Se non ora quando?…

di Alfonso Mandia

15 / 9 / 2011

“Guarda là, due che stanno facendo discorsi davanti a cinquanta persone di cui trenta sono funzionari pagati per passare qui la giornata, il resto sono turisti che non capiscono un cazzo di quello che stanno ascoltando e ci fotografano come fossimo scimmiette allo zoo, e c’ho perso anche una giornata di lavoro, per venire a fare questa cazzata”.

E’ amarezza, quella che scorre tra me e questo vecchio amico che non vedevo da quindici anni incontrato al presidio della Cgil in piazza del Pantheon, un compagno oggi sindacalista della Fiom pescarese con il quale sono amico da più di vent’anni. Da giovanotti adolescenti e sognatori andavamo in giro di notte a sabotare le sedi dei fascisti di nascosto ai capi della sezione del Pci pescarese per i quali lo scontro non portava politicamente a niente. Quando ricordiamo gli scazzi di cui eravamo bersaglio ci rendiamo conto che quel moderatismo che allora tentarono di inculcare, senza successo, in noi altri più “vecchiotti”, con la scusa del dialogo e della civiltà, è diventato oggi un veleno che ci ha rincoglioniti quanto e molto più sia riuscito a fare il Regime con la televisione. In nome del dialogo e della coesione questo paese è stato ridotto ai minimi termini, mentre chiunque abbia invocato lo scontro, in tutti questi anni, è stato messo a tacere, nel migliore dei casi, come esagitato con tendenze violente, nel peggiore è stato etichettato come potenziale assassino che cerca il morto, come ha dichiarato ultimamente quel criminale del nostro bel Ministro degli Interni, Roberto Maroni.

Moderazione.

E’ stata la parola d’ordine di vent’anni di classi dirigenti, che mentre la declamavano come uno dei valori fondanti per uno stato civile, contemporaneamente permettevano ai costruttori di tirar su palazzi che crollavano come cartapesta seppellendo chiunque vi si trovasse dentro o sotto, hanno lasciato avvelenare acque, terreni, alimenti, lasciando che persone innocenti e con una vita davanti morissero di cancro, leucemia, malattie polmonari, in nome del profitto e dei privilegi hanno lasciato marcire interi territori che alla prima pioggia violenta han travolto paesi interi lasciandosi dietro lunghissime scie di morte e disperazione, gentaglia che serve fedelmente individui come quelli che la notte del terremoto aquilano, intravedendo i futuri guadagni, se la ridevano al telefono come stessero parlando di un film comico di natale.

In nome della moderazione hanno giustificato le scelte più criminali e disumane, hanno calpestato vite, spezzato sogni, han fatto diventare la lotta antifascista qualcosa di cui quasi vergognarsi, la solidarietà elemosina, l’onestà un concetto astratto senza alcun valore, l’umanità una parolaccia.

Non è più tempo di moderazione e di dialogo. Non si può dialogare con un Presidente della Repubblica che mentre con una mano firma una finanziaria come questa, con l’altra scrive un comunicato per bacchettare la Fiom che si è permessa il “lusso” di chiedergli di non far passare l’ennesimo provvedimento incostituzionale, non si può dialogare con un sindacato come la Cgil, che il giorno prima chiama uno sciopero generale illudendo tutti coloro che son scesi in piazza di aver trovato una sponda per lotte che son di tutti e il giorno dopo tradisce senza colpo ferire quell’aspettativa invocando l’unità con organizzazioni sindacali come Cisl e Uil, che di sindacale hanno soltanto la definizione stampata sul logo. Non si può esser moderati con una classe politica corrotta e criminale, della quale è inutile scrivere altro, perché sarebbero solo noiose ripetizioni.

Se vogliamo salvare noi stessi e quello che rimane ancora in piedi in questa infinita distesa di macerie non bastano più i presidi, le manifestazioni oceaniche, gli scontri casuali in occasioni come quella di oggi.

E’ tempo di rivolta.

E’ venuto il momento di attuare nuove forme di protesta, dure, radicali, è venuto il tempo di bloccare strade, piazze, aeroporti, luoghi di lavoro, di fare presidi permanenti nel centro storico e in periferia, è venuto il tempo di costringere chi ha il bastone del comando a non sentirsi al sicuro neanche nelle proprie macchine blindate, di accantonare le cazzate identitarie e le stronzate sulle correnti politiche e bla bla bla e costruire un movimento che varchi i confini nazionali che non lasci più soli i greci, gli spagnoli, gli insegnanti, gli studenti, gli impiegati pubblici e chiunque abbia il coraggio di mettersi in gioco rischiando sulla propria pelle le conseguenze degli arresti, delle cariche, di una lotta che dovrà diventare una nuova Resistenza contro nuovi Nazisti, E’ il momento di dimostrare la stessa granitica unità che esibiscono con arroganza i padroni del vapore, che quando si tratta di mangiare sulle spalle della popolazione vanno avanti tutti uniti senza esitazioni per raggiungere l’obiettivo, e poi si vedrà.

Sarà bene entrare nell’ordine di idee che se non saremo capaci di fare questo scatto il nostro destino sarà quello di ritrovarci, tutti, nessuno escluso, magari fra dieci anni, ad osservare, di nuovo, l’ennesimo presidio dove due fanno discorsi davanti a cinquanta persone, di cui trenta pagate per esser lì, con intorno sciami di turisti non capiranno un cazzo di quel che ascoltano e ci fotograferanno come fossimo scimmiette.