Processo di istituzionalizzazion-e della rivoluzione: illusione o realtà?

2 / 6 / 2011

Ultimamente stiamo assistendo ad una serie di rivolte e tumulti che in modo spontaneo si riproducono ovunque: Tunisia, Egitto, Siria, Yemen ma anche Spagna, Italia, Inghilterra, Grecia. 

Sicuramente è impossibile individuare una matrice comune, così come appare scontata quella consapevolezza che ci fa asserire che ogni manifestazione, ogni tumulto prodottosi ha una sua specificità, un suo contenuto, una sua peculiarità sia nei modi e nei metodi che nelle rivendicazioni.
Credo sia interessante però, cercare di capire se dopo lo scoppio di questi focolari sia realmente possibile parlare di processi nati dal basso che determinano tramite rapporti di forza un 'avanzamento degli stessi progetti policiti che si normalizzano a volte dando vita a nuove istituzioni.
Caso emblematico che in modo forte e innovativo sembra andare verso questa direzione è la Tunisia.
Proviamo a capire il perchè:
Dopo la cacciata di Ben Alì in Tunisia si è prodotto un vuoto di potere.
Il ruolo vacante del potere politico quindi, ha determinato l' esigenza di garantire una continuità dello Stato.
Di conseguenza, citando l'art. 56 prima e l'art. 57 della Cost. poi, il 1 ministro del presidente Ben Alì, Ghannouchi, proclama Presidente della Repubblica il Presidente del Parlamento, Mobazza.
Il Capo dello Stato assume quindi, quel ruolo di salvaguardia della legalità in protezione dello Stato. 
Una legalità ed una Costituzione fatte però a misura di dittatura.
Ed ecco che il Capo dello Stato ed il 1 Ministro, traducendo ed interpretando le istanze rivoluzionarie, dichiarano la caducità della Costituzione, conferendo nuova legittimità alle reali esigenze popolari.
Le piccole minoranze entrano in concertazione con questo 1° Governo tecnico non rendendosi conto però della contraddizione di partecipare alla creazione di un potere politico composto all' 80% da quegli stessi membri facenti parte dell' ex partito al governo di Ben Alì.
Ciò comporta ad una reazione immediata del popolo tunisino che sentitosi espropriato, scende in piazza determinando la così detta Casbah 1; quindi tutti i ministri compromessi col vecchio regime danno le loro dimissioni, ad eccezione del Primo Ministro Ghannouchi.
Si determina la creazione di un secondo governo provvisorio; nuove rappresentanze politiche minoritarie rientrano nella costituzione dello stesso con la convinzione di poter iniziare i lavori verso una nuova fase costituzionale.
Si costituiscono pertanto 3 commissioni il cui ruolo consiste nella verifica dei casi di malversazione e abuso del potere precedente, nell'elaborazione di una nuova legge elettorale e nella progettazione di una riforma costituzionale.
Nasce inoltre il "Consiglio della protezione della Rivoluzione" che, composto da forze fino ad allora minoritarie e marginalizzate ( forze laiche di sinistra, religiosi conservatori, associazioni, comitati regionali e militanti indipendenti) auto-proclamatesi e non nominate, trae la propria legittimità direttamente dalla "volontà" del popolo.
Il "Consiglio della protezione della Rivoluzione" viene integrato tra le strutture d' apparato, confluendo nella commissione relativa alla elaborazione della nuova legge elettorale presieduta da Ben Achour col compito di salvaguardare il percorso del processo rivoluzionario. Tale "assemblea" ha un suo connotato specifico determinato dal fatto che acquista piena legittimità non dall' istituzione di cui entra a far parte, ma dal consenso generale propugnato dal popolo. 
Le controversie persistono, le azioni di forte repressione della polizia nei confronti dei manifestanti continuano, la percezione che il governo in carica sia legato al vecchio apparato dittatoriale aumenta e la consapevolezza dell' incapacità delle forze istituzionali di gestire la situazione si materializza; così la popolazione decide nuovamente di scendere in piazza ed il 27 febbraio, dopo una settimana di sit-in di protesta, cade anche il 2° governo tecnico, compreso il primo ministro Ghannouchi.
Per  la seconda volta consecutiva in poco più di un mese, il popolo tunisino tramite dei rapporti di forza riesce a capovolgere e creare nuove spinte propulsive verso la costituzione di una democrazia reale.
Nel frattempo il "Consiglio della protezione della Rivoluzione" si trasforma, evolvendosi nell' "Alta istanza per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione, della riforma politica e della transizione democratica" aumentando il proprio prestigio e acquisendo maggior legittimità nei confronti delle due camere; il legame con la piazza della Casbha appare evidente e talmente forte da aver indotto la caduta di ben due governi provvisori; se inizialmente quest' "organo" svolgeva un ruolo di mera consultazione, ora assume una centralità nella scelta delle decisioni politiche imponendo le proprie condizioni al processo di transizione; la prassi istituzionale si incontra col movimento rivoluzionario e per la prima volta, l'unione di entrambi i percorsi si declina in un nuovo progetto volto all'istituzionalizzazione del processo rivoluzionario.
Il 1 Marzo viene nominato il nuovo Primo Ministro, Caied Essebsi.
Il Presidente della Repubblica, Mobazza, interviene assieme ad Essebsi in conferenza stampa annunciando le elezioni di un' Assemblea Costituente che si terrà il 24 Luglio sulla base di una nuova legge elettorale.
Nel frattempo vengono eletti i nuovi ministri e l' "Alta istanza per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione, della riforma politica e della transizione democratica" lascia trasparire il proprio disappunto sulla nomina del Ministro degli Interni. 
Così, Martedì 5 Aprile, il Primo Ministro Essebsi, pur non retrocedendo sulla nomina in questione, chiede di esser ricevuto dall' "Alta istanza (...)" sottoponendosi ad una vera e propria interrogazione sulle politiche governative. 
In tal modo, l' "Alta istanza(...)" viene esplicitamente riconosciuta dal potere costituito come istituzione ex-novo, parte di un processo costituente.  
Certo è, che l'anomalia tunisina ci fornisce l' opportunità concreta di un cambiamento possibile. 
Un cambiamento che, anche se con modalità differenti dovute al contesto storico-politico-economico si intravede anche in alcuni Stati Europei.

In Spagna ad esempio la mobilitazione degli indignados che, se pur nella complessità della lettura di una Plaza del Sol di Madrid assolutamente eterogenea, ha creato delle assemblee di auto-governo. 

 Assemblee nate esclusivamente dal basso che si propongono di attraversare i diversi quartieri di Madrid col fine di far confluire le rivendicazioni politiche delle varie assemblee in un' unico documento politico. 
Piccoli tentativi di una generazione che tenta di riappropriarsi di democrazia reale, intesa come processo di costruzione che viene dal basso e che determina la possibilità di scelta al popolo, tramite nuovi percorsi.
Nuove prassi che in qualche modo si stanno determinando anche in Italia. 
Nel momento in cui la democrazia formale mostra tutti i suoi limiti e la rappresentanza politica esplica il suo fallimento, la necessità di produrre nuovi progetti politici si manifesta. 
Per cui è in tale ottica che bisognerebbe collocare il percorso politico italiano datosi con l' affermazione delle "primarie" da un lato, e con il percorso referendario dall' altro:
- le "primarie" che garantiscono la massima partecipazione degli elettori e limitano le ingerenze dei partiti politici nella scelta dei candidati;
- il referendum che vedrà milioni di votanti, si spera, esercitare quell' unico strumento di democrazia diretta a disposizione del corpo elettorale nonostante le ingerenze di un governo sempre più in difficoltà che ha tentato l' abrogazione del requisito referendario sul nucleare tramite il decreto omnibus.
Strade e sentieri completamente differenti tra loro che esprimono un' importante dato in comune: l'importanza della territorialità e dei laboratori politici come momenti costituenti dai quali partire per individuare un progetto politico, prodotto dal confronto tra le differenze e dall' unione delle esigenze e delle necessità delle stesse, vissuto come unica alternativa possibile.
Processi di riappropriazione della democrazia: sarà pura utopia?!? 
Forse...ma in attesa siamo in ballo, siamo in ballo adesso!

Sara Montinaro