Un venerdì da leoni

Alfonso Mandia

2 / 5 / 2010

La giornata e cominciata tardi, tardi e di merda.
All'una e mezza ci si vede tutti a piazza Mancini, da lì si parte e si va ad occupare, è un po' che stiamo fermi, non vedo l'ora, scalpito, ma arrivo in ritardo, non so dov'è il posto, beata ignoranza, e non posso certo chiedere informazioni ai compagni prima che siano dentro. Okay, mi son perso l'entrata, fa niente, con l'aria che tira saran dolori per i politicanti, nel prossimo futuro, sarà per la prossima. Vago a casaccio per la città già affogata in una tinozza piena di caldo insopportabile, smog e aria malsanamente tropicale il tempo necessario perchè tutti si sistemino e mi possan dare indicazioni su come arrivare.
Dove siete?, no tu dove cazzo sei?!, ci stanno sgomberando!, ci sentiamo dopo!
Click!
Fregato!
Come ci stanno sgomberando?!, così, senza colpo ferire?
Rimango come un cretino con il telefonino in mano, son passate sì e no tre ore, neanche il tempo di stendere i materassi, c'hanno dato.
Altra telefonata, allora?!, allora niente, ci si vede tutti al Volturno, ancora una volta ce ne andiamo senza far storie con la coda tra le gambe, l'amarezza esplode in tutto il suo cupore, nella voce dall'altra parte della linea, immagino la tristezza e la rabbia di gente che son quasi sei mesi che rimbalza fra tendopoli, picchetti, manganellate degli sbirri e calci in faccia dalle cosiddette istituzioni che come sempre, a prescindere da colori e bandiere, invece di amministrare per la collettività si fan beate i cazzi loro.
Arrivo al Volturno che è già pieno, sembra un centro di raccolta per sfollati, qui un borsone, lì dei sacchetti di plastica di un supermercato con dentro lo scatolame d'obbligo nelle prime quarantott'ore, quelle più critiche, volti sfasciati dalla stanchezza e dalla delusione, qualcuno mi chiede e adesso che si fa?, ma a nessuno va di mollare così, senza reagire, lo si legge su tutte le facce, senza distinzione, i bambini che intanto, beati loro, se ne fregano e si divertono.
La riunione dei “militanti” è in pieno svolgimento, si occupa di nuovo, ma ora, stasera stessa, senza paura, perchè questa è l'unica risposta possibile da tirare in faccia ad Alemanno, Polverini e consorteria varia, forza compagni!, che se passa il concetto che appena fanno BUH! ci diamo a gambe è finito tutto. Stanchi morti ma con la determinazione che soltanto noi e pochi altri abbiamo ormai nella città, cominciamo a girare per il Volturno, c'è da organizzare il gruppo che scavalcherà il cancello del posto per aprire da dentro e far passare tutti gli altri, donne, bambini, e chi non è abbastanza “atletico” da far quel gesto da olimpiade metropolitana, mentre all'uscita alcuni compagni discutono e prendono contatti con un centinaio di rifugiati politici africani che han saputo chissà come che si va a occupare e vorrebbero unirsi a noi, sento un pureirifugiaticemanc-avano, ma non c'è razzismo, nel tono, soltanto l'amara considerazione che questo è diventato un paese che dire che fa schifo è un eufemismo, penso al gruppo di chi entrerà e sorrido, è proprio vero che la nostra vita è un perenne salto a ostacoli.
Nel giro di venti minuti la squadra scavalco è pronta, nessuno si è tirato indietro, siamo tutti nel corridoio d'ingresso con l'espressione concentrata, qualcuno ride, altri sembra si preparino ad un incontro di pugilato, i veterani si fumano una sigaretta, sono avvezzi alle piratate di resistenza al Regime, una in più o una in meno va bene così comunque, l'importante, cambi o no la situazione, è non dargliela vinta, mai.
È ora, urlo forza ragazzi!, non troppo compatti ma non perdiamoci di vista!, il serpentone trova la misura, cominciamo a camminare sicuri e determinati che vederci è un piacere, qualche passante si ferma ad osservarci, quando ci incrocia, qualcuno con curiosità, altri con lo sguardo allarmato, siamo tanti, camminiamo a schiena dritta, ridendo e scherzando tra di noi, che a buttar lì un po' di cazzate si stempera la tensione e ci si concentra, chè c'è bisogno di essere rapidi e indolore, basta una pattuglia di pulotti che passa lì davanti per puro caso e va tutto in vacca.
Lo scavalco al cancello è spettacolare, un'onda che invade il cortile interno dell'edificio, io mi astengo, sono una sega a fare l'uomo ragno, meglio evitare figuracce, che poi hai voglia a prendermi per il culo, rischio di diventare la barzelletta del momento, son comunista, mica fesso.
Mentre comincia la processione di quelli che aspettavano al Volturno e stan cominciando ad entrare mi faccio un giro, il palazzo è nuovo di zecca, anzi dentro ci stan facendo lavori di ritrutturazione, non è un buon segno, non è abbandonato.
E due!, penso, oggi ci dice proprio sfiga!
Mai, però, sottovalutare la testardaggine dei “militanti”, chè siamo una brutta razza, io lo dico sempre.
Alle dieci e mezza di sera cominciamo a spiegare a tutti che ci trasferiamo nel palazzo accanto, quello che avevamo già occupato a Dicembre, di proprietà della BNL, che alla faccia dei progetti di housing sociale in collaborazione con il comune tutto quello che ha fatto da quando l'abbiamo lasciato la prima volta è stato murare il primo piano e morta lì, sai quanto glie ne importa di chi è senza casa?
Mentre giro per spiegare la faccenda del trasloco sento e vedo perle di rara comicità, tra chi sospira rassegnato e comincia a raccogliere le sue cose sbuffando come un treno a vapore, chi ci manda, suppongo dal tono, a fare in culo amichevolmente in una qualche sconosciuta lingua, e un'eritreo che mi guarda e mi spara sul grugno un geniale n'antra vorta!?, eccheccazzo!, che neanche un trasteverino di settima generazione.
Intanto la squadra d'assalto si arrampica e via tetti va ad aprire dall'altra parte.
Son le undici e mezza di sera quando lascio il circo Barnum, si sono sistemati tutti, siamo più tranquilli, ci si comincia a rilassare un po' che domani non sarà per niente facile, come sempre, d'altronde.
E tre!, e questa è quella buona, per fortuna.
Mi guardo intorno, mi sento al sicuro in mezzo a questa gente, che è forte, è orgogliosa, ben determinata a non farsi scippar via l'unica cosa che nessuno ci può togliere, la dignità.
Mezzanotte, osservo la città che scorre attraverso il finestrino dell'autobus e mi chiedo se non ci sia la possibilità di finire sul guinness dei primati, tre occupazioni in un solo giorno, te la immagini Barbara D'Urso che tra un fenomeno da baraccone e l'altro ci presenta al patinato e lobotomizzato italico pubblico?, roba da comiche d'altri tempi.
L'una e passa del mattino, la sigaretta della buonanotte mi fuma tra le dita, i pensieri si accavallano confusi, complici la stanchezza e l'euforia per non aver chinato il capo davanti alla prepotenza di una classe politica che si crede impunibile e invincibile senza rendersi conto, vivaddio per noi, che sta per cadere sotto i colpi di uomini e donne, qui e altrove, che han deciso di dire basta, di tracciare una linea di confine oltre la quale non si passerà, altro che il Piave, sarà la disfatta di Waterloo versione Belpaese.
Senza neanche la soddisfazione, cari signori politicanti, di finire tra le pagine dei libri di storia.
Perchè Napoleone era Napoleone, e voi, beh!, voi siete voi.