Sprazzi di cronaca vera.

Breve collegamento dalla terra di nessuno della precarietà.

9 / 2 / 2011

E’ difficile affrontare un ricatto quando non si conosce il ricattatore, quando il condannato vede la catena che stringe il suo collo e non riesce a scorgere l’aguzzino, quando il carnefice apparentemente non ha identità ma è un contesto, una situazione o una “fase”. Cosa è cambiato da quando finiti gli studi cominciava la carriera e i progetti di una vita prendevano forma tra le normali difficoltà. Solo venti anni fa, dopo gli studi si entrava nel mondo del lavoro, si programmava la propria vita, una volta incontrato l’amore si poteva pensare di vivere insieme, costruire una casa, sognare un figlio e coltivare in qualche modo le proprie passioni. Settimana di lavoro, venerdì sera al cinema, sabato fuori a cena con la famiglia e domenica tutti allo stadio. Così fino a pochi anni fa scorreva il tempo delle persone “normali”, dei cittadini per bene. Eric Hobsbawm, uno dei più celebri storici contemporanei, ha parlato degli anni che vanno dal 1914 al 1991, come di un Secolo breve, un periodo lungo meno di un secolo ma importante come un secolo, carico di valori, di contraddizioni che nonostante grandi differenze si caratterizzavano per la presenza di un denominatore comune. Cosa è successo dal 1991 al 2010, è forse in corso un secolo brevissimo? In meno di dieci anni non è rimasto quasi niente del Novecento, l’umanità ha festeggiato la caduta del Muro, credendo finalmente di eliminare le contraddizioni, le ideologie, la violenza. Abbiamo creduto che avremmo conservato il meglio, il progresso e il benessere, che le conquiste della civiltà occidentale costruite sul sangue della lotta ai totalitarismi sarebbero diventate patrimonio universale. Le cose, oggi possiamo dirlo, sono andate diversamente. Del Secolo breve, leggendo i giornali, guardando con disincanto le nostre vite, è rimasto il peggio, sono rimasti solo i pregiudizi, ideologici, sociali, razziali. Le nuove guerre non sono più mondiali ma globali, forse non c’è più il proletariato o forse il proletariato è cambiato, ma la vera novità di questo secolo brevissimo è la comparsa di una nuova classe sociale, quella dei fantasmi, di spettri più o meno soggettivamente consapevoli che sembrano aggirarsi alla ricerca delle briciole che cadono in misura sempre minore dalla pagnotta del debito pubblico, una grassa e succosa pagnotta a cui in realtà la cosiddetta generazione sfigata non potrà mai attingere. I padri hanno fatto una vita al di sopra delle loro possibilità, adesso sono troppo vecchi per pagare il conto e l’onere del prezzo, drammatico, toccherà ai figli.

Come vive un fantasma oggi, cosa fa un ragazzo normale, “un ragazzo su tre”, perché ora più che mai i ragazzi sono solo dei numeri: soffre prima di tutto. Dopo gli studi, una specie di età dell’oro irripetibile soprattutto per chi ha cominciato la sua carriera nel campo umanistico, il fantasma si aggira, tra i centri per l’impiego delle varie provincie italiane, invia curricula ovunque ci siano posizioni aperte, cerca contatti, si presenta, magari parla con improbabili amici che potrebbero aiutarlo, mostra le sue credenziali sa che non può resistere a lungo, si sponsorizza, insomma quando non si arrende in pratica si vende e prima o poi finisce per umiliarsi.

Nelle agenzie interinali un fantasma può sentirsi dire che è inconcepibile l’interesse di un candidato con una formazione umanistica così specifica, per un posto a tempo nel campo del marketing, in un gruppo che si occupa a livello nazionale di manicure e pedicure! Il fantasma a quel punto di solito comincia a sudare, recita un copione autolesionista, deve farlo se vuole ottenere uno straccio di reddito a tempo, quindi improvvisamente il marketing diventa un ambito meraviglioso e la cura del corpo diventa un fattore decisivo al giorno d’oggi, vincente, su cui investire le proprie capacità e le proprie competenze. Insomma in maniera diversa mette in pratica lo stesso principio che anima le escort, anche se l’odore del sudore di un fantasma chiuso nell’ agenzia interinale ha pochissimo in comune con quello prodotto dal bunga-bunga. Il fantasma quindi è costretto a bluffare, spera per niente, umilia se stesso, inoltre deve tenere sotto controllo le spinte legittime della sua famiglia, i suoi vecchi appartenenti alla generazione fortunata, di chi ha potuto crescere figli, avere una casa e andare allo stadio la domenica. Oggi per i fantasmi anche lo stadio è un lusso che ti può essere concesso solo se sei buono e se ti fai la tessera. In questo contesto il fantasma gioco forza si espone ai venti, a volte fa cazzate, almeno quando non si limita a spiegare la situazione ricordando ai vecchi, ai fortunati, che c’è la crisi, che appena troverà qualcosa, qualunque cosa, accetterà e comincerà a lavorare. Il fantasma si spiega e a volte si piega, perché il tempo non aspetta e le esigenze crescono per tutti e possono schiacciare, sa che è diventato un peso anche se pochi anni fa gli avevano raccontato che sarebbe stato una risorsa. Il fantasma teme un pregiudizio nuovo e figlio di questi tempi, teme di passare per quello che ha studiato per non lavorare, per cui la domanda tipica di ogni appartenente alla generazione fortunata, a quella dei vecchi, suona come una minaccia. Ricordate vecchi e fortunati che leggete queste righe, evitate di chiedere a un fantasma cosa sta facendo nella vita, è una questione di rispetto! Cosa potrà rispondere mai, se non chiudere gli occhi e balbettare imbarazzato? Un fantasma, il solito “giovane su tre”, è a rischio isolamento, spesso predilige i suoi “simili”, i suoi “compagni” con cui a volte lotta e combatte oppure di solito condivide le stesse paure e le stesse ansie. Non c’è invidia, sembra più la nascita di una nuova solidarietà di classe che parte da una coscienza diversa, nuova nella Storia. Come finirà questo secolo brevissimo, se esiste, non si sa. Di certo gli echi che dal nord Africa attraversano il mediterraneo non lasciano indifferenti. Purché tutto sia veloce, perché la vita dei fantasmi non può aspettare.  

di Francesco Tinelli