Esperienze di Gay Pride meneghino

Milano - Pari diritti Ora!

di Martina dalla Mora

Utente: Zugzwang
1 / 7 / 2011

Che Milano fosse una città aperta a personalità, culture e tradizioni diverse era un dato di fatto, evidente anche per l’aria cosmopolita che si respira arrivando nella ressa caotica della Stazione Centrale, sedendosi in metro e incontrando volti e vite di ogni tipo, o anche passeggiando in centro, in piazza Duomo o nei Navigli, dove la città si fa più giovane. Milano è sempre stata per me un crocevia di storie, di esistenze e di eventi unici, ma questa volta volevo vederla con occhi nuovi, con uno sguardo filtrato da quei colori arcobaleno che rappresentano simbolicamente il mondo lgbt, e più genericamente le Persone che si battono per diritti civili uguali per tutti, senza distinzione di nessun tipo.

Già al mio arrivo a Piazza Lima (dove vi era la continuazione del corteo che sarebbe partito da piazza Loreto) uscendo dagli sportelli della metropolitana, ero entrata nel clima della giornata, vedendo alcune Drag queen molto appariscenti e sempre sorridenti, pronte a dare vivacità e visibilità a quella che sarebbe stata una sfilata ricca di colori, musica e sorrisi. Già in quel frangente mi ero soffermata sull’osservazione delle reazioni della gente, delle persone circostanti. Non tutti si trovavano lì per il Pride ed era evidente soprattutto nei volti di chi guardava quelle Drag queen come fossero alieni, quasi con un certo disprezzo. Penso che questo sia esplicativo di un certo atteggiamento di difesa che ci contraddistingue come esseri umani: la diversità fa sempre paura, quando non la si conosce, quando l’ignoranza non permette di entrare in contatto con quel tipo particolare di normalità.

E forse è proprio questo che impedisce all’Italia di progredire e diventare un Paese civile a livello di molti altri, europei e non, che sono distanti anni luce rispetto alle rozze politiche che qui cercano di aberrare, nascondere o limitare i diritti delle persone lgbt.

In seguito, giunta nella piazza, sono venuta a contatto con una folla inimmaginabile di persone. Tanto che, oltre a ricoprire la strada, si arrivava addirittura a toccare gli ingressi dei negozi, in questa lunga marcia di festa e impegno che sembrava essere funzionale a quella strada immensa.

A parte gli aspetti carnevaleschi che spesso sono le caratteristiche che più vengono evidenziate dai nostri mass media per definire sommariamente questo tipo di eventi, voglio segnalare invece qualcosa che va direttamente al cuore di questa manifestazione. Noi tutti, etero, lesbiche, omosessuali, pansessuali, gay, transgender, in una parola Persone, eravamo lì per trasmettere un’idea, l’idea che la diversità può essere ricchezza e che senza diversità, senza colori, senza personalità diverse, sarebbe un mondo grigio e piatto, sarebbe un luogo dove tutti cercherebbero di uniformarsi agli altri, sacrificandosi e perdendo proprio di vista lo scopo di ogni esistenza umana, ossia costruire la propria vita essendo fedeli a se stessi, alle proprie scelte e alla propria autenticità.

Spesso è proprio il mondo politico a voler far diventare l’uomo moderno come “l’uomo ad una dimensione” di cui parlava il filosofo Marcuse, e sono proprio la Politica ed il Diritto con le proprie leggi a definire qual è il confine tra normalità e anormalità. Nel caso delle persone omosessuali e delle coppie di fatto più in generale è evidente che le leggi politiche italiane creino delle situazioni di vera e propria discriminazione anche e soprattutto nei confronti di tutti quei nuclei familiari che sono famiglie a tutti gli effetti, ma non sono riconosciute come tali da uno stato che si definisce laico solo sulla carta, poiché non hanno nessun tipo di tutela.

L’immagine più bella del Pride, a mio avviso, riguarda proprio quelle famiglie omogenitoriali che sfilavano con i propri bambini, con lo slogan “è l’amore che crea una famiglia”. Al di là dell’essere favorevoli o meno al matrimonio omosessuale, ciò che la Politica dovrebbe fare è guardare alla realtà, e la realtà di queste famiglie è evidente e ben presente nella società, per cui andrebbe tutelata a prescindere dal peso soggettivo delle opinioni di ognuno.

Il messaggio del Pride alla Politica penso sia questo: è vero che sono i politici ad avere gli strumenti per modificare le Leggi, ma la Politica è nata ed esiste in funzione dei cittadini e dei loro bisogni, e proprio per questo i cittadini pretendono che uno stato -che si definisce civile- ascolti la loro voce quando qualcosa non funziona e va cambiato. Proprio rispetto alle famiglie arcobaleno e più in generale alle coppie di fatto, vorrei si squarciasse quel velo di omertà e di vera e propria xenofobia, che viene tenuto ben saldo e teso da parte di quel mondo politico che si ostina a ignorare e non voler guardare alla realtà di una bella parte dei cittadini che chiede solo possibilità, possibilità di avere diritti e doveri uguali a quelli di altre famiglie che vengono riconosciute come tali.

In conclusione mi sento in dovere di parlare della partecipazione dei milanesi e di Milano, perché a parte gli sguardi incontrati in metro sulle Drag queen, mi sono resa conto che molti cittadini, invece di essere infastiditi dalla parata, la osservavano quasi con simpatia e partecipazione, anche se questa invadeva i loro spazi quotidiani.

Questo è il rispetto che sarebbe bello vedere in tutti: il rispetto nei confronti di uno sciopero di lavoratori che vogliono maggiori diritti sociali, o quello nei confronti del corteo del pride che cerca di ottenere diritti civili, insomma il rispetto nei confronti delle lotte altrui che possono anche non riguardarci, ma per le quali va provata empatia. Questo è lo specchio limpido di una società che cambia e migliora dal basso e che pretende la Politica faccia lo stesso.

L’esempio dei cittadini milanesi e del patrocinio concesso dal neo sindaco Giuliano Pisapia al Pride fanno ben sperare per un futuro più roseo, un futuro in cui finalmente ci si renda conto che le realtà sociali non vanno represse, nascoste, o evitate, bensì accettate ed ascoltate, creando nuove legislazioni e diritti che vadano oltre l’individualità di chi li promulga.