1. il comune non è un bene.
il codice civile prevede espressamente che sono beni tutte (e solo) quelle
"cose" suscettibili di utilizzo economico.
A ciò che non ha (o non può o NON VUOLE avere) possibilità di sfruttamento
economico neppure è riconosciuta la dignità di bene: non partecipa lo statuto
delle proprietà (e quindi dei beni).
Il capitale non riconosce le "cose" se non attraverso il loro valore.
La cosa (o la persona...ad es. i migranti) diventano oggetto/soggetto di
diritto solo se il capitale li riconosce "valorizzandoli".
Il capitale esclude dalla propria esistenza (e quindi dal novero dei beni) ciò
che non è bene (utilità).
Il capitale dà valore e del valore ha bisogno perchè ne è il respiro (ma è la merce che c'è entrata nei polmoni,
che ci dà il suo ritmo di respirazione.. cantava Gianfranco Manfredi).
2.il comune prodotto.
Ma se il lavoro cognitivo crea eccedenza, dismisura, se la vita si spiega in un
reticolo che non potrà MAI essere appeieno appreso (compreso, recuperato) dal
capitale, si crea per quest'ultimo una ulteriore ragione di esclusione.
Il capitale non riconosce il comune al pari della “cosa inutile", qui però
non per espulsione ma per impossibilità di (totale) inclusione.
Tutto ciò che del processo produttivo il capitale non cattura è immediatamente
comune.
3. la tutela del comune
Tutelare il comune è tutelare la dismisura.
Istituire il comune è istituire forme di inclusione/comprensione
dell'eccedenza.
Occorre quindi uno statuto dell'eccedenza e della dismisura.
4.impossibilità di tutela per esclusione
Nè pare potersi praticare la via di uno statuto dei beni comuni atto a
ri-escludere le "cose" dal mercato.
Escludere uno o più beni dal mercato è riconoscere ancora una volta il
principio appropriativo.
Si pongono tutele "eccezionali" come per le balene e panda...ma si
tratta della nostra vita siffatto procedere non può risultare via di
affermazione delle moltitudini (a meno di non volere sottrarre tutto dal
mercato ..ma mi pare che qualcuno ci avesse già pensato).
5.scarsa affidablilita della consuetudine
(Parlo del concetto di consuetudine portata in codice, l'unico peraltro
attualmente agibile).
La consuetudine o è prassi imperfetta, incapace di incidere o è già codificata.
Qui la norma data si è già rivelata inutile nel momento in cui nonostante essa
lamentiamo la lesione del comune.
6.istituire prassi.
Diverso il caso in cui si intenda istituire prassi di tutela e dell'eccedenza;
pensare a che le singolarità, attraverso la loro espressione trovino modelli
comportamentali ripetuti convinti della loro doverosità, riescano a operare in
autonomia per tutelare ed implementare l'eccedenza e quindi la inconoscibilita
da parte del mercato.
7.la rendita
Se è utile pensare all'appropriazione della rendita, l'idea non va rivolta alla
rendita fondiaria, ma a quella finanziaria.
Assumere ciò ci espropria il capitalismo finanziario, prendere la conoscenza di
quanto nella rendita da operazioni speculative è di nostra produzione appare
istitutivo del comune.
Ad es., più che una partecipazione all'incremento "oggettivo" delle
aree private, importa la partecipazione -istituzionalizzata nel senso di cui
sub 6- all'incremento costante (anche se fittizio) del profitto da
speculazione.
....più che un tumulto per la riedizione della proprietà edilizia residenziale
agevolata desidererei spingere per il diritto all'insolvenza e al
riconoscimento della nostra esistenza sofferta come credito verso lo
sfruttatore...
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negli ultimi dieci giorni ripetutamente si è affermato da parte di giornali e
confindustria che il popolo italiano è non solo il meno indebitato, ma anche
quello con più risparmi.
Questi sono corteggiati, ingraziati, si tenta di dirigerli definitivamente e
globalmente a servizio del capitale finanziario.
La prossima bolla siamo noi.