“Referendum, una speranza aperta nel cuore della nostra società”

di Filippo Cannizzo

Utente: fil
9 / 11 / 2012

Da mesi, il dibattito politico ha perso il suo fuoco ovvero il merito delle questioni, le proposte con le quali le forze politiche si propongono di affrontare e risolvere i problemi del Paese; i soli argomenti all’ordine del giorno dell’agenda politica del nostro Paese sono diventate le alchimie elettorali, primarie più o meno di partito op di coalizione, leggi elettorali antidemocratiche, alleanze create in maniera astratta e completamente scollegata da ogni considerazione di merito e da ogni conflitto reale. Al contrario, i soggetti politici, sindacali e sociali, esclusivamente su questo piano dovrebbero misurare la possibilità di dar vita a coalizioni e di candidarsi a governare insieme.

I referendum in materia di lavoro, sui quali abbiamo iniziato a raccogliere lo scorso 13 Ottobre, vanno in questa direzione perché parlano al Paese reale, affrontando i problemi concreti delle persone e opponendosi al massacro sociale che stanno realizzando i “tecnici” al governo. I referendum sul lavoro non sono difensivi. Non mirano solo a fronteggiare un attacco senza precedenti ai più elementari diritti dei lavoratori e dunque a ripristinare regole minimali di civiltà nei rapporti di lavoro. C’è anche questo, ma non si tratta di difendersi in nome di un passato migliore. Si tratta, invece, di gettare le basi per una strategia futura capace di invertire la tendenza e rilanciare la crescita partendo dal riconoscimento del valore del lavoro come condizione essenziale per la ripresa economica. Non è in gioco solamente il ripristino della regola sacrosanta che imponeva il reintegro in caso di licenziamenti ingiusti ed ingiustificati nelle aziende con più di 15 dipendenti(articolo 18). Quel diritto bisogna estenderlo fino a farlo diventare un caposaldo delle relazioni industriali, tanto modernizzate, in questo modo, da poter reggere la competizione internazionale. Allo stesso modo, l’abolizione dell’art.8, quello che di fatto cancella i contratti nazionali rendendo possibile ogni sorta di deroga, non può essere intesa come difesa dello “status quo”, cioè della attuale giungla contrattuale(160 contratti diversi!), ma si tratta, al contrario, del primo passo per semplificare la situazione, portando i contratti da 160 a 4(industria, artigianato, servizi e lavoro pubblico)e, a partire da qui, incentivare le politiche di partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori alla gestione delle imprese.

Questo è il merito delle questioni, e solo su questo deve essere costruita una vera alternativa di sinistra in Italia. Siamo stanchi di perdere dalla parte giusta e vogliamo costruire un’alternativa, a partire dal Lazio, un’alternativa che per noi comincia dai referendum di Giugno 2011, che può realizzarsi con i referendum sul lavoro e poi con quelli sull’abrogazione della riforma delle pensioni….questi referendum sono una speranza aperta nel cuore della nostra società, per cambiare il governo, il futuro, il Paese!

lottoperildiciotto