Collettivo, Riappropriazione, Lavoro. Tre parole non solo per sostenere lo sciopero della FIOM ma sentirsene parte per la creazione di un altro modello di sviluppo

La lotta per il futuro nello sciopero del 28 Gennaio

di Stefano Pinghial Severino

Utente: pinghial
25 / 1 / 2011

Venerdi (giovedì per l’Emilia Romagna) ci sarà lo sciopero generale indetto dai Metalmeccanici della FIOM per protestare contro il ricatto del referendum di Mirafiori e per dire di NO alla politica industriale che la classe dirigente italiana vuole imporre al paese. SI ai diritti e NO ai ricatti. Il 28 però, non può e non deve essere visto solo come un momento della FIOM, come un semplice sciopero della categoria. Il 28 riguarda tutti noi. E tre sono le parole chiave che vorrei mettere al centro per sostenere la necessità di partecipazione a questo sciopero. La prima è COLLETTIVO Marchionne nell’intervista a Repubblica della settimana scorsa ha sostenuto che la FIOM ha fatto un grande lavoro mediatico. E’ difficile, però, pensare che chi non ha TV, Giornali, appoggio del Governo o appoggio di politici ed intellettuali possa riuscire a fare un così grande lavoro mediatico come ha sostenuto Marchionne. Se quindi il referendum di Mirafiori ha raggiunto un determinato risultato, è stato possibile per due ragioni: la prima è la correttezza (ma direi anche giustizia) del messaggio portato, la seconda è che questo messaggio è stato divulgato da migliaia di persone in tutta Italia. E’ stata la forza di questo immenso collettivo a rendere possibile questa adesione da parte di larghi strati della popolazione italiana. Non solo operai o sindacalisti, ma anche studenti, precari, lavoratori della conoscenza, ricercatori, ognuno ha messo del suo per poter divulgare il messaggio. Per far capire che il referendum è stato un ricatto e non una reale scelta sulla propria condizione lavorativa. Loro (i Marchionne o i Berlusconi, ma anche i Mussari – presidente ABI) hanno già quasi tutto: soldi, potere, mezzi di informazione, strumenti di imposizione. Ora vogliono anche quel “quasi”. E’ solo con la nostra opposizione che metteremo freno a questa deriva. E dobbiamo farlo ora perché altrimenti, parafrasando Landini, “ci fanno fuori tutti”. Nessuno dovrebbe sentirsi esentato, nessuno dovrebbe pensare di poter delegare ad altri le azioni per la riconquista democratica della nostra dignità, dei nostri beni comuni, del nostro lavoro. La seconda parola è RIAPPROPRIAZIONE (DEL COMUNE) Il messaggio che deve passare in ogni strato della società è che questa battaglia è la battaglia per la riappropriazione di quel che nel corso di questi anni ci è stato tolto: fabbriche, luoghi, lavoro, saperi, conoscenza, case, strade e soprattutto il territorio, la terra. La natura e la sua salvaguardia sono un bene comune. Noi dobbiamo riprenderci i nostri beni comuni. La parola “Comune” deriva dal latino cummunem che si può tradurre con coobbligato. Infatti communem è l’unione di cum e munem/munis. Cum significa “insieme” e munis significa “non libero da prestazione”. Comune vuol dire, quindi, essere uniti ad altri con l’obbligo in ciascuno di noi ad effettuare una prestazione ma col diritto di ricevere un beneficio dal nostro “mettere in comune”. E’ questo legame che si viene a creare all’interno di una comunità che ci da il senso di comunanza, di coesione, di assenza di verticismo, di processi decisionali plurali e provenienti dal basso. Dobbiamo riprenderci, quindi, anche questo senso del comune che in questi anni hanno disgregato attraverso l’introduzione di un sistema sempre più egoista, solitario e verticista. E’ solo attraverso la pratica del comune che il nostro lavoro può riacquistare la sua importanza, il suo reale senso. Sempre per dare il giusto significato alle parole è importante conoscere l’etimologia anche della parola LAVORO che è la terza parola da mettere al centro di questa battaglia. Lavoro deriva dal latino labor che significa letteralmente fatica. Ma la sua desinenza labh che è una storpiatura del più antico Rabh significa afferrare. Lavorare quindi vuol dire “afferrare”. Lavoriamo per prendere. Ma cosa? Potremmo rispondere soldi. Ma non dovrebbe essere sufficiente. Dovremmo lavorare anche per prendere soddisfazioni, gratificazioni, per sentire che ciò che facciamo è utile a qualcuno. Il nostro lavoro dovrebbe avere quella sua utilità di partecipazione nel comune di cui sopra. È il nostro che diamo per ricevere poi beneficio dal lavoro altrui. Hanno spogliato il nostro lavoro anche di questo significato, mercificando 10 minuti in più o in meno di produttività. Hanno dato un prezzo anche alle nostra dignità. Se però pensiamo al nostro lavoro in questa sua veste di “utilità” per il comune dobbiamo obbligatoriamente passare attraverso il tema della produttività. Ci domandiamo sempre cosa produciamo, ma non ci domandiamo mai come lo produciamo. Pensare oggi a gennaio 2011 di aumentare i consumi, di incrementare la crescita nelle produzioni non ha alcun senso. Non è una questione aziendale. E’ una questione di sopravvivenza. Per chi non lo sapesse il 21 Agosto 2010 l’essere umano occidentale grazie al suo sfrenato capitalismo, alla spasmodica ricerca della crescita dei profitti basata sui consumi è riuscito a raggiungere un invidiabile record: riesce a consumare le risorse della terra più velocemente di quanto la terra riesca a rigenerarle. Da quando esiste la terra (qualche miliardata di anni) è la prima volta. Andando avanti di questo passo nel 2030 ci serviranno due Terre per sostenere i nostri consumi, questo vuol dire che fra una quindicina di anni avremo esaurito tutto! 15 anni non sono così lontani. living planet report WWF Per questo stare venerdi di fianco alla FIOM non vuol dire solo darle sostegno formale nella battaglia sul contratto. Ma vorrà dire combattere per sostenere la necessità di un altro modello di sviluppo, di un altro modello sociale e per il recupero della nostre esigenze: dobbiamo ritornare ad essere persone e non solo consumatori.

Venerdì sarà un altro passo importante per recuperare, questa volta sì, il nostro futuro.

tratto da http://qualcosadirosso.wordpress.com/