Perché a sinistra in tanti hanno votato M5S?

L'exploit di Grillo e lo spazio dei movimenti

Utente: Maurilio
1 / 3 / 2013

A più di 48 ore dalla fine delle votazioni ancora non è chiaro quale sarà il prossimo governo del paese. Come giustamente (per una volta) ha detto Bersani, la sua coalizione è arrivata prima ma non ha vinto. È successo quello che nessuno si sarebbe aspettato; poco più di tre anni fa infatti Fassino invitava ironicamente Grillo, che voleva presentarsi alle primarie del Pd, a fondare un suo partito “e vediamo quanti voti prende”. Il comico genovese ha fatto di più, ha creato attorno a sé un movimento che è riuscito ad ottenere i voti di un italiano su quattro. Un risultato unico, storico, incredibile, ancora di più se teniamo conto di come è stato ottenuto: pochissime spese, nessun circolo o sezione locale, comizi di piazza e diffusione virale sul web. Un fenomeno di cui si erano intraviste le potenzialità, ma che nessuno avrebbe mai immaginato raggiungesse una tale carica dirompente.

Molto si è scritto su Grillo, sulle dinamiche alla base del movimento, sulle proposte avanzate: il grillismo nasconde in sé uno spirito di destra. Di questo sono ancora sicuro, oggi più che mai. Per questo ero convinto che il Movimento 5 Stelle avrebbe riscosso successo soprattutto tra gli elettori di destra delusi dalla politica berlusconiana e dal governo Monti. Invece va detto che in fin dei conti l'asse Pdl/Lega ha retto alla prova elettorale: fino a qualche mese fa erano dati poco sopra il 10%, oggi invece, nonostante tutti gli scandali che hanno colpito molti politici dei due partiti, raccolgono le preferenze di quasi 1/3 dei votanti. Quale è stata la base elettorale di Grillo allora? Non è facile dirlo perché è il suo stesso movimento ad essere tutt'altro che omogeneo; sembra impossibile negare però che è proprio a sinistra che molti hanno votato per il M5S. L'exploit dei cinquestelle infatti fa il paio con il risultato sotto le attese del Pd e con quello davvero magro di Sel e Rivoluzione Civile. Anche il Corriere ha pubblicato un articolo (http://www.corriere.it/politica/speciali/2013/elezioni/notizie/26-febbraio-da-sinistra-meta-simpatizzanti-piccolillo_c561e1ea-7fc1-11e2-b0f8-b0cda815bb62.shtml) su un'indagine del Censis in cui veniva studiata la composizione dei partecipanti al comizio di chiusura dello Tsunami tour di Grillo in Piazza San Giovanni a Roma; quello che si evince è che molti dei presenti avevano un'estrazione politica di sinistra.

Senza quindi passare dalla condanna all'apologia del grillismo, ma mantenendo i piedi ben saldi nella convinzione che questa strada sia ben lontana da poter condurre ad un vero cambiamento sociale, diventa però necessario provare a chiedersi come mai tanti elettori di sinistra abbiano deciso di votare per un movimento che nasconde in sé caratteri tipicamente di destra. Il rischio infatti è quello di liquidare frettolosamente un fenomeno che in realtà sta mettendo in crisi la già disastrata politica italiana. Non basta etichettare Grillo come un fascista, un populista, un capopopolo, addossandogli magari tutta la colpa del fallimento della sinistra e della mancanza di movimenti sociali in Italia in questo periodo; bisogna anche provare ad interrogarsi sul perché abbia riscosso così tanto successo, su cosa del suo modo di fare politica abbia attratto molte persone che tradizionalmente guardavano a sinistra.

Provare a rispondere a questa domanda non è facile perché, come detto prima, anche se il Movimento 5 Stelle cerca di rappresentarsi come un gruppo omogeneo di semplici cittadini stanchi della vecchia politica, le differenze sono inevitabili anche al suo interno. Credo però sia utile distinguere Grillo, la sua figura di padre-padrone-patrono-patriarca dal movimento che sta alla base, fatto invece da una molteplicità di persone ancora non ben definite nella loro composizione: non c'è solo la figura carismatica del comico che si è fatto politico, ma anche una marea silenziosa di attivisti e simpatizzanti che si ritrovano in alcune idee e forme di partecipazione.

A intuito, mi sembra che gli elementi del M5S che hanno riscosso successo a sinistra possano essere tre, diversi ma sovrapponibili:

1) la contestazione al sistema. Molti hanno votato Grillo perché stufi del vecchio ceto politico, irrimediabilmente incapace di rinnovarsi da sé; i cinquestelle hanno rappresentato l'unica alternativa al trito e corrotto sistema dei partiti. Anche l'affermazione per cui i grillini non sono né di destra né di sinistra ma per il bene del popolo (idea pericolosissima, classico terreno fertile per la destra) incarna un po' il sentimento per cui le vecchie formazioni politiche rappresentano interessi faziosi e di parte che hanno fatto più male che bene. In una certa misura i grillini sono riusciti a condensare attorno a sé quel sentimento del “que se vayan todos” che in Italia è diventato sempre più diffuso e radicale negli ultimi anni e che ha funzionato come slogan molto forte per la rivendicazione di politiche autonome dal basso.

2) la partecipazione. I candidati cinquestelle si sentono davvero parte di un movimento orizzontale, inclusivo, democratico. Ai simpatizzanti è permesso contribuire attivamente alle discussioni e alle proposte. Anche se poi tutta questa partecipazione termina davanti alle pretese del Capo (basti pensare al caso Favia o al fatto che Grillo è proprietario esclusivo del marchio 5 stelle, come nelle migliori tradizioni aziendali) il M5S sembra l'unico soggetto politico in grado di offrire spazio e voce a chi finora è stato rappresentato da altri o non si sente (più) rappresentato da qualcuno. Altro che le primarie-farsa tra i soliti noti o il buonismo paternalista di qualche politico della vecchia guardia disposto ad ascoltare i problemi degli altri; molti sono stati attratti dalla speranza di poter essere protagonisti attivi di un cambiamento vero, che passa anche attraverso nuove forme di partecipazione. Non sarà un caso se l'età media dei neo-eletti grillini è molto bassa e se tra di loro davvero si trovano pezzi della società civile.

3) l'agenda politica. Grillo non si è lasciato sussumere dalla pochezza del dibattito politico mainstream ma ha cercato di seguire e intercettare il malcontento sociale laddove si è palesato in questi mesi: è stato l'unico ad andare a Taranto, in Val Susa, nel Sulcis; è stato l'unico ad aver incontrato nelle piazze precari, disoccupati, operai in protesta e giovani, parlando dei loro problemi.

Come è stato possibile tutto ciò? Perché in politica non ci sono spazi vuoti e se si vengono a creare sono riempiti in fretta. Dalla sinistra se questa è pronta. O dalla destra se la prima non ne è stata capace, molte volte travestendosi proprio da sinistra. Grillo, questa è la mia impressione, è stato in grado da una parte di catalizzare attorno a sé un sentimento generale di disincanto per la politica tradizionale e per le vecchie forme di partecipazione; dall'altra ha raccolto quanto seminato da altri che in questi mesi sono scesi nelle strade a parlare e agire rivendicazioni sociali: l'acqua pubblica, il no alla tav, la questione ambientale, la precarietà, la democrazia, il lavoro.

Non è vero che in questi mesi non c'è stato movimento; qualcosa si è mosso, anche se in maniera frammentaria, disomogenea, microscopica, isolata, sincopata, almeno fino ad un certo momento. Poi queste piccole scosse sono rientrate e oggi le vediamo confluire nel grillismo. Probabilmente, bisogna dirlo, anche per l'incapacità di chi facendo politica all'interno dei movimenti non è stato, ahimè, in grado di trasformare quel disagio sociale in una vera potenza costituente di cambiamento. È mancata, forse, una vera alternativa dal basso, sono mancate delle idee e delle forme in grado di agire come vettori di trasformazione politica. Forse al posto delle illusioni del grillismo avremmo potuto avere un movimento forte e radicale. Non è stato così.

È da qui che si deve ripartire, da una consapevolezza priva di sensi di colpa o di consolatorie giustificazioni, dalla constatazione che il M5S giocherà un ruolo molto importante nel determinare le prossime strategie del potere, scompaginando un po' le carte sul tavolo. Prima o poi le contraddizioni che attraversano i cinquestelle esploderanno; prima o poi (sempre se non si tornerà nuovamente al voto) bisognerà mettere sul piatto i temi e le proposte che finora hanno sbandierato e li ci saranno nuove interessanti partite politiche da agire perché una cosa è riuscire ad attirare l'attenzione di un certo sentimento e di certi problemi, altra cosa è dare seguito ai buoni propositi. Aperto il vaso di Pandora non è facile richiuderlo: una volta promessa partecipazione, democrazia, orizzontalità, cambiamento, radicalità non è semplice ridurre il tutto a comizi, proclami, rabbia, discussioni in rete. Forse si sta aprendo un nuovo spazio politico, con una nuova agenda e nuovi campi di tensione, all'interno del quale la conflittualità e la radicalità potrebbero giocare un ruolo importante nella costruzione di una vera alternativa politica dal basso.