparmio per le finanze pubbliche notevole. Con la fine di questi interventi morirebbe la capacità di pensare il conflitto e l'alterità degli stili di vita come elemento di ricchezza e trasformazione e non unicamente come anomalia da reprimere. Un danno culturale incalcolabile.

I risultati a cui questi servizi (ripetiamo: molto leggeri e quindi molto economici) hanno portato sono sotto gli occhi di tutti: la capacità di capire quello che succede permette di intervenire preventivamente su alcuni fenomeni evitando la loro cronicizzazione. Non è necessaria una super laurea in matematica per capire che un educatore di strada costa infinitamente meno di un solo giorno di carcere. Eppure è qui che si taglia, o meglio è anche qui che si taglia. Vogliamo parlare di come versa l'agenzia educativa fondamentale del paese, la scuola?

C'è qualcosa da aggiungere a quello che è già stato ampiamente scritto sua ormai appurata inadeguatezza nel far fronte ad ogni fenomeno di disagio sociale? La risposta della politica anche qui è la stessa, si taglia. E poi ci si stupisce. I ruoli di responsabilità sociale ormai si sono trasformati in ruoli di controllo economico delle risorse, i tecnici hanno lasciato il posto ai ragionieri. La meccanica degli interventi ormai è data esclusivamente dal foglio presenze dell'educatore o dal cartellino dell'insegnante. Cosa serve, cosa si deve fare, come si deve valutare l'efficacia di un intervento educativo, sembra non interessare più a nessuno.

Gli effetti dei tagli ai servizi sociali già si vedono e si vedranno meglio ben presto, con ripercussioni, nel tempo, di portata inimmaginabile. Non solo, ma anche per questo, gli operatori che ancora trovano la forza per opporvisi sono da considerarsi un bene comune. Proprio come i giardini Margherita a Bologna.